Udine, omicidio Gobbato: «Il killer sapeva quel che faceva»

Lo psichiatra Vittorino Andreoli ha depositato la consulenza sullo studente reo confesso: "Non è pazzo" 
Tavagnacco 18 settembre 2013 Omicidio ippovia strada detta di Brisions. © Foto Petrussi Foto Press / Ferraro - Turco
Tavagnacco 18 settembre 2013 Omicidio ippovia strada detta di Brisions. © Foto Petrussi Foto Press / Ferraro - Turco

UDINE. Nicola Garbino è in grado di partecipare coscientemente al processo che lo attende ed era capace di intendere e di volere anche quando, lo scorso 17 settembre, ha accoltellato e ucciso Silvia Gobbato, la praticante avvocato che quel pomeriggio stava correndo sull’ippovia ignara di quanto le sarebbe accaduto di lì a poco.

Queste almeno le conclusioni della consulenza svolta da Vittorino Andreoli. Lo psichiatra, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di romanzi, è un volto noto del piccolo schermo perché ospite di trasmissioni e approfondimenti incentrati su fatti di cronaca nera.

Per due mesi circa è stato l’unico (insieme all’avvocato difensore) a poter parlare con Garbino, l’uomo di 36 anni che, due giorni dopo il delitto, sorpreso dai carabinieri (allora coordinati dal capitano Fabio Pasquariello al quale è poi subentrato il maggiore Roberto Scalabrin) nei pressi dell’ippovia sul Cormor, ha confessato l’omicidio di Silvia. Andreoli ha incontrato diverse volte in carcere lo studente universitario fuori corso.

Con lui è anche tornato sul luogo del delitto ripercorrendo lo stesso percorso fatto da Garbino quel giorno: l’appostamento, la scelta della vittima che non conosceva, ma che ha individuato perché correva lentamente e aveva con sè un telefono con il quale si immaginava di poter poi chiedere il riscatto (questa almeno la versione fornita dallo stesso Garbino agli inquirenti), l’aggressione e poi – di fronte al tentativo di resistenza di lei –, la furia omicida.

Silvia, che aveva 28 anni, è stata uccisa da più di dodici coltellate. Lo ha confermato l’esame autoptico che è stato completato nei giorni scorsi dal medico legale Carlo Moreschi. Prima di chiudere il cerchio delle indagini, il pubblico ministero Marco Panzeri attende però l’esito delle ultime analisi sui reperti inviati ai Ris di Parma. Analisi che però difficilmente cambieranno il quadro accusatorio a carico di Garbino.

Lui stesso ha detto che il suo obiettivo era quello di sequestrare una donna per chiedere poi un riscatto. Alla famiglia aveva raccontato che con l’università aveva ormai chiuso e che quel martedì aveva un colloquio di lavoro a Padova. Invece, una volta uscito di casa, ha lasciato l’auto al cimitero di Udine e ha raggiunto a piedi l’ippovia per mettere in atto il suo piano criminale. Un piano studiato nel dettaglio anche nei giorni precedenti all’omicidio con diversi soppralluoghi sul posto per scegliere il punto più adatto dove colpire.

Chi conosce Garbino però è rimasto incredulo. L’uomo, che abita a Zugliano con i genitori, è stato infatti descritto da tutti come una persona sempre gentile e a modo, seppure schivo e piuttosto timido. Di corporatura esile, Garbino era infatti considerato una persona “normale”, che mai aveva dato l’impressione di poter essere aggressivo.

Quanto accaduto quel pomeriggio lungo l’ippovia sembra insomma inspiegabile. Andreoli è però un fermo oppositore della “concezione lombrosiana” del delitto secondo cui il crimine viene commesso necessariamente da una persona con problemi di mente, quasi ci fosse una sorta di predisposizione. Lo psichiatra sostiene invece la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati.

Gli avvocati difensori di Garbino, Manlio Bianchini del foro di Udine ed Elisabetta Burla del foro di Trieste, hanno però affidato ad altri due professionisti l’incarico di redigere una nuova consulenza. «Li avevamo incaricati prima che ci fosse comunicato l’esito dell’analisi di Andreoli - precisa Bianchini -, ma soltanto da pochi giorni hanno potuto iniziare il loro lavoro perché inizialmente Andreoli era l’unico a poter incontrare Garbino. Anche i parenti più stretti hanno dovuto attendere quasi due mesi per fargli visita in carcere». Non è ecluso quindi che il processo a Garbino possa diventare anche uno scontro tra consulenze.

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