Va in hotel e trova il trans: processato un funzionario pubblico

Denunciato per furto di un telefono e una fotocamera dopo l’incontro piccante programmato e interrotto. Storia di sms, promesse di bonifici e rivalse. Ieri la prima, affollata udienza

PORDENONE. Un cellulare e una telecamera rubate in una stanza di hotel, a Pordenone, un transessuale che denuncia un funzionario pubblico, additandolo come il responsabile del furto. Udienza “imbarazzante” (e a dir la verità aula più affollata del solito) ieri a palazzo di giustizia di Pordenone. Chiamato a deporre, infatti, è stato proprio l’imputato, che, suo malgrado, per difendersi ha dovuto raccontare per filo e per segno quel pomeriggio piccante nella Destra Tagliamento.

La disavventura del nostro, ripercorsa ieri mattina davanti al giudice monocratico del tribunale cittadino Monica Biasutti, è datata 30 ottobre 2010. Quel giorno il 48enne, di professione funzionario pubblico a Trieste, aveva concordato un appuntamento con una signorina a tempo.

L’aveva contattata attraverso un sito internet di incontri particolari. Aveva fissato l’appuntamento, a Pordenone, in un hotel nel quartiere nord. Era stata concordata anche la tariffa.

Il funzionario – ieri assistito dall’avvocato Roberto Mantello –: si era presentato nel luogo concordato, dove ad aprire la porta della camera era stata una signorina dai capelli «biondi ramati». Sul prosieguo dell’appuntamento vi sono due versioni diverse, quella del cliente e quella della denunciante.

Partiamo dalla prima, quella raccontata dal funzionario. Ha raccontato di quell’incontro particolare, di quando è stato accolto dalla signora in camera. Concordato il da farsi, si è presentato, a suo dire, subito l’inghippo.

Una volta rimasta senza veli, la signorina si è presentata per quello che era davvero: un trans, alias Mademoiselle Jolie. Questo, il funzionario, non se l’aspettava tanto che, ancora il suo racconto, ha precipitosamente guadagnato l’uscita, senza pagare il conto.

La versione di lei/lui diverge proprio qua. Dice ai carabinieri di Pordenone, che all’epoca avevano raccolto la denuncia (ieri sono stati sentiti come testimoni anche loro) che il rapporto c’è stato e che il cliente, mentre lei/lui si faceva la doccia, era fuggito con uno dei suoi due cellulari di colore rosa e una fotocamera digitale della Panasonic. Avrebbe tempestato di messaggi il funzionario, invitandolo a restituirgli il maltolto.

«Non è vero – ha ribattuto questo – tanto che, stanco di ricevere suoi sms, gli ho persino proposto di dirmi dove effettuare un bonifico e farla finita con questa storia. Un amico poliziotto mi ha consigliato di cambiare utenza».

Ma “Angelica”, questo il nome d’arte di un 32enne di origini pugliesi, residente a Milano e in quel periodo in transito, per motivi di “lavoro”, a Pordenone, va al sodo: «Io ti denuncio», e così fece: «Ho provato a chiamarlo molte volte, ma è sparito, non mi risponde e ha il mio cellulare e la mia fotocamera». I carabinieri hanno prodotto i tabulati delle telefonate.

Il giudice ha revocato la convocazione di “Angelica”, ritenendo sufficienti le dichiarazioni già a verbale e ha rinviato l’udienza a gennaio del prossimo anno per la sentenza.

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