Addio a un pioniere del dono: morto a 90 anni Franco Flora
Personalità storica di Udine e tra i fondatori dell’Afds, padre dell’attuale presidente.

Sono trascorsi tanti anni da quando donò il sangue per la prima volta: la destinataria era una donna molto malata, che non si salvò, ma da quel giorno Franco Flora non smise più di donare. E anzi divenne una delle personalità storiche dell’Associazione friulana dei donatori di sangue (Afds), contribuendo ad aprirne diverse sezioni, da quella di San Giorgio (fondata nel luglio 1963), all’Afds Nespoledo, che vide la luce nell’ottobre 1969. Ricordi che condivideva lui stesso in un’intervista, uscita nel 2005 nel secondo volume di “Cento udinesi si raccontano”, curato da Mario Blasoni.
Oggi che Franco Flora non c’è più, scomparso all’età di novant’anni dopo un periodo di malattia, quelle pagine diventano preziosa testimonianza da rileggere e conservare.
Nato nel 1934 in borgo Pracchiuso, iniziò a lavorare molto presto nella bottega di falegnameria del padre, in piazzale Osoppo, e cambiò diversi impieghi fino al 1960, quando diventò rappresentante commerciale ed entrò a far parte dell’Afds cittadina. «Uno degli ultimi giovani» si definiva, ed è così che lo ricorda il figlio Roberto, attuale presidente dell’associazione, che nel frattempo ha raggiunto i 52 mila iscritti e i 26 mila donatori regolari.
Franco, molto apprezzato dal celebre presidente Giovanni Faleschini, contribuì a far iscrivere tantissimi udinesi, grazie al suo carattere gioviale ma risoluto. «Non gli si poteva dire di no» racconta Roberto Tirelli, attuale segretario generale dell’Afds Udine, che lo conobbe nel 1978 e lo descrive come «tra i più attivi nel tessuto sociale cittadino», oltre che «interlocutore gradito per ogni tipo di conversazione». Schietto e deciso, rimaneva sempre fermo nei suoi valori: «Nei consigli dell’associazione era il controllore morale, fedele agli ideali che hanno ispirato i suoi diciotto anni di presidenza (dal 1980 al 1998)».
Il matrimonio con Enrica Degano, che oggi ha 89 anni e vive con la figlia Patrizia, fu un’altra delle tappe fondamentali di una vita dinamica: «Io e mia sorella siamo cresciuti a pane ed Afds – ricorda Roberto –. Papà ci ha trasmesso i valori in cui credeva, innescando una catena virtuosa che da noi figli si è trasmessa ai cinque nipoti».
Una famiglia unita, nonostante i numerosi impegni di Franco: «Condividevamo la passione per la montagna e per il calcio. Dopo settimane di intenso lavoro, sia come rappresentante sia all’interno dell’associazione, si saliva in vetta per prendere boccate di aria fresca, per riconnetterci con la natura» prosegue il figlio, richiamando alla memoria pure i pomeriggi allo stadio Moretti, a tifare l’Udinese. «Era abbonato, non si perdeva una partita».
E poi fotografava tutto, Franco Flora: «Gli animali, le piante, le montagne erano i suoi soggetti preferiti» specifica ancora Roberto, citando, tra le passioni di papà, anche la lettura e i film, «che purtroppo negli ultimi anni non ha potuto più coltivare, a causa della maculopatia che gli aveva colpito gli occhi». Fiaccato nella salute – per via di quattro infarti fu costretto a smettere di donare il sangue a 65 anni – mantenne saldo fino all’ultimo lo spirito del combattente buono: «In tanti gli chiesero di fare politica, ma lui scelse sempre di restare super partes. Diceva che la sua politica, l’unica in cui credeva, era quella di salvare vite umane».
In una nota diffusa per rendere omaggio al Flora «pioniere del dono», l’Afds ricorda le principali tappe della sua storia nell’associazione, a partire dal sodalizio con Faleschini. «Dal 1977 era entrato a far parte nel Consiglio provinciale dell’Afds e ha poi collaborato con i successori Brollo, Sbaiz e Cijan. Fu un autorevole e attento dirigente associativo, saggio e concreto promotore di un volontariato autentico, lasciando dietro di sé ottimi ricordi, per la solidità degli ideali, per la coerenza, per il non sottrarsi mai a donare, oltre che il sangue, anche il suo tempo».
L’ultimo saluto al commendator Flora si terrà martedì 28 gennaio alle 12 nella chiesa parrocchiale di Cussignacco.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto