Una vita al telaio: tutto il mondo vuole i suoi tessuti

Loredana Giacomini ha trasformato un sogno in realtà. A Pantianicco una solida impresa costruita in famiglia

MERETO DI TOMBA. L’abile movimento delle sue mani si sincronizza in maniera del tutto naturale con quello meccanico del telaio in legno. Ed è da quell’intrecciarsi sapiente di fili che prendono vita gli inconfondibili tessuti che da Pantianicco raggiungono poi ogni parte del mondo.

Attraverso prodotti esclusivi e pezzi unici di aziende di arredo e di moda – dalle borse siglate “Maria La Rosa” di Milano a plaid e coperte abbinati alle collezioni di biancheria da letto firmate dalla ditta “Molteni Home” di Mariano Comense in provincia di Como, oltre alle coperte per “Blu notte” di Colloredo di Prato –, richiestissimi da un mercato di alta qualità in tutta Europa, America, Cina e Giappone.

Dietro le quinte, a dar forma alla trama di questo successo, c’è la friulana Loredana Giacomini. Classe 1961, diplomata in “Arte del tessuto” al “Sello” di Udine, ama definirsi l’operaia del telaio che lavora nell’ombra. Quel telaio – a dire il vero, nel laboratorio ricavato nella casa materna della frazione di Mereto di Tomba di telai ce ne sono ben tre, sempre attivi – è diventato via via parte integrante della sua vita “contagiando”, all’occorrenza – cioè nei periodi in cui non basta lavorare giorno e notte per mettersi alla pari con le consegne – , anche chi le sta attorno.

Dalla preziosa collaboratrice, nonché ex compagna di scuola Luisa Pellizzari (che insieme a lei fa spesso le ore piccole in bottega), alle figlie di Loredana, le gemelle ventenni Alessandra e Marta. Loro, cresciute in mezzo a fili, telai e scatoloni pieni di tessuti pronti per le spedizioni, all’occorrenza lasciano da parte per qualche ora gli studi universitari e aiutano mamma.



Quando Loredana ha cominciato a tessere, le figlie non erano ancora nate. Ma è anche grazie a loro, racconta, che il suo percorso lavorativo ha preso la piega della tessitura. Dopo il diploma («In verità, quando mi sono iscritta, pensavo di fare la figurinista, immaginando di specializzarmi nella creazione di abiti, come avevo già iniziato a fare da bambina con nonna Palmira che era sarta», ammette), grazie a due insegnanti, Gina Morandini e Daniela Zanella, e insieme ad altre compagne di studi, ha preso parte alla sua prima mostra esponendo un arazzo da lei ideato e realizzato.

Da quel momento in poi sono numerose le rassegne, in Italia e all’estero, a cui ha partecipato (una sua opera, “Trame contemporanee”, è esposta al Museo Etnografico di Udine). E quello che era solo un sogno cullato già a scuola con le amiche di sempre, Tiziana Infanti (oggi in cattedra al Sello), Antonella Pizzolongo e Rosanna Coloricchio – «Sognavamo dei nostri telai per la tessitura, e così è stato» –, grazie alla «passione» contagiosa di Attiliana Argentieri, insegnante di disegno professionale, e di quella di Gina Morandini, docente di Laboratorio, è diventato realtà per tutte.

Così, quando nel 1988 l’ex compagna di studi Tiziana ha aperto a Codroipo il laboratorio artistico “Texendi Art”, Loredana ha deciso di far parte dell’avventura. «Al tempo si tessevano soprattutto tappeti, perché c’era una grande richiesta, per lo più da parte di privati e su misura». Un’esperienza durata sei anni. Poi, «il desiderio di sperimentare nuovi percorsi creativi, mescolando esperienze diverse», l’ha portata a collaborare per quattro anni con la ditta “Arteviva” di Udine, nata da un’idea dell’amica Liviana Di Giusto.

Una volta diventata mamma, la voglia di rimettersi in gioco. «Mi sono chiesta: cosa faccio adesso? Tessere al tempo non rendeva e avevo persino pensato a un corso per diventare cuoca e cambiare mestiere».

Ma proprio allora i tessuti sono rientrati a far parte della sua vita con una parentesi che Loredana ricorda con particolare affetto ed emozione. «Per quattro anni, a San Daniele, ho guidato i laboratori di tessitura per disabili della cooperativa “La ragnatela”». Nel 2005 la decisione di mettersi in proprio. «Mi son detta: questa è l’unica cosa che so fare e che mi consente di stare con le mie figlie».

Al primo cliente storico, “Maria La Rosa” (conosciuto al tempo della cooperativa), ne sono seguiti altri, tra cui occasionalmente anche “Aldarita dell’Oca bianca e altre storie” di San Daniele. «Con loro, nel tempo si è creato un rapporto di estrema fiducia. A volte basta una foto inviata sul cellulare per dare il via ad un nuovo tessuto per “Maria La Rosa” o a una creazione per Molteni. Ed è uno stimolo continuo lavorare con più ditte che hanno produzioni così diversificate».

Da friulana, svela, risponde sempre sì a qualsiasi richiesta, «anche se poi significa lavorare senza sosta per le consegne». Nonostante i ritmi imposti dal mercato, «la soddisfazione per aver creato ogni volta qualcosa di unico, mai un tessuto uguale a un altro, non ha prezzo».

E anche quella di vedere una coperta, nata nella bottega di Pantianicco, far bella mostra di sé tra le pagine di una rivista che riporta l’immagine della vetrina di uno dei negozi più prestigiosi di Doha in Qatar. Oppure esposta al salone del mobile di lusso. O sui cataloghi che vanno poi in ogni dove. Anche se Loredana i suoi manufatti non li firma. «Firmo unicamente quello che creo per donare alle amiche, ma solo perché sono state loro a chiedere di avere il mio nome impresso sulle sciarpe, convincendomi a far stampare etichette. In questo sono proprio un’artigiana atipica: non vendo a privati, solo regalo!».

La fase iniziale del lavoro, spiega, è quella più impegnativa perché è dedicata al caricamento del telaio; operazione che richiede anche 2/3 ore per posizionare ad uno ad uno, ben allineati, i fili – spesso si supera il centinaio – nel posto giusto e con la tensione ottimale.

Passaggio che Loredana, fino a qualche tempo fa, spesso eseguiva con il prezioso supporto dello zio Eno, quasi novantenne, mancato da qualche tempo, a cui si deve più di qualche miglioria apportata con maestria ai telai della nipote. «Era orgoglioso di darmi una mano». Così come lo è mamma Maria, 85 anni, che ogni tanto fa un salto in laboratorio per assistere la figlia nella fase iniziale della tessitura, soprattutto quando le consegne incombono.

 

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