Università di Udine: proiezione sul futuro e patto territoriale

L’ateneo del Friuli è chiamato a ripensare il suo ruolo nella collettività. L’elezione del nuovo rettore è un’occasione per mettere a frutto visione e capacità di rilancio

Paolo MosanghiniPaolo Mosanghini
Palazzo Florio, sede del rettorato
Palazzo Florio, sede del rettorato

Quale sarà l’università del futuro? Consapevoli che il domani è influenzato da aspettative individuali e sfide globali, che spaziano dal progresso tecnologico ai cambiamenti climatici, dalle dinamiche sociali alla crescente interconnessione mondiale, a Udine ci si prepara all’elezione del nuovo inquilino di palazzo Florio.

E allora partiamo dalle radici di questa università, per ricordare a chi non c’era che è l’unico ateneo italiano istituito per volontà popolare. Era il 1976, e dopo il terremoto, i friulani e le istituzioni locali si mobilitarono per raccogliere le firme necessarie (almeno 50 mila) per una proposta di legge di iniziativa popolare per chiedere la nascita di un’università in Friuli. Le firme furono ben 125 mila, molte delle quali raccolte nelle tendopoli post sisma.

Università di Udine, è una sfida a due tra Montanari e Fusco

I friulani dimostravano la volontà di scommettere sul proprio futuro partendo dall’alta formazione, dalla conoscenza, dai giovani.

Altri tempi. Sì, certo. Ed è proprio perché il mondo è radicalmente cambiato, è sempre più globale e in continuo mutamento, che l’università del Friuli è chiamata a ripensare il suo ruolo nella collettività. L’elezione del nuovo rettore è un’occasione per mettere a frutto visione e capacità di rilancio, tenendo conto della società che non è più la stessa, del calo demografico che ha come conseguenza una riduzione notevole degli iscritti, della competizione con gli altri atenei e con le università telematiche che minano i corsi tradizionali, della riduzione dei fondi pubblici statali che finisce per gravare sulle casse e sui bilanci che già scontano uno storico sottofinanziamento che mai ha trovato risposte concrete a Roma (e per l’ultimo bilancio si è attinto alle riserve accantonate).

Angelo Montanari e Fabiana Fusco, i due candidati al ruolo di rettore dell’università di Udine
Angelo Montanari e Fabiana Fusco, i due candidati al ruolo di rettore dell’università di Udine

Un’università nata dal territorio e pretesa dalla popolazione conserva un obbligo morale con la storia, ma per mantenere il suo ruolo non può camminare avulsa dal contesto mondiale in costante evoluzione.

Di internazionalizzazione e di cooperazione parlano anche i due candidati nei loro programmi: Fabiana Fusco (direttrice del Dipartimento di lingue e letterature) e Angelo Montanari (docente di informatica e delegato del Centro di Pordenone).

La sfida non è soltanto con il mondo accademico, ma passa anche dagli Its che offrono alle aziende del Friuli personale formato e subito spendibile nel mondo del lavoro, come peraltro richiesto.

L’università, dunque, come ente capace di ascoltare e interpretare le richieste di Udine, Pordenone, Gorizia e farsi promotrice di proposte e percorsi per le future figure professionali: è questo indubbiamente un aspetto dal quale non si può prescindere. Infatti, oggi c’è “fame” di preparazione eccellente.

Cresce il numero degli studenti internazionali, milioni di ragazzi dal loro paese di origine vanno e andranno a studiare all’estero. Dobbiamo però essere sinceri e chiederci se un ateneo piccolo come il nostro avrà la capacità di attrarre i migranti della laurea.

Viste le competizioni che accomunano gli atenei (soprattutto l’inverno demografico) come si può uscire da logiche di contrapposizione per uno sforzo comune in una regione piccola come la nostra?

Nel 2008, l’allora assessore regionale all’università Alessia Rosolen propose una Fondazione tra gli atenei. L’idea naufragò in un mare di polemiche. I tempi allora non erano maturi e ancora all’orizzonte non vi erano le crepe nel sistema che poi si sono fatte più profonde. Adesso quei tempi sono forse anche superati.

Arrivò la legge regionale 2 con la quale la Regione «dispone la semplificazione e la razionalizzazione dei finanziamenti del sistema universitario regionale, al fine di promuoverne e sostenerne l’eccellenza e la competitività».

L’obiettivo era aumentare la capacità di attrarre risorse finanziarie non regionali e favorire il miglioramento delle prestazioni da parte del sistema universitario regionale; premiare le eccellenze valutate in base a criteri riconosciuti a livello internazionale; incentivare le iniziative congiunte; allargare la competitività del sistema universitario regionale.

Sarebbe interessante verificare con tutta onestà fino a che punto sia stato realizzato questo programma e quali obiettivi siano stati raggiunti.

Si rendono necessarie, per la sopravvivenza del sistema, forme di collaborazione molto più puntuali, un rafforzamento delle eccellenze e un potenziamento di ricerca teorica e applicata per guardare al mondo e nel contempo capire e anticipare le richieste del territorio.

L’università del futuro – che è già oggi – deve essere capace di incidere con proposte elevate e non polverizzate, deve essere coraggiosa e rafforzare la collaborazione con gli altri atenei, stringere un patto moderno di sopravvivenza con il territorio. Alzando lo sguardo con caparbietà si può evitare di correre il rischio di rimanere schiacciati nelle solite logiche sterili e poco lungimiranti.

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