Udinese, da reginetta a Cenerentola: i fasti, gli errori e le speranze di una squadra che ha recitato in Europa

Ci sono cinque squadre a non essere mai retrocesse in serie B negli ultimi ventiquattro anni: le due milanesi, le due romane e l’Udinese. Quella che fino a qualche anno fa era considerata la reginetta delle provinciali e un esempio virtuoso di risultati sportivi e bilanci economici oggi è in fondo alla classifica. E ora la palla passa al nuovo tecnico, Davide Nicola, subentrato all'esonerato Julio Velazquez. Nicola non pensa al “gioco dell’otto”. Otto tecnici già cambiati in quattro anni dicono che l’Udinese si è smarrita da quando Francesco Guidolin se ne andò, nell’estate del 2014. Ora è terzultima in serie A.
La priorità inglese
La parabola discendente dell’Udinese è coincisa con due eventi: la costruzione del nuovo stadio Friuli, ma soprattutto la promozione in Premier del Watford, l’altra squadra di proprietà della famiglia Pozzo. Gli investimenti primari, per un semplice calcolo economico, si sono concentrati a Londra. Oggi l’Alexis Sanchez di turno (il cileno fu acquistato per 4 milioni e rivenduto a 38 più 5 di bonus), non viene dirottato a Udine, ma a Londra. Lo chiede anche lo stesso giocatore che da subito può percepire un ingaggio superiore e sa di venire “esposto” in una vetrina più prestigiosa.
I campioni e quelle plusvalenze
In una recente indagine “Calcio e Finanza” ha evidenziato come dal 1992 a oggi l’Udinese abbia messo assieme qualcosa come 650 milioni di plusvalenze. Si cominciò con la cessione di Balbo alla Roma, Dell’Anno all’Inter e Sensini al Parma, la lista si è arricchita negli anni con Bierhoff (Milan), Amoroso (Parma), Fiore e Giannichedda (Lazio), Quagliarella (Napoli), il già citato Sanchez (Barcellona). Quasi tutti attaccanti. L’unico che non è stato ceduto per sua precisa volontà è stato Di Natale. Ecco, la sostituzione di un fuoriclasse che ha segnato 191 gol in bianconero è il vero problema tecnico irrisolto della recente gestione Pozzo.
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Una gestione a carattere familiare
In Friuli c’è uno stadio moderno, un pubblico appassionato (Paratici nel post partita di Udinese-Juve lo fece notare al collega udinese Pradè), ma manca una squadra competitiva. Un controsenso: come avere una villa da mille e una notte senza tetto. Se ci piove dentro rovini tutto. La gestione è familiare: papà Gianpaolo dice di aver lasciato in eredità tutto ai figli Gino e Magda (a lui la parte sportiva, a lei l’ambito commerciale), ma in realtà è ancora più presente di prima nella stanza dei bottoni e occhio a non sottovalutare i “poteri” della signora Giuliana. Troppe teste pensanti secondo qualcuno, una teoria che a Udine sta prendendo piede.
Per un club come l’Udinese l’Europa è una sorta di scudetto. Sono state in tutto undici le partecipazioni alle coppe continentali con tre cicli virtuosi: quello di Alberto Zaccheroni (’95-’98), quello di Luciano Spalletti (’02-’05) e quello di Francesco Guidolin (’10-’14). Fu nella stagione ’08-’09 con Pasquale Marino in panchina il risultato migliore in Europa con il raggiungimento dei quarti di finale dell’ultima coppa Uefa (l’anno dopo sarebbe diventata Europa League) contro il Werder Brema di Diego, promesso sposo juventino.
Oggi l’Europa è lontana e c’è una salvezza da dover strappare con le unghie e con i denti. La squadra è giovane e non ci sono più leader italiani che hanno composto lo zoccolo duro dei cicli virtuosi (Turci, Calori e Poggi con Zac; De Sanctis, Bertotto e Iaquinta con Spalletti; Domizzi, Pinzi e Di Natale con Guidolin). Ecco un altro problema irrisolto di questa bellissima villa senza tetto.
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