Udine, le librerie non sono solamente negozi e quando chiudono è una fitta al cuore

I libri (per adesso) battono il calcio. Nella classifica delle città italiane che leggono di più, Udine è al decimo posto, a un passetto da Torino e Firenze. Prima Milano, tallonata da Trieste e Padova. In serie A invece sappiamo come stiamo andando... Tutto questo accade in un Friuli Venezia Giulia che, complessivamente, è quasi in testa negli indici di lettura perché battuto soltanto dalla Provincia di Trento. Dietro tutti gli altri. Numeretti a go-go per ribadire quanto si sa da tempo e cioè che quassù, nell’estremo Nord Est, è annidato un universo di irriducibili lettori di libri e giornali che tengono in qualche modo duro nonostante il ciclone tecnologico stia spazzando ogni settore umano ed economico.
Detto questo, è una fitta al cuore la notizia apparsa in cronaca di Udine per annunciare che due librerie chiuderanno dopo Natale. Il loro numero così si assottiglia collocandosi sotto la quindicina considerando anche quelle che vendono libri usati o che abbinano l’esercizio pubblico del caffè ai libri. Il numero resta alto, ma segnala una sorta di allarme.
Va detto che i casi sono differenti: da un lato c’è la Ubik di via Mercatovecchio che è inserita in un franchising, presente da noi anche a Gorizia e Trieste. Il tentativo udinese era cominciato sette anni fa e adesso, dopo un recente cambio di gestione, giunge al capolinea. Decide di lasciare la città pure Alessandro Beltrame della Friulibris di via Piave che si sposta a Tolmezzo. Notizia che fa male perché Udine resta senza un luogo fondamentale per chi vuole aggirarsi nella letteratura di casa nostra, in termini di opere e autori. Avere a portata di mano tutto il consentito, senza ricerche in biblioteca o su internet, è una comodità e anche un fatto di civiltà, se pensiamo a un aspetto che passa in secondo piano: le vere librerie non svolgono solamente una funzione commerciale, ma sono un osservatorio e un luogo di consulenza a favore di chi approfondisce conoscenza e riflessione attraverso la lettura, soprattutto quella insolita e originale.
Se la libreria si limita a essere negozio o supermercato, perde il suo fascino di approdo per gli spiriti curiosi e inquieti. Ma in questo le librerie non sono certo aiutate dall’attuale momento dell’editoria nazionale e internazionale che, per garantirsi i fatturati, fa una cosa ovvia e poco culturale: pubblica a iosa opere di scarso significato, ingigantite però dal nome da autori appartenenti alla categoria dei divi mediatici. Sono scelte dal respiro corto perché, puntando all’effetto immediato, alla lunga deprimono e svuotano il valore della vera letteratura. Per cui i cosiddetti “lettori forti” finiranno prima o dopo per non frequentare più librerie che espongono le praterie con i titoli dei soliti noti, togliendo spazio agli oggetti del loro desiderio. La clientela verrà così monopolizzata dai casuali cacciatori di “fenomeni”.
Eppure Udine e il Friuli, al di là delle recenti notizie, hanno gli antidoti giusti per organizzare una difesa intelligente. Si parte sicuramente dal numero di librerie ancora operative e poi dagli editori attivi in Friuli Venezia Giulia che, stando a un censimento della Regione, sono ben 37. Tanti e motivati. Nei cataloghi spuntano gemme preziose, forse poco conosciute o pubblicizzate, ma la loro ricerca si rivela spesso emozionante e appagante.
Dei libri abbiamo bisogno, tutti (anche se poi non li leggiamo direttamente), per non appiattirci, per riflettere, per far circolare le idee, per sapere cose di noi che ignoriamo. A Udine è successo così fin da quando (come raccontava il grande Mario Quargnolo) nel 1905 giunsero da Pontremoli i bancarellai della famiglia Tarantola o Titute Lalele, nome d’arte di Arturo Feruglio, dirigeva la libreria del barone Morpurgo. La tradizione cominciò con loro.
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