Va in pensione: «Aiutate i poveri»

L’insegnante di religione Enrico Moro ai colleghi: «Non spendete i soldi per il regalo»

«Non voglio regali: siate generosi con i poveri dell,a città». Liquida i formalismi con 150 colleghi di scuola e va in pensione nell’Itis Kennedy: il professore di religione Enrico Moro supera la boa dei 40 anni in cattedra. «Insegnare religione è stata una scelta di vita forte – ha ricordato il professore che riusciva a tenere in classe anche i ragazzi che non si avvalgono dell’ora di cattolicità –. È importante essere autentici con gli studenti e non affossare in teorie la realtà dei problemi». La sua didattica in sintesi?

«Motivare al massimo gli studenti, perché scelgano la nostra materia e l’impegno al dialogo, alla formazione ai valori universali è una costante – è stata la formula di Moro –. Il 10% medio nell’Itis Kennedy non opta per l’ora di religione, ma i ragazzi restavano quasi tutti in classe con me».

La soddisfazione?

«Quando gli ex-studenti tornano a trovarti – è un docente amato Moro –. Oppure i ragazzi ti eleggono a consigliere etico: hanno fiducia. E anche le loro scelte al volontariato. Negli anni di militanza nella protezione civile, abbiamo creato un gruppo di volontari straordinario nel Kennedy».

Il dopo scuola come sarà?

«Pochi giovani scelgono la carriera. Secondo me l’insegnante di religione non deve guardare mai l’orologio: non si fanno conti sulla missione umana. Con la pensione mi dedicherò con maggiore libertà al volontariato: per gli alcolisti anonimi ci sono diversi progetti avviati».

Insegnare religione non è sempre facile?

«Solidarietà piena ai colleghi supplenti che sopravvivono con mille 200 euro al mese. Lo Stato deve riconoscere salari dignitosi alla classe docente. Cerchiamo di fare un fronte comune senza distinzione di cattedre: la strategia della condivisione e del confronto sempre aperto, è quella vincente».

Un ricordo di ex volontario nella protezione civile?

«Abbiamo portato a spalla 291 bare nel cimitero dell’Aquila nel 2009. Uno strazio e un dramma che non si dimentica, quello vissuto con i terremotati, in Abruzzo. Un dramma di tutta la popolazione dell’Aquila: rimasta senza casa e senza scuole».©RIPRODUZIONE RISERVATA

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