Un ritorno al passato per l’ex San Patrignano

A proporlo sono i volontari dell’associazione che fornisce aiuto alle famiglie: «A Sacile serve una struttura di pre-accoglienza come quella di San Giovanni»

SACILE. «Dipendenze tossiche sommerse a Sacile». Lo dicono Remigio Pessotto e Corrado Campaner: sono genitori volontari dell’Associazione aiuto famiglie tossicodipendenti. Un ponte con la comunità di San Patrignano: l’hanno tenuto in piedi dopo che l’ex Sampa di San Giovanni di Livenza ha chiuso la sede.

«Le terapie del Sert non sono sufficienti – dicono –. In città servono informazione, visibilità e strutture». Liberarsi della dipendenza è un problema che ha pochi casi dichiarati («Una decina a Sacile e oltre 200 a Pordenone», dicono a braccio i genitori con la sede in via Ettoreo). C’è il sommerso («Tanti conducono una vita normale in apparenza e invece si “fanno”: cominciano a 13 anni con la canna e abbiamo casi di dipendenze a 50 anni»).

La comunità è un modello vincente. «A San Patrignano accompagniamo i ragazzi che vogliono liberarsi dalle dipendenze – spiegano –. Ma a Sacile serve una struttura di pre-accoglienza, cioè precedente la comunità. E anche di post-accoglienza: si potrebbe riutilizzare la vecchia struttura di San Giovanni, magari».

E’ un problema aperto. L’idea di rimettere in piedi il vecchio polo di San Giovanni crea tensione. «Tanti residenti sono contrari al recupero della comunità dismessa negli anni Novanta – valuta Rossana Casadio, portavoce della lista civica Sacile partecipata e sostenibile –. Piuttosto, cerchiamo un’altra struttura». I genitori dell’Aaft vogliono dare una mano.

«A Sacile le dipendenze cominciano anche a 13 anni, con lo spinello fumato in gruppo – Pessotto e Campaner spiegano la curva patologica –. Lo sballo arriva in discoteca e bar, per liberarsi dalle inibizioni, durante l’adolescenza “lunga”, con le pasticche di ecstasy e altro. C’è un’escalation: una dose di cocaina tagliata costa 20-30 euro per eccitarsi. L’eroina, invece, è usata come calmante e si sniffa. Ogni lunedì, nella Casa del volontariato, accogliamo una quindicina di persone, negli incontri di pre-accoglienza alla comunità».

Alcuni hanno un primo approccio e poi si perdono. «C’è bisogno di visibilità – ripetono i genitori volontari –. I tossici sono i nostri figli: non si deve avere paura a dirlo». Vincere la vergogna e parlare del fenomeno sommerso. «Bisogna intervenire radicalmente – confermano la prassi – mettendo in comune le esperienze e potenziando le strutture».

Quello delle sostanze stupefacenti è un mercato fluttuante, a Sacile. «Lo smercio è quello periodico di discrete quantità – un anno fa aveva misurato il fenomeno il capitano dei carabinieri Pierluigi Grosseto –. Partite di un chilo o della metà possono arrivare da Padova e da Milano».

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