Vasco e i canti dei giovani per l’ultima corsa di Rudy LE FOTO
MORUZZO. Il rombo di decine di motociclette ha accompagnato l’arrivo nella chiesa parrocchiale di Santa Margherita del Gruagno della salma di Rudy Puppo, lo stesso rombo che lo ha salutato a cerimonia funebre conclusa.
Un breve rito da motociclisti prima che la funzione iniziasse, la musica di Vasco Rossi, la bara di Rudy in mezzo alle moto degli amici, un applauso, breve, intenso. I compagni di sempre se lo sono caricato sulle spalle e lo hanno portato in cima alla scalinata della chiesa, e quindi davanti all'altare, mentre il numero di chi ieri pomeriggio era a Santa Margherita per salutarlo aumentava sempre più. I volti segnati dal dolore, delle sorelle, della mamma e del papà, quello intenso e forse ancora incredulo della giovane fidanzata, la chiesa piena, il coro dei giovani che canta inni gioiosi, perché Rudy era un ragazzo di 25 anni.
La vita terrena del ragazzo di Torreano di Martignacco si è conclusa in sella a una motocicletta in una sera di primavera, martedì a Fagagna. Lo scontro tremendo, inevitabile, con un’automobile e per lui non c'è stato nulla da fare. «Una tragedia inaccettabile», ha detto ad inizio funzione il parroco di Santa Margherita don Ernesto Balzarin, che all’omelia ha poi tuonato, come i motori delle due ruote sul sagrato della chiesa, premettendo che la sua omelia avrebbe avuto passaggi duri, spigolosi: «Le regole - ha detto don Ernesto - vanno sempre rispettate.
Per tutti e ripeto per tutti: il rispetto delle regole è rispetto per la vita. Lo dico con un filo di voce... Essere prudenti non basta, dobbiamo essere attenti, sempre vigilanti. Se tutti pensassimo seriamente a tornare a casa per un amore che ci aspetta, quanta pazienza avremmo in più sulla strada! Le moto, le auto, le biciclette sono mezzi che dobbiamo utilizzare per muoverci, che ci permettono di muoverci. Non devono servire per manifestazioni... Ci servono per fare tante cose, ma non tutte». Un brusio ha percorso le navate della chiesa, rimasta comunque silenziosa e attenta.
Lo ha chiamato «fratello Rudy», il parroco, e gli ha rivolto una preghiera, parlandogli direttamente: «Siamo qui per salutarti e per alcune raccomandazioni reciproche e fraterne. Tutto questo è incomprensibile, non è logico e poi perché? Perché proprio a lui? Così entrano in noi la sfiducia, lo scoramento, la rabbia e la disperazione. Non è comprensibile per l'uomo, non è accettabile. Leggevo i pensieri degli amici, dei parenti: non voglio dirti addio, è troppo presto... Ma “addio” non si dice mai a chi si ama. L’amore è più forte della morte e resiste, perché l'amore è una potenza che nessuno può distruggere se è amore vero. Rudy sei, non sei stato, ma sei un giovane buono, gioioso, entusiasta e tutte queste qualità ci accompagnino nel cammino. Richiamaci alla gioia, ricordaci la tua bontà, fai che la tua bontà ci proietti nel futuro. Grazie Rudy per tutto questo».
Al termine del rito, una lettera, una serie di pensieri letti da un bambino: «Non vedremo più il tuo sorriso... Mandi Rudy». Un applauso, quindi, ha rotto il pianto e il silenzio, mentre al suono delle campane la bara di legno chiaro con i fiori bianchi e gialli lasciava la chiesa. Fuori, ai piedi della scalinata, di nuovo il saluto dei suoi amici sulle moto e la processione verso il cimitero.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto