Tutti i segreti del caso Hypo Bank I DATI
UDINE. Migliaia di leasing “dopati”. Di contratti, cioè, con tassi di interesse superiori a quelli pattuiti. Che hanno portato nelle casse della “Hypo Alpe Adria Bank spa” almeno 30 milioni di euro di interessi non dovuti. È quanto ipotizza la Procura di Udine nella maxi-inchiesta condotta dalla Guardia di finanza di Udine e culminata, ieri, in una serie di perquisizioni e nella notifica di cinque avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti dell’istituto di credito.
In cima all’elenco, il nome di Lorenzo Di Tommaso, 60 anni, di Udine, l’ex direttore generale e amministratore delegato della Hypo Bank “silurato” alla fine di marzo - della sua improvvisa uscita di scena, in realtà, si parlò nei termini di spontanee dimissioni - e accusato, ora, di essere stato l’ideatore o, comunque, uno dei promotori della colossale frode.
Per lui e per gli altri quattro indagati, le ipotesi di reato sono l’associazione per delinquere, la truffa aggravata e l’usura. Nella vicenda risulta indagata anche la banca, tirata in causa in virtù del decreto legislativo 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle società per reati commessi da amministratori, manager o dipendenti.
Gli indagati. Già 14 mila i contratti di leasing finiti sotto la lente di ingrandimento delle Fiamme gialle e relativi al periodo compreso tra il 2008 e il 2013. L’indagine, coordinata dal pm Barbara Loffredo, tuttavia, interessa un arco di tempo molto più ampio e potrebbe coinvolgere dunque anche altre persone.
Per ora, a rispondere delle accuse formulate dalla Procura e subire le perquisizioni della Finanza, oltre a Di Tommaso, sono il responsabile dell’area “Legal Service” di Hypo Bank, Carlo Bellogi, 51 anni, originario di Aviano e residente a Udine, e i tre vice direttori generali Sandro Ballerino, 47, di Udine, Daniele Metus, 53, di Moruzzo, e Simone Caraffini, 43, di Milano.
Le indagini. Il blitz è scattato all’alba di ieri ed è proseguito per l’intera giornata. La task force delle Fiamme gialle, coordinata dal comandante provinciale, colonnello Stefano Commentucci, ha sequestrato diversi computer e una notevole mole di documenti.
Duplice l’obiettivo degli investigatori: da un lato, ricostruire con esattezza l’ammontare complessivo della somma sottratta ai clienti, risalendo all’indietro il “corso” dell’enorme massa di denaro che ha indebitamente ingrassato i bilanci dell’istituto di credito; dall’altro, individuare la paternità della frode, riconoscendo chi ha autorizzato quei leasing e precisando il ruolo di questi e di altri possibili ulteriori indagati. Stando ai finanzieri, i circa 30 milioni di interessi incassati e non dovuti rappresentano una stima assolutamente prematura e per difetto.
Identikit delle vittime. Ampia la casistica delle persone rimaste truffate: dall’imprenditore che aveva chiesto un leasing milionario per la costruzione di un capannone industriale, al privato cittadino deciso invece a dotarsi di un’auto di lusso.
Forte di una rete di sportelli sparsi in tutto il Triveneto e fino alla Lombardia, la Hypo Bank avrebbe disseminato “vittime” in tutto il Nord Italia. Tutti convinti di potersi fidare ciecamente dell’istituto di credito e ritrovatisi invece - talvolta a contratto già concluso - con un “surplus” di spese non previste.
Il provvedimento. Nel decreto di perquisizione notificato ieri agli indagati, il pm parla dei «gravi indizi» emersi dalle annotazioni del Nucleo di Polizia tributaria di Udine, in relazione a «contratti di leasing stipulati da Hypo Alpe Adria Bank spa, nella fase esecutiva dei quali venivano consapevolmente applicati dall’istituto di credito, a insaputa dei clienti, tassi di interesse superiori a quelli risultanti dalle clausole contrattuali».
Da qui, le ipotesi dell’associazione per delinquere, della truffa aggravata e dell’usura fino al 28 febbraio scorso. Alla luce di quanto sequestrato ieri, gli inquirenti potranno dare il via alla terza fase dell’inchiesta: quella degli interrogatori davanti al pm e alla polizia giudiziaria.
Riflettori ed esposto. L’indagine è scaturita dopo i diversi servizi che “Striscia la notizia” aveva dedicato nei mesi scorsi al caso dell’anomalo aumento dei leasing indicizzati da «un noto istituto di credito» - il nome della banca non era mai stato rivelato -, oltre che a seguito dei reclami di numerosi clienti che, riscontrata l’irregolarità nell’erogazione dei contratti, avevano chiesto il recupero dei rispettivi “crediti”.
Decisivo, ai fini dell’avvio dell’inchiesta, anche l’esposto presentato dall’allora consigliere d’amministrazione, Lorenzo Snaidero, in Procura.
Il meccanismo. Al centro del procedimento, dunque, una marea di contratti “dopati”, calcolati cioè con un tasso molto più alto di quello stabilito. L’errore nei calcoli però è tutt’altro che semplice da individuare, quasi impossibile per chi non ha domestichezza con le formule matematiche utilizzate per la conta delle rate mensili.
Ed è proprio su quelle formule che si stanno concentrando gli accertamenti della Guardia di finanza. Si tratta di capire se l’errore nel calcolo sia stato compiuto fin dall’inizio, quando cioè era stato sottoscritto il contratto, o se invece sia subentrato in un secondo momento. Stabilito il quando, bisognerà chiarire se può essersi trattato realmente di un errore. Eventualità, questa, che non esenta comunque dalle responsabilità di legge.
Dubbi sulle passate gestioni. L’ultimo passaggio riguarda le responsabilità: chi sapeva o doveva sapere di tutti quegli “errori” e ne ha avvallato l’applicazione, in alcuni casi risalente - a quanto pare - a parecchi anni fa, quando ancora si ragionava in lire.
Da qui, l’ipotesi che l’elenco degli indagati possa allungarsi, andando a ritroso nel tempo per individuare funzionari e dirigenti di volta in volta responsabili degli atti dell’istituto che, dopo l’indagine interna che aveva portato alla luce “fondi neri”, si era vista azzerare tutti i vertici, per poi essere acquistata dallo stato austriaco. Stando ai primi riscontri, infatti, i leasing “dopati” sarebbero stati già una prassi consolidata.
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