Udine, l'appello degli antiquari: «Il mercatino in San Giacomo» FOTO e VIDEO

I venditori dell’antiquariato si sentono isolati: «Basta piazza XX settembre, si perde la tradizione»
Udine Marzo 2013. Mercatino in Piazza XX Settembre. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Petrussi Diego
Udine Marzo 2013. Mercatino in Piazza XX Settembre. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Petrussi Diego

UDINE. Si sentono isolati. Esclusi dalla possibilità di vendere le loro merci nel cuore pulsante del capoluogo friulano, in piazza San Giacomo. Relegati, dicono, fuori dal passaggio della gente. Loro, i venditori del mercatino dell’antiquariato, fatti “traslocare” oltre un anno fa in piazza XX settembre, non ci stanno più. E chiedono a gran voce all’amministrazione comunale di essere valorizzati e di poter tornare nel “salotto” cittadino.

«Siamo stati posizionati – dice Fausto, da oltre vent’anni presente nelle fiere di tutta la regione – in un luogo defilato. Le persone vi arrivano solo per nostro merito in quanto presentiamo merci interessanti e di qualità. Il problema è che a Udine, come un po’ in tutto il Friuli, non c’è più una gestione culturale dei mercati, ma solo amministrativa. Così rischiamo di perdere una storia che invece deve essere alimentata». «Basterebbe utilizzare piazza San Giacomo – aggiunge – solo come vetrina per i prodotti d’élite e di quelli tipici. Insomma deve essere il luogo dove si valorizza la tradizione».

Ieri diverse persone con curiosità e attenzione passeggiavano tra i circa venti banchetti, a caccia di qualche occasione. Lontani, però, i numeri che si registravano in passato. «Certo – commenta poi Bruno, una delle voci storiche del mercato – se poi si organizza il giorno prima in piazza Primo maggio un mercatino dell’usato dove non c’è bisogno di alcuna autorizzazione per partecipare il danno nei nostri confronti aumenta. Non capisco perché non possiamo tornare in piazza San Giacomo, dove ci sono i bar e i locali aperti e un maggior giro di gente e dove, soprattutto, sono gli stessi esercenti a lamentarsi della nostra mancanza».

A rischio, dunque, non sono semplicemente gli incassi di fine giornata ma una vera e propria tradizione. «Come si fa a non comprendere – si chiede la signora Silvia – che questo mercato dà valore alla città e alla sua storia? Perché non possiamo essere trattati come gli altri?». Interrogativi che rimbalzavano da bancarella a bancarella tra la vendita di un libro o di un vaso. Il tutto sotto i cinque euro. (v.z.)

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