Un anno senza Alice Bros, la mamma: «Ancora tanti dubbi sulla sua morte, gira troppa droga»

Laura Vanelli racconta la 16enne, trovata senza vita nel bagno della stazione a Udine. «Ho lasciato la mia vecchia casa: ora cerco la serenità»
Alice Bros aveva 16 anni: il suo corpo senza vita è stato trovato in uno dei bagni della stazione di Udine
Alice Bros aveva 16 anni: il suo corpo senza vita è stato trovato in uno dei bagni della stazione di Udine

La mamma di Alice Bros, morta per overdose: "Un dolore troppo grande, gira tanta droga"

È trascorso un anno da quando, il 3 ottobre 2018, Alice Bros è morta a causa di un’overdose. L’eroina se l’è portata via, nel bagno della stazione di Udine, lasciando aperto un mare d’interrogativi. E causando un dolore incredibile in chi la amava, la conosceva, ne era compagno di classe o amico. Laura Vanelli, la mamma di Alice, parla del suo dolore. «Il dolore c’è sempre e dipende dal mio attaccamento ad Alice. La mia visione spirituale del mondo mi ha aiutato ad affrontarlo. Anche se non a lenirlo. Io amo Alice. E non posso amare mia figlia e odiare la sua biografia. Ogni vita ha un senso».

Cosa vi ha aiutati, come famiglia, ad affrontare i giorni, i mesi dopo la morte di Alice?

«La cosa che ci ha dato forza e che anche ora sentiamo come profondamente vera è una frase che la nostra figlia più piccola ha detto, la stessa settimana in cui Alice è morta: “Invece di essere tristi perché Alice non c’è più, noi dobbiamo essere contenti perché l’abbiamo avuta con noi”. Ed effettivamente è un privilegio che nessun altro ha avuto. Alice infatti era davvero un bel “personaggio”…»



Pronunciando queste ultime parole, sorride con gli occhi… Cosa ama ricordare di lei?

«Innanzitutto la sua risata: quando rideva lei, ridevano anche i muri. In casa Alice era un pilastro. Certo, anche nella sua giovane vita, non sono mancate le difficoltà. Ma era capace di una visione d’insieme: capiva fino in fondo le situazioni e sapeva anche sdrammatizzare».

Quest’anno avete avuto chi vi ha dato una mano, chi vi è stato a fianco?

«Certamente quanto è accaduto, va affrontato con pazienza prendendosi i tempi necessari. Devo dire però che nell’immediato abbiamo avuto segni di vicinanza: la comunità, la gente di Palmanova si è stretta attorno a noi più di quanto potessi immaginare. Altri invece avrebbero potuto fare molto di più e non l’hanno fatto… Abbiamo avuto anche alcune attestazioni di solidarietà concreta: il sostegno dei miei genitori per il funerale, l’aiuto di alcuni miei coetanei grazie ai quali ho affrontato il trasloco».

Non vive più a Palmanova?

«No, la casa dove abitavamo non era salubre e ora l’Ater ha trovato una nuova destinazione che ha comportato anche un cambio di città, a qualche chilometro di distanza. Qui mi trovo bene: la gente è gentile e affettuosa. L’ambiente è sereno. Ed è di questo ora che c’è bisogno».

Le vicende giudiziarie hanno portato all’arresto e alla condanna del ragazzo che ha procurato l’eroina che ha causato la morte di Alice.

«Alice è stata uccisa. La giustizia ha portato in carcere uno spacciatore, ma tanti altri sono stati arrestati dalla polizia e dopo pochi giorni erano di nuovo fuori dal carcere… Nessuno mi toglie dalla testa che Alice non si sia iniettata la droga di sua spontanea volontà. Troppe cose non tornano. Troppi dettagli non hanno spiegazione. Troppi interrogativi restano ancora aperti».

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Pensa ad azioni legali?

«In questo momento credo di dover pensare all’altra mia figlia e a costruire attorno a lei un ambiente sereno».

C’è in lei rabbia?

«No, non provo rabbia, ma credo che ci sia bisogno di verità. Le famiglie hanno bisogno di sapere quanta droga giri nel proprio paese o nelle città dove i ragazzi studiano, quali siano i luoghi di spaccio. C’è bisogno di consapevolezza. E non penso solo alle famiglie con situazioni di disagio: la droga può far presa su chiunque».

Cosa si può fare per evitare che altri ragazzi possano morire di overdose? Bisogna lavorare su di loro? Occorre che siano le forze dell’ordine, la politica ad agire?

«C’è un’unica soluzione: bisogna togliere la droga dal mercato. Il mondo delle sostanze stupefacenti è ancora più subdolo che in passato. Bisogna che ci sia la volontà di levare la droga dalle strade con azioni durissime verso chi spaccia: se è italiano va in prigione, se è straniero va rimandato al suo Paese, e non con un foglio di via. I ragazzi, certo, possono essere responsabilizzati e resi più consapevoli di ciò che può accadere loro, ma sono in un’età in cui pensano che non possa accadere loro nulla di male. Si potrebbe invece lavorare sul senso sociale, su quella rete che s’instaura tra esseri umani e che consente vicinanza, controllo, attenzione». —
 

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