Udine fa i conti con l’incubo in casa
UDINE. Stavolta l’incubo ce l’abbiamo in casa. Avetrana, Yara, Cogne, Meredith, Maso, Erika sono echi lontani di vicende sinistre, efferate, dolorose che qui, a Udine, e in Friuli abbiamo sempre guardato da una certa distanza. Sì certo, c’era stata la mattanza di Lignano, l’estate scorsa, la morte terribile dei coniugi Burgato, altri due giovanissimi, fratelli, gli assassini. Una brutta pagina, da dimenticare, una volta fatta luce. Ma appunto sembrava un caso isolato, una notte di follia e stop.
Ora invece i fantasmi tornano a bussare. L’omicidio di Mirco Sacher, 66 anni, l’ex ferroviere burbero ma generoso, che ce l’aveva con Ibra, l’idolo del pallone che guadagna troppo, ma che non sarebbe mai stato capace di fare male a una mosca, come giurano i suoi conoscenti, ha minato il cuore della città. Le ha fatto perdere il candore dell’innocenza. Sì perchè qui, in questa storiaccia che gli inquirenti stanno provando a chiarire, ci sono di mezzo due presunte baby killer, forse per sbaglio. Ragazze di 15 anni, amiche per la pelle, figlie di famiglie come ce ne sono sempre più spesso. No, non da “Mulino Bianco”.
Abitano in un quartiere periferico, ma niente degrado. Piuttosto un disagio sociale, un male di vivere. Una di loro ha perso la mamma quando non andava ancora all’asilo, l’altra ha i genitori separati. Entrambe vanno maluccio a scuola, il loro sogno è diventare, chissà un giorno, estetista e parrucchiera. Una ha avuto una storiellina d’amore con un ragazzo che è finito nei guai per un tentativo di estorsione a un coetaneo. Amicizie un po’ così, tra uno “sballo” e un post su Facebook, dove le loro foto, in pose ammiccanti, con la minigonna, con l’acconciatura all’ultima moda, sono decine e decine.
Hanno fegato, o incoscienza, le due. Tanto che, dopo aver lasciato su quel campo il “nonno” morente, si mettono al volante di un’auto, da neofite, e si fanno 140 chilometri di autostrada, fermandosi in un Autogrill a farsi dare lezioni su come inserire la retromarcia. E poi, quando in stazione a Mestre trovano quei due ventenni che conoscono di vista, si vantano. «Sembravamo come nel videogame Gta», raccontano sulla pensilina, aspettando un treno per Firenze che non arriverà mai. Già il videogame, la finzione che si intreccia con la realtà, che la prosciuga, la distorce, la fa sua e se la divora, lasciandosi alle spalle solo rovine.
A un punto della loro brevissima vita arriva la frequentazione con quell’uomo tanto più grande di loro, quasi un nonno, visto che lui, Mirco, era stato amico proprio della nonna di una delle studentesse. L’ex ferroviere dava loro un passaggio, spesso negli ultimi tempi, le portava in gelateria, al bar per una colazione cappuccino e brioche. Bastava una telefonata e Mirco accorreva, con la sua Punto bianca. Del resto lui era un generoso e di tempo libero ne aveva quanto ne voleva. Con la sua pensione, non ricca ma sufficiente, poteva permettersi di dare una mano alla gente.
Lo aveva fatto già in passato e una delle sue amiche, che adesso lo piange, dice che «da lui non avevo mai ricevuto attenzioni sessuali equivoche». Sì perchè secondo quanto hanno confessato ai carabinieri di Pordenone, le due ragazzine hanno parlato di «tentativo di stupro da parte dell’uomo». Un raptus dopo una mezza giornata passata insieme, al bar e poi a casa, finito in un campo di periferia, tra gente che porta a spasso il cane e podisti della domenica? O una versione di comodo? O c’entra qualcosa di altro? Magari il movente è da ricercare in quei continui prelievi di denaro che Sacher, nelle ultime settimane, faceva spesso? Non cifre importanti, ma comunque 150 euro al colpo, che agli occhi dei 15 anni possono rappresentare un tesoretto. O c’è una terza, o una quarta versione di questa storia, magari inconfessabile? Toccherà a polizia, carabinieri, magistrati diradare le ombre.
Udine intanto aspetta la verità. Vorrebbe farlo in silenzio, ma non può. La città ha addosso gli occhi dei media di tutta Italia. E si interroga. Perchè i protagonisti del caso possono essere davvero quelli della porta accanto. Basta vederli, in quel video sfocato della telecamera di una gelateria, per rendersene conto. Mirco con il giubbotto blu, i capelli neri in ordine, la rasatura fresca, dimostra meno dei 66 anni che ha. E le ragazze dietro di lui, una con un giubbetto corto scuro e i capelli castani, l’altra con un giaccone invernale, blu come quello del “nonno” e i capelli rossi, che non passano inosservati.
E proprio per questa “normalità” di fondo che c’è paura, ritrosia a parlare, pudore. «Premesso che siano veramente state loro - commenta lo scrittore Pino Roveredo noto anche per il suo impegno nel sociale, nelle carceri - credo che siano due ragazze figlie e prodotto della violenza che le circonda. Oggi la politica è violenta, la televisione è violenta, la società in genere è violenta. E talvolta questi adolescenti sono convinti di vivere in un film, del quale si può sempre cambiare il finale. Non sanno distinguere realtà da finzione, perchè purtroppo li abbiamo imbottiti di violenza. E gli esempi negativi, di assassini del recente passato, ce ne sono tanti. Credo che anche Udine sia stata toccata dall’indifferenza che c’è nelle metropoli. Si fa troppo poco per i giovani. Quando vado nelle scuole e chiedo agli studenti cosa vorrebbero che il Comune facesse per loro, mi dicono “un nuovo centro commerciale”.
Ecco il centro commerciale è diventato l’unico posto di aggregazione che loro riconoscono. Oratorio cancellato, associazioni e circoli cancellati: manca tutto per riempire in maniera sana il loro niente da fare. A quell’età lì si pagano cento volte di più le infelicità delle famiglie, le colpe degli adulti sono evidenti. Oggi più di un tempo i ragazzi hanno la vita tre volte più dura di quella che avevamo noi, figli degli anni Cinquanta. Ci sono tante occasioni per scivolare, per deviare. Serve attenzione nelle famiglie e nelle aule. Ogni piccolo indizio deve farci scattare un punto di domanda».
E le istituzioni, la politica? A Udine si vota e la Lega Nord, in una sua pubblicità elettorale, tira in ballo anche il delitto Sacher per far intendere che qui c’è poca sicurezza. Ma il sindaco Furio Honsell non raccoglie. «Secondo le statistiche delle forze dell’ordine - osserva - i reati sono in calo. Piuttosto la città è traumatizzata, sotto choc dall’esplosione, inaspettata e dolorosa, di questo fatto, perchè è una tragedia che non nasce dal degrado. Mi sono informato con il questore, l’impegno è di capire, senza morbosità. Il pensiero va alla vittima e ai suoi familiari e anche alle famiglie delle ragazze coinvolte. I modelli culturali che vengono diffusi oggi dai nuovi media provocano disorientamento, c’è una profonda crisi dei valori, dei modelli tradizionali. Qua da noi c’è molto riserbo, rispetto, ma anche profondo sgomento, perchè nessuno accetta la gravità di quanto è accaduto».
Si fa sentire la voce della Chiesa, dove nelle difficoltà si cerca riparo. «Siamo impressionati e quasi sconvolti - afferma monsignor Guido Genero, vicario generale dell’arcidiocesi -. E’ un rompicapo, una vicenda con infiniti punti oscuri, assurda nella sua violenza. Piangiamo la vittima e valutiamo con attenzione quello che potrà essere il futuro di queste giovanissime. Gli udinesi, anche stavolta, hanno dimostrato la consueta ritrosia e riservatezza, ma è certo che siano stati molto impressionati. Qua non si fa chiasso attorno ai problemi, ma c’è incredulità e preoccupazione per le famiglie delle ragazze».
Non poteva mancare, infine, la scuola. In alcune classi i professori hanno discusso con gli allievi, quotidiani alla mano, del fattaccio. Pietro Biasiol, provveditore agli studi per la provincia di Udine, punta sul rapporto insegnante, studente, famiglia. «Serve la massima attenzione - dice - a cosa si fa e al dialogo con chi sta al di là della cattedra, con gli educatori, con i genitori. Serve una cultura delle regole, del rispetto, dell’attenzione. Perchè, come abbiamo visto, un attimo può spezzare sogni e aspettative per sempre».
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