Truffa dei diamanti al giro di boa: Gaspardo e altri 109 davanti al gup

È un «bene rifugio», dicevano, capace di conservare e accrescere il suo valore nel tempo. Ed è «agevole da disinvestire», assicuravano, mentre lo proponevano a prezzi più alti di oltre il doppio rispetto alle quotazioni del listino internazionale Rapaport. E loro, i clienti a caccia di investimenti a prova di bomba, come rispondevano? Fidandosi, ovviamente, visto che a garantire erano le loro stesse banche e che al fascino del diamante è difficile resistere. Il canto delle sirene ha finito per farli naufragare tutti. Compresi personaggi del calibro di Vasco Rossi e Federica Panicucci. Perché a luccicare, secondo la Procura di Milano, erano soltanto gli occhi dei truffatori a ogni nuovo “bidone” messo a segno. Se e quanto sussistenti siano le accuse formulate sarà il tribunale a stabilirlo, nel corso di quello che, solo a scorrere i numeri, si prospetta già come uno dei più grossi (e lunghi) processi al sistema creditizio italiano della storia giudiziaria. L’inizio dell’udienza preliminare è stato fissato dal gup Manuela Scudieri per il 19 luglio, nello spazio fiera di Milano, appunto.
Nella richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Grazia Colacicco, gli imputati, tra figure apicali, funzionari e direttori di filiale, sono 105. E quattro le banche coinvolte, insieme a Intermarket diamond business (Idb), in virtù del decreto legislativo 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle società: Banco Bpm, Monte dei Paschi di Siena, Unicredit e Aletti & C. Al vertice della presunta catena dell’inganno, ci sarebbe stato anche un friulano: Pietro Gaspardo, 55 anni, di Dignano, all’epoca dei fatti contestati - le date di stipula delle proposte d’acquisto partono dal 2007 e arrivano al dicembre 2016 - responsabile direzione commerciale e, poi, pianificazione e marketing retail di Bpm. E, in quanto tale, firmatario di due accordi di collaborazione con Idb nel 2016. Le ipotesi di cui è chiamato a rispondere sono il concorso nella truffa aggravata ai danni di decine di migliaia di risparmiatori - ma sono 575 le parti offese citate -, nell’autoriciclaggio e l’ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, ossia l’autorità garante della concorrenza e del mercato e la Banca d’Italia.
Ingenti, va da sè, le somme in ballo. La truffa avrebbe fruttato un profitto pari ad almeno 149.184.544 euro alla Idbs, a 83.809.662 euro al Banco Bpm (già Banco popolare, con la partecipata Banca Aletti) e a 32.670.422 euro a Unicredit. Il tutto, in tesi accusatoria, in forza degli accordi di collaborazione e di rappel stipulati, tra gli altri, da Gaspardo. L’autoriciclaggio si sarebbe realizzato con la reimmissione del denaro nelle attività economica, finanziaria e imprenditoriale delle banche. Un giro d’affari che i vertici avrebbero tenuto debitamente nascosto agli organi di controllo. Della truffa avrebbero partecipato anche i piani intermedi. Compreso quello in cui operavano Patrizia Springolo, 61 anni, di Porcia, e Francesco Rusin, 59, di Aiello, indagati in qualità di agenti della Idb, «per essere intervenuti, sottoscritta la proposta di acquisto, consegnando nei locali della banca i diamanti agli acquirenti quando non era prevista la custodia delle pietre nei caveau della società, e consegnando loro la documentazione, all’esito positivo del bonifico effettuato dai clienti». Loro anche la colpa di avere fornito informazioni sulla “bontà” dell’investimento.
«Pur nella consapevolezza della complessità e della difficoltà di un’udienza preliminare con oltre 100 imputati, il mio assistito punterà a provare già davanti al gup l’infondatezza delle accuse mossegli», ha detto l’avvocato Maurizio Miculan, che difende Gaspardo. A dargli ragione, un anno fa, era già stato il giudice del lavoro, dichiarando l’illegittimità del licenziamento all’epoca comminato dalla Banca. —
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