Una tradizione passata da padre in figlio: Raffin da 120 anni a caccia di scarti ferrosi

Paolo rappresenta la quarta generazione: ed è proprio tra i metalli che ha trovato l'ispirazione l'artista che ha realizzato la statua di Grace Kelly
Luigi e Paolo Raffin davanti ai cumuli di ferro
Luigi e Paolo Raffin davanti ai cumuli di ferro

Quando da piccolo passava in azienda con la baby sitter a salutare i genitori, senza essere visto si riempiva le tasche di scarti di ferro. Una volta a casa, con i suoi camion e la gru fatta di Lego, imitava papà. Caricando e scaricando rottami. Paolo oggi ha 28 anni. E rappresenta la quarta generazione dei Raffin, azienda che dal 1898 opera nel recupero e nella vendita di ferro, metalli, leghe e cavi elettrici. Una storia che si ripete. Perché Paolo ha raccolto il testimone da papà Luigi, 65 anni e una vita che è coincisa con quella dell’azienda. Ancora oggi, nonostante la pensione, non riesce a stare lontano dall’attività che è stata il mestiere di suo papà Erminio. E prima ancora del nonno Luigi, il fondatore della Raffin. Arrivato da Cordenons si era prima stabilito a Feletto Umberto e quindi in via Bezzecca a Udine. Passata ai figli Erminio, Giovanni e Maria Luigia, l’azienda è stato trasferito in viale Trieste e dal 1948 in via Renati-via Umago. Nel 1970 i fratelli decisero di avviare due ditte separate. Quella di Giovanni – che non aveva figli – chiuderà i battenti nel 2015. Quella di Erminio, invece, è passata a Luigi e alla sorella Piera.

Oggi la Raffin, dopo 120 anni, è ancora operativa. Quasi si commuove Luigi, quando con orgoglio ne ricorda la storia. Anche perché una parte importante l’ha scritta proprio lui. «Già da bambino ero sempre in azienda con papà – spiega –. I miei giochi sono sempre stati tra ferro e metallo. Così, più che un lavoro quello del “ferraiolo” è per me un hobby, una passione da cui ancora oggi non riesco a staccarmi». Mentre riavvolge il filo della memoria, getta lo sguardo al monitor che ha accanto. «È attentissimo a ciò che accade nel mondo», mi spiega la moglie Marisa, collaboratrice «tuttofare», anche lei da mattina a sera in azienda. Un occhio alla Borsa di Londra – il punto di riferimento mondiale per la quotazione di ferro e metalli –, e alle vicende politiche dei Paesi leader nella produzione di rame e acciaio. «Uno sciopero oltre Oceano – chiarisce Luigi –, può fare la differenza sul prezzo».

Da sinistra Giovanni, il capostipite Luigi, Eminio, Pietro, Leonilde e Maria Lucia
Da sinistra Giovanni, il capostipite Luigi, Eminio, Pietro, Leonilde e Maria Lucia

Bisogna essere pronti a rilanciare l’offerta, a volte anche rischiando. Cosa che non lo ha mai intimorito. Il settore commerciale della Raffin è ancora oggi il suo «regno». Con un fiuto affinato grazie all’esperienza, Luigi sa quando è il momento giusto per vendere e stabilire a che prezzo conviene acquistare i rottami. Paolo nel frattempo si occupa del materiale in entrata, del suo controllo e della valutazione, prima dello smistamento e del passaggio alla lavorazione. «In azienda arrivano gli scarti da lavorazioni meccaniche, dagli smantellamenti industriali e dalla dismissione di impianti e attrezzature – spiega Paolo Raffin –; dopo il controllo sulla radioattività, il materiale selezionato, trattato e riciclato, viene trasformato in materia prima» per essere immessa nuovamente sul mercato che per la Raffin è quello nazionale, europeo e asiatico. Cina compresa. Ferro e metalli recuperati finisco per lo più alle produzioni di automobili e al settore dell’edilizia.

In un anno nello stabilimento udinese – una decina i dipendenti – entrano 11 mila tonnellate di ferro e circa 2 mila tra acciaio, alluminio e rame. Il giro d’affari supera 6 milioni di euro l’anno, mentre l’utile ammonta a 650 mila euro. Nel 2006 con il trasferimento in via Slovenia, nella Ziu, la Raffin si è dotata di un impianto di granulazione e separazione per il trattamento dei cavi elettrici e il recupero del rame. Luigi e Paolo lo chiamano «mulino» perché «sbriciola» il cavo elettrico. Segue la separazione del metallo dalla plastica. Quel materiale che negli scarti di plastica ancora luccica può essere ulteriormente recuperato. Cubi di materiale recuperato vengono spediti via nave o portati direttamente alle acciaierie della zona dallo stesso Luigi che, instancabile, tutti i giorni recupera materiale. «Pure i privati possono conferire ferro vecchio e metalli e spesso ci chiedono di andare a ritirarli a domicilio con i nostri mezzi. Anche questo – aggiunge – è un servizio che forniamo da sempre».

Fino a qualche anno fa – «ora le norme non lo consentono più», affermano Luigi e Paolo – la Raffin è stata punto di riferimento per artisti. Tra i rottami ferrosi molti scultori hanno tratto ispirazione. Una porzione del ferro che compone la statua di Grace Kelly nel Principato di Monaco arriva proprio dal Friuli, dal vecchio magazzino di via Umago.

Insieme ai rottami, spesso in azienda entrano cimeli che i Raffin conservano con cura. Tanto che nel tempo è nato un piccolo museo a cielo aperto, dove si possono ammirare reperti dell’archeologia industriale e militare. Pali della luce in ferro del 1907, antiche siviere utilizzate per contenere le colate di metallo fuso, pompe a vapore, un antico torchio, statue e una vecchia botte con le ruote in ferro in dotazione ai pompieri, oltre a bossoli. Nell’ingresso dell’azienda c’è l’àncora di una nave inglese recuperata da Erminio e conservata dai Raffin. Il rispetto per la storia dell’azienda ultracentenaria accompagna ancora oggi Luigi e suo figlio Paolo. 

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