Udine, l’inchiesta su corruzione elettorale: dal Pd agli autonomisti, i big del centrosinistra schierati con De Toni

I segretari regionali dei partiti di maggioranza in città difendono il sindaco. La dem Conti: «Tutto lecito». Moretuzzo (Patto): «Accordo programmatico»

Mattia Pertoldi
Il sindaco di Udine De Toni con l'assessore Marchiol
Il sindaco di Udine De Toni con l'assessore Marchiol

La difesa di Alberto Felice De Toni, e della liceità dell’accordo elettorale stretto con Ivano Marchiol tra primo e secondo turno delle Comunali di due anni fa, è totale.

Tra l’altro questa volta la replica, anche secca e un po’ piccata, all’esposto del centrodestra udinese non arriva dai banchi occupati dalla maggioranza a palazzo D’Aronco – direttamente interessata all’evolversi della situazione –, bensì dai piani alti delle segreterie regionali dei partiti che hanno sostenuto l’ex rettore in campagna elettorale e oggi ne compongono la maggioranza.

Una posizione granitica, come detto, e decisamente importante, in questo momento, per il primo cittadino.

Perchè se è vero che il braccio di ferro legale è materia di due principi del foro udinese – Maurizio Miculan da una parte e Luca Ponti dall’altra – e della magistratura, la copertura politica ha un suo peso, tutt’altro che banale, quando si scatena la buriana delle polemiche e degli attacchi.

Nessuno “molla” De Toni, almeno oggi, dunque, con i big dei partiti che, appunto, da Trieste esprimono completa fiducia nei confronti dell’operato del sindaco e degli inquirenti.

A partire da Caterina Conti, segretaria regionale del Pd che su Udine ha senza dubbio i suoi nodi da sciogliere – come il possibile cambio di deleghe a Stefano Gasparin e (in misura minore) Eleonora Meloni richiesto anche da ampie fette di dem –, ma che nella fattispecie dell’accordo elettorale del 2023 non ha alcun dubbio.

«È stato fatto tutto alla luce del sole – commenta la numero uno del Pd in Friuli Venezia Giulia – ed è perfettamente lecito. Non ho alcun dubbio sulla bontà dell’operato del sindaco ma pure, allo stesso tempo, sono certa che tutto si chiarirà, in maniera definitiva, molto velocemente».

Se il centrosinistra, più o meno un anno e mezzo fa, ha candidato De Toni e non Alessandro Venanzi alla carica di sindaco, uno dei meriti principali, oppure delle responsabilità a seconda dei punti di vista, va senza dubbio ascritto a Massimo Moretuzzo, tra i primi sostenitori della corsa dell’ex rettore.

Ora, i maligni dicono che il rapporto ultimamente non sia più così eccelso – e l’ordine del giorno sulla sede della Net presentato da Lorenzo Croattini e Federico Pirone sarebbe lì a dimostrarlo –, ma sull’accordo elettorale, Moretuzzo tira diritto.

«Ho massima fiducia in De Toni e nella magistratura – spiega il segretario del Patto per l’Autonomia –. Accordi di questo tipo sono sempre stati fatti nella storia della politica e non ci vedo particolari motivi di preoccupazione. Anche i due seggi che sarebbero stati negati all’opposizione non mi paiono un elemento dirimente della questione.

Come ha giustamente sottolineato l’avvocato Ponti, inoltre, non soltanto il patto è stato siglato con grande trasparenza e alla luce del sole, ma è basato su programmi diventati comuni.

Questo significa, in poche parole, che si tratta di un accordo politico tarato su una piattaforma da realizzare. Nel momento in cui il programma comune dovesse venire meno, cioè, ognuno sarebbe libero di posizionarsi come ritiene più opportuno».

Chiara, proseguendo, la posizione in casa di Sinistra italiana, uno dei tre movimenti che – assieme a Europa Verde e Possibile – ha formato la lista di Alleanza Verdi Sinistra, capace di eleggere due consiglieri comunali di cui poi uno (Arianna Facchini) entrato in giunta al fianco di De Toni.

«Non è certo la prima volta che si stringono alleanze simili e non sono minimamente preoccupato – sostiene Sebastiano Badin, segretario regionale del partito –. Onestamente mi sembra un tentativo politico da parte della minoranza di contrastare l’amministrazione, ma è un argomento molto debole per cercare di fare opposizione».

Passando dalla sinistra ai centristi, la linea è più o meno la medesima anche in casa di Italia Viva che in questi mesi di consiliatura non ha mancato di pungolare un’amministrazione – leggasi ad esempio il caso del patrocinio a Italia-Israele –, in cui è presente con l’assessore Andrea Zini.

«Non è altro che un accordo politico – dice Maria Sandra Telesca, presidente (cioè segretaria nel gergo renziano) di Italia Viva in regione –. Possiamo fare i sofisti ragionando su numeri e maggioranza, ma accostare questa vicenda ad altre precedenti in cui in ballo c’erano posti di lavoro è del tutto strumentale.

Mi meraviglia, in ogni caso, che l’esposto sia stato firmato anche da alcuni esponenti partiti di opposizione che hanno visioni molto simili a Italia Viva nell’evitare di ricorrere ai tribunali per fare politica».

Di chi parla Telesca? È abbastanza facile intuirlo: ogni riferimento a Forza Italia, infatti, è del tutto voluto.

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