«Un marocchino non merita l’esercito», la Cassazione condanna il sergente degli Alpini per insulti razzisti
La Cassazione ha condannato il sergente maggiore per insulti razzisti all’ufficiale d’origine maghrebina, cresciuto e formatosi in Italia. Il reato è diffamazione aggravata per le finalità di discriminazione, di odio etnico, nazionale e razziale
BELLUNO. Discriminazione in caserma. Per di più a sfondo razziale. È definitiva la condanna a un anno e tre mesi per Carmelo Lo Manto, sergente maggiore del 7º Reggimento Alpini, per diffamazione aggravata e continuata nei confronti del capitano Karim Bensellam. Il cittadino italiano, ma di padre marocchino, era stato apostrofato con frasi del tipo «sto’ marocchino di m.... gliela farò pagare in un modo o nell’altro», «sto’ marocchino non è degno di stare nell’esercito» e «ha rubato un posto in Accademia a un italiano». Eppure era un suo superiore.
Karim Akalay Bensellam, padre marocchino, fin da bambino ha avuto un sogno: entrare nell’Esercito italiano. S’è impegnato con tutto se stesso, ha frequentato l’accademia di Modena e, dopo la scuola d’addestramento a Torino, è stato finalmente destinato a Belluno. E ha fatto carriera: è diventato il primo ufficiale degli Alpini di origini maghrebine. Al Settimo Reggimento era il capitano Bensellam, al comando di 120 uomini. Poi, maggiore ad Aosta. E può vantare anche varie missioni all’estero, soprattutto in Afghanistan dove veniva utilizzato come uomo di contatto con la popolazione locale.
Il Tribunale militare aveva condannato Lo Manto a un anno e sei mesi, la Corte militare d’Appello gli ha tolto tre mesi. L’imputato ha fatto ricorso in Cassazione per avere la sospensione condizionale della pena ed è l’unica cosa che la suprema corte sembra disposta a concedergli: deciderà prossimamente la Corte militare d’Appello, in diversa sezione.
I due militari facevano servizio alla caserma Salsa e i fatti sono accaduti nel periodo compreso tra la fine del 2014 e la metà del 2017. Anche quattro testimoni, che erano presenti all’alzabandiera o durante gli addestramenti, hanno confermato che Lo Manto parlava male di Bensellam, dandogli anche del «meschino», come si fa nel profondo Sud. C’erano le aggravanti del fatto di essere un militare rivestito di un grado, della recidiva e dell’aver commesso il fatto per finalità di discriminazione, di odio etnico, nazionale e razziale. E c’è anche l’obbligo di pagare a Bensellam 1.755 euro di spese di rappresentanza e difesa.
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