Valutazione del rischio, nessun documento per la chiesetta di Santa Chiara dove è morta la piccola Penelope
La bimba è morta schiacciata dall’acquasantiera durante il catechismo: aveva 7 anni. In tribunale una nuova udienza
UDINE. La chiesetta di Santa Chiara – dove il 21 novembre 2019 Penelope Cossaro, 7 anni, ha perso la vita travolta da un’acquasantiera – non era stata inserita nel Documento di valutazione dei rischi (Dvr) e dunque non era soggetta alle prescrizioni previste per gli altri spazi dell’Educandato Uccellis e, in generale, per i luoghi di lavoro.
E proprio il mancato inserimento dell’edificio nel Dvr è una delle contestazioni che ha spinto la pm titolare del fascicolo d’indagine, Lucia Terzariol, a chiedere il rinvio a giudizio per Anna Maria Zilli, dirigente scolastica dell’Uccellis, a processo per la morte della piccina assieme a padre Ioan Marginean Cocis, direttore spirituale dell’Educandato, che quel giorno aveva deciso di svolgere nella chiesa la lezione di catechismo, entrambi accusati di omicidio colposo per la morte della piccola.
A confermare la lacuna è stato davanti al giudice monocratico Daniele Faleschini Barnaba l’allora direttore amministrativo dell’istituto, Gianfranco Tonetti, che rispondendo alle domande del pubblico ministero e dei difensori degli imputati (gli avvocati Giancarlo Mariniello e Stefano Buonocore per Zilli, l’avvocato Carlotta Campeis per padre Marginean), ha spiegato di «aver caldeggiato ai dirigenti che hanno preceduto Zilli l’inserimento della chiesa nel Documento di valutazione dei rischi, se non altro considerando che vi avevano accesso i dipendenti che si occupavano della pulizia dell’edificio religioso». Tonetti ha riferito di aver interpellato sulla questione anche il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e quello per la sicurezza.
L’ex direttore amministrativo ha inoltre riferito di non essere stato a conoscenza, in quel drammatico 21 novembre di cinque anni fa, del cambio di sede per la lezione di catechismo, che si sarebbe dovuta svolgere come sempre nella sede del Mander, in via Deciani, dove era stata appositamente allestita un’aula con dieci postazioni, nella classe prima utilizzata per l’insegnamento del cinese.
Sulla gestione degli accessi alla chiesetta e in particolare sulla prassi di ritiro e consegna delle chiavi dei locali sono stati sentiti gli addetti alla portineria che erano in servizio nei giorni della tragedia. I quattro, tutti testimoni del pubblico ministero, hanno spiegato come il protocollo non scritto volesse che le richieste non ordinarie di utilizzo degli spazi del complesso dell’Uccellis venissero vagliate da dirigente scolastico e dirigente amministrativo: una volta ottenuto il placet, i docenti erano chiamati a firmare una sorta di registro di ritiro e consegna delle chiavi. Cosa che non sarebbe accaduta il giorno dell’incidente.
La prossima udienza è fissata per il 12 marzo, quando saranno sentiti gli ultimi testi citati dall’accusa. In aula erano presenti sia padre Ioan che Zilli, seduta a pochi metri dai familiari di Penelope, che hanno deciso di non costituirsi parte civile nel processo penale.
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