Ulderica Da Pozzo: «Mi rimetto in gioco nella mia Carnia» Foto

L’artista apre un atelier a Ravascletto nella casa di famiglia: «Comincio con la mia mostra, ma sarà un luogo d’incontro»

RAVASCLETTO. Un luogo della memoria, o meglio «un piccolo posto dei sogni», come ama definirlo lei. Il percorso di vita di Ulderica Da Pozzo sta per arricchirsi di una nuova tappa, strettamente legata alle sue origini di donna carnica: a fine dicembre, a cavallo tra Natale e Capodanno (vernissagge previsto sabato 28), aprirà a Ravascletto il suo nuovo atelier.

Non una lussuosa villa in collina, non un appartamento di tendenza in città: “soltanto” una casa, amatissima, per anni dimora della sua famiglia . Un edificio del 1700 riadattato a laboratorio e luogo di esposizione, chiamato “Da Duga”, che sorge nell’antico borgo di Salars.

Che cosa rappresenta per lei “Da Duga”?

«È un ritorno a casa. Ho aperto il mio primo studio fotografico proprio a Ravascletto, nel 1979. Avevo 23 anni. Da qui sono partita prima di trasferirmi a Udine, una volta sposata, nel 1989. Dopo che mia madre mi ha donato questa casa ho pensato subito di sistemarla per creare un luogo antico per la fotografia. Per questo ho rimesso a nuovo la parte sottostante dell’edificio e lo stavolo, ridando dignità a un luogo che mi è sempre stato caro. Il legame con Ravascletto è sempre rimasto intatto dentro di me».

Un posto che adesso vuole condividere con gli altri.

«Ci sarà la mia mostra, ma chiunque potrà esporre in questi spazi. Ci sarà anche una piccola biblioteca con libri sulla fotografia. Una persona può arrivare nel borgo, godersi il panorama, fare una passeggiata e vedere le foto esposte. Un luogo della memoria e, allo stesso tempo, un modo diverso di fare turismo».

Questo suo atelier può preludere a un rilancio artistico della Carnia?

«La Carnia ha perso molte occasioni e credo sia giunto il momento di riscoprire i valori e le emozioni che si porta dentro. Per me, “Da Duga” è il luogo ideale per ritrovarmi e sentirmi a casa, tra la mia gente. Mi rimetto in gioco a 55 anni, perché sono convinta che in Carnia si possa ancora sognare e investire pensando al futuro».

Memoria, radici, origini: sembrano concetti a lei molto cari.

«Riesco a percepire l’anima dei luoghi e delle persone che ci sono passate. Per me è importante ricordare chi ha vissuto nella casa dei miei avi, ricordare come hanno vissuto e proprio per questo stare bene con me stessa e con gli altri».

In questi anni di carriera ha raccontato molto della montagna friulana: i luoghi, le persone, le tradizioni. Le manca ancora qualcosa?

«È vero, ho raccontato molto della montagna, ma devo dire che ogni giorno è un momento nuovo e trovo sempre stimoli diversi. La Carnia è sempre lì, la stessa da secoli. Ciò che è cambiato con il passare degli anni è il senso di comunità, che si sta perdendo».

“Da Duga” può essere uno strumento per ritrovare questa identità perduta?

«Lo spero. Di certo è un punto di partenza, non di arrivo. Il mio auspicio è riuscire a lavorare con le scuole e con i turisti, di raccontare la fotografia e trasmettere la memoria».

L’apertura dell’atelier sarà una grande festa per la Carnia, ver?

«Un momento per stare insieme con gli amici e con le persone del paese. Oltre che per inaugurare la mostra Stanze/Roooms, dedicata alla memoria dei luoghi, di recente ospitata a Roma».

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