Tutti fuori casa per cercare un bimbo di tre anni: l'umanità di una piccola comunità oltre i divieti della quarantena

C'è un paese, non lontano da qui, che ė già uscito dalla quarantena. L'hanno fatto gli abitanti, con torce e mascherine. I volontari delle case vicine e gli uomini in divisa: carabinieri e vigili del fuoco, Protezione civile e soccorso alpino.
Un'unica grande comunità, nel nome di un bimbo di 3 anni sgattaiolato fuori da casa mentre mamma preparava la cena e scomparso nel buio circostante. Per le successive tre ore l'Italia è tornata a pronunciare quel nome "Vajont".
La notizia è rimbalzata di casa in casa, dai siti ai social network, dai tg a "Chi l'ha visto". Sino al lieto fine e all'applauso liberatorio ai soccorritori.
Il piccolo soffriva di una patologia che ne riduceva la capacità di orientarsi. Smarriti i riferimenti, semplicemente s'era fermato in attesa che qualcuno venisse in suo aiuto. E così è stato, grazie al volto migliore di questa gente, riservata e tenace.
I canali ufficiali e il popolo dei social, i vecchi, nati lungo quelle strade e i giovani con Google maps: fianco a fianco alla ricerca di un figlio divenuto di tutti.
Ora che è finita, e che è finita bene ripenso a quel bambino, solo nella notte, fermo nella sua disperazione e in balia dell'altrui capacità di mobilitarsi in senso corale. Quel bambino fra qualche ora tornerà a chiederci aiuto .
Avrà i volti dei titolari di bar e ristoranti, dei dipendenti coi posti a rischio. Si affiderà di nuovo al nostro senso di comunità e alla nostra capacità di ragionare al plurale.
Dovremo battere nuovi sentieri e pensare secondo schemi diversi. Ma se faremo squadra porteremo ancora una volta la luce delle nostre torce in questa lunga notte.
Dall'oscurità si esce solo insieme. E ci voleva un bimbo per ricordarcelo. Continuiamo a crederci e a combattere
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto