Tuareg contro l’anagrafe: «Il test del Dna non basta?»

L’ha fatto per il ricongiungimento dei figli. A Cordenons andava bene, a Pordenone no. Inutili 600 euro spesi. «Ora mi chiedono atti dal Niger, ma sono rifugiato politico»

PORDENONE. «Vuole trasferire la residenza sua e dei suoi figli da Cordenons a Pordenone? Si rechi nell’ambasciata del suo Paese d’origine perché nei documenti che ci ha presentato c’è qualche discrepanza». Il fatto che Mohamed (nome di fantasia) sia un rifugiato politico, per cui la sua vita sarebbe in pericolo nel suo Paese, che sia riuscito a far venire i propri figli in Italia grazie all’aiuto di molti, ma non certo con la benevolenza del suo Paese, che per far sì che venissero riconosciuti dallo Stato italiano come suoi figli sia stato anche costretto a sottoporli tutti al test del Dna, non vale nulla per l’anagrafe del Comune di Pordenone che, a ieri, non ha iscritto questo nucleo familiare che pure vive a Pordenone.

«Da tre anni vivevo a Cordenons - racconta Mohamed, un tuareg del Niger - e da poco più di un mese mi sono trasferito a Pordenone chiedendo ovviamente l’iscrizione all’anagrafe. Mi è stato risposto che i cognomi riportati negli atti di nascita non corrispondono a quelli risultanti dai passaporti e mi chiedono di integrare una documentazione con una dichiarazione consolare legalizzata dalla prefettura.

Ora io per poter fare il ricongiungimento familiare, ho dovuto sottopormi al test del Dna che ha riguardato me e i miei figli. Grazie a quel test, che peraltro mi dicono che le normative europee vietano, ho ottenuto il visto d’ingresso per i miei figli, tant’è che mi hanno anche restituito i passaporti. Io - continua Mohamed - mi trovo in Italia con uno status di rifugiato politico. In che modo posso pensare di avere dal mio Paese d’origine della documentazione ulteriore per i miei figli?».

Senza dimenticare che solo per poter avere la documentazione necessaria per il ricongiungimento dei bambini, Mohamed ha dovuto andare a Roma, sottoporsi ai test, a spese sue, così come suoi erano i 600 euro richiesti dalle varie pratiche.

«Ho avuto fortuna nel poter rimettere insieme la mia famiglia - considera Mohamed - e questo è stato possibile anche grazie all’aiuto di un comandante dei Carabinieri che mi ha spiegato come avrei dovuto fare per farli uscire dal Niger. Ora però non so davvero come fare. Anzi, non posso proprio fare quel che l’anagrafe mi chiede, e non potendo dimostrare di essere una famiglia (allo stato risultiamo solo conviventi), non ho diritto alla carta famiglia nè ad altre agevolazioni di cui, invece, potrei beneficiare. Sono un rifugiato e dovrei avere gli stessi diritti di un italiano, invece...».

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