Un migliaio a Ovaro per i funerali dell’alpinista travolto da una slavina

OVARO. “Bisogna avere il coraggio di ricordare i bei momenti trascorsi durante le sciate, le scalate sui monti e le giornate nei rifugi. Questa sarà la molla decisiva per tornare in montagna dove in cima alzando lo sguardo troveremo di nuovo a guardarci Michele”.
Sono queste le parole che don Gianni Pellegrini, durante l’omelia, ha rivolto a parenti, amici e conoscenti. Quasi un migliaio di persone raccolte nella chiesa della Santissima Trinità ha voluto dare l’ultimo saluto a Michele Fedele, lo scialpinista morto a Sella Nevea.
L’intera comunità di Ovaro si è fermata per la scomparsa del 41enne, colpito sabato scorso da una slavina mentre era assieme a un gruppo di amici.
Nel piccolo paese della Carnia, ai piedi del monte Zoncolan, si respirava un’atmosfera surreale: bandiere a mezz’asta, esercizi pubblici vuoti e un lungo serpentone di auto lungo l’ascesa che porta alla parrocchia.
Già un’ora prima del funerale i banchi della chiesa erano occupati. Fuori, davanti al sagrato, una folla di persone ad attendere l’arrivo di Michele in quello che è stato per “il campione di sport e vita” il suo ultimo viaggio.
E’ stato quindi un lungo e commosso silenzio ad accompagnare il corteo funebre all’interno della chiesa. Sul feretro il caschetto da montagna, il fedele compagno di mille avventure di Michele.
“Oggi è difficile parlare e trovare le frasi giuste per esprimere tutto il dolore. Soprattutto per chi, come me, ama la montagna.
Per tanti sabati sera tornando dalla messa a Chialina incrociavo lo sguardo sorridente di Michele – questo è il personale ricordo di don Pellegrini – mentre preparava la bicicletta o caricava gli sci in macchina. Era contento e mi rammaricavo, visti i miei impegni a fondovalle, di non poter trascorrere qualche giorno con lui e i suoi amici”.
Michele aveva una passione innata per lo sci che gli era stata trasmessa dal papà Ermano, oggi ultraottantenne, che ancora lo pratica.
Era un vero e proprio sportivo che aveva praticato da giovane anche il motociclismo. Solo in seguito era passato dalla velocità agli sport più faticosi, con il ciclismo e lo scialpinismo. In quest’ultima disciplina era diventato un punto di riferimento per tanti appassionati.
E a dimostrarlo il fatto che molti suoi compagni di arrampicate e sciate si sono presentati con le divise delle società sportive. Michele era infatti uno scialpinista esperto, grazie a una maniacale attenzione ai materiali e alla sicurezza.
Un uomo di grande carisma e generosità che ha lasciato un vuoto incolmabile nella comunità di Ovaro come ha riconosciuto durante l’omelia anche don Pellegrini.
“Per Michele sciare era tutto. Solo chi va d’inverno nella montagna ricoperta dalla coltre di neve può ascoltare, come faceva Michele, il silenzio. Un silenzio che dà la possibilità di crescere e unirci nei momenti difficili. E’ la montagna a toglierci la maschera che abbiamo nel fondovalle.
E’ la montagna che ci dà la forza di andare avanti. E allora riscopriamo questi valori, ritorniamo con la mente a quei momenti vissuti durante le sciate con Michele. Solo così avremo il coraggio di riprendere il cammino verso i monti dove troveremo di nuovo lo sguardo del nostro amico”.
Il 41 enne scialpinista aveva un motto “Plui allenament! Plui dislivel!”. Proprio questo carisma che infondeva anche negli amici lo aveva portato a realizzare ascensioni di grandi difficoltà come la “Creta di Collina”. Quest’anno il suo impegno agonistico era il “Trofeo Mezzalama”.
Mai però avrebbe potuto immaginare in quel tragico sabato di andare incontro alla morte. Nella traversata che collega lo sperone del Medon a sella Prevala, Fedele e l’amico Cristian sono stati travolti da una massa nevosa. Un impatto risultato fatale.
Le sue condizioni erano subito apparse drammatiche sia ai compagni sia ai soccorritori. Durante il trasporto in ospedale i sanitari del 118 non hanno mai smesso di praticargli il massaggio cardiaco tentando in tutti i modi di rianimarlo.
La speranza flebile che il fisico dell’atleta avrebbe potuto reagire è risultata ora dopo ora vana. Domenica notte le sue condizioni si sono aggravate a tal punto da rendere impossibile un diverso decorso. Con lui se n’è andato uno sportivo di classe che in Carnia aveva fatto scuola.
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