«Truffa aggravata», 5 indagati alla Savio
Parola al tribunale del riesame su una richiesta di sequestro di 30 milioni di euro, dopo che il gip ha rigettato l’istanza del pm

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: è l’ipotesi di reato per la quale la Procura di Pordenone ha aperto nel 2014 un’inchiesta nei confronti di cinque figure apicali della Savio macchine tessili spa, una delle realtà industriali più importanti del Friuli occidentale.
Le indagini preliminari, affidate alla Guardia di finanza di Pordenone, non sono ancora concluse e in ballo c’è ora una richiesta di sequestro preventivo da 30 milioni di euro, portata dalla Procura all’attenzione del tribunale del riesame in riva al Noncello, dopo che l’istanza del pm è stata rigettata dal gip.
Il quadro.
La Procura ipotizza che sia stato messo in piedi un complesso meccanismo per ottenere i finanziamenti dei crediti all’esportazione previsti dalla Legge Ossola senza però averne diritto. Ipotesi confutata dal collegio difensivo, formato dagli avvocati Mario Garavoglia, Emilio Gueli, Pietro A. Biancato, Fabio Cagnola, Enrico Bevilacqua, Raffaella Albano. Nella ricostruzione degli inquirenti la Simest spa, società italiana per le imprese all’estero, ha erogato a fondo perduto 45.072.806,68 euro di denaro pubblico dal 2009 all’ottobre 2013.
La legge Ossola.
In sostanza, in base alla normativa, lo Stato si accolla una quota degli interessi passivi bancari che un’impresa sostiene quando esporta impianti, macchinari, lavori e servizi. L’agevolazione consente alle imprese di offrire a committenti o acquirenti dilazioni di pagamento a medio e lungo termine a condizioni e tassi di interesse competitivi, in linea con quelli dei paesi Ocse.
Il sistema.
Gli inquirenti ritengono che Savio abbia venduto i propri macchinari alla società di diritto cinese Itema Asia Ltd, dietro pagamento del 15 per cento della fornitura in contanti e del restante 85, dilazionato a 5 anni, a tasso agevolato attraverso l’emissione di cambiali internazionali; che Itema abbia a sua volta venduto i macchinari all’utilizzatore finale a un prezzo maggiorato del 2 per cento. La Procura ipotizza che Itema Asia abbia pagato il 15 per cento della fornitura solo dopo aver incassato le lettere di credito dal cliente finale. A questo punto il pm ritiene che Savio abbia portato allo sconto le cambiali internazionali a un intermediario estero, sostenendo i relativi oneri e commissioni, trattenuti dall’importo nominale. Poi l’invio dei documenti di esportazione a Simest spa per la richiesta dell’agevolazione. Chi ci avrebbe guadagnato? Secondo la Procura il contributo di Simest avrebbe favorito la società elvetica in una percentuale dal 12 al 26 per cento, Itema Asia per la maggior parte e Savio nella misura in cui avrebbe ottenuto un tasso di sconto delle cambiali in media più vantaggioso di quello che Simest avrebbe considerato per erogare il contributo.
Gli inquisiti.
Sono stati iscritti nel registro degli indagati Maurizio Radici, 52 anni, presidente del cda dal 27 aprile 2004 al 10 novembre 2011, prima della fusione; Maurizio Ferrari, 69 anni, successore di Radici al vertice del cda ante e post fusione; Lorenzo Cucchetto, 55 anni, direttore generale e consigliere delegato dal 25 gennaio al 10 novembre 2011, poi solo consigliere delegato fino al 31 dicembre dello stesso anno e infine ad dopo la fusione; Michele Piccin, 58 anni, procuratore speciale dal 17 giugno 1999 al 31 dicembre 2011 e poi dal 28 febbraio 2012; Maurizio Secchi, 61 anni, consigliere dell’azienda a Pordenone e unico dei cinque a ricoprire anche un incarico nel gruppo Savio come direttore alla pianificazione, controllo, amministrazione finanza. A carico dell’azienda pordenonese si ipotizza un illecito amministrativo connesso alle condotte degli amministratori finite sotto la lente degli inquirenti.
Gli sviluppi.
Il pm Federico Facchin ha richiesto il sequestro preventivo fino a concorrenza dell’importo di circa 30 milioni e 34 mila euro sul patrimonio mobiliare e immobiliare dei cinque amministratori e della Savio macchine tessili spa. Non è stato possibile avanzare richiesta di sequestro per i restanti 15 milioni, ovvero gli importi dei contributi della Sismet dal 2009 al 30 giugno 2011, perché quel periodo è già stato “mangiato” dalla prescrizione.
Dal gip al riesame.
Il gip Rodolfo Piccin ha respinto l’istanza della Procura, che a sua volta ha proposto appello al tribunale del riesame. Il collegio, presieduto da Licia Consuelo Marino, giudice relatore Giorgio Cozzarini, ha disposto, su accordo delle parti, il rinvio a marzo, per una nuova valutazione.
La difesa.
«L’istanza del pm – osserva l’avvocato Garavoglia del foro di Torino, uno dei più affermati tributaristi italiani – è stata respinta già tre volte dal giudice, la terza nel merito perché mancavano i presupposti per giustificare il sequestro. Auspichiamo ora che la Procura, molto attenta, possa rivedere la sua posizione, anche alla luce degli elementi che abbiamo proposto nella nostra memoria difensiva. Crediamo di aver dimostrato l’inconsistenza dell’ipotesi dell’accusa: il conseguimento dei contributi all’esportazione è stato del tutto legittimo». La difesa allontana ogni ombra dall’operato di Savio, «azienda leader, che lavora bene e si è guadagnata un mercato estero importante, nonostante la concorrenza, non solo europea». «Da molti anni – conclude l’avvocato Garavoglia – il gruppo di cui fa parte Savio utilizzava per ragioni commerciali una società di Hong Kong per le vendite e l’assistenza tecnica nell’intero mercato cinese e in Oriente. Non si tratta di un intermediario fittizio, ma di una società reale, che opera tuttora. Bisogna guardare alla sostanza. Confidiamo nell’archiviazione del procedimento».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto
Leggi anche
Video