Veneto banca, è doccia fredda: un miliardo in più non basta

UDINE. Senza l’aumento di capitale per Veneto Banca il dissesto sarebbe inevitabile. Ma la soglia del miliardo potrebbe non bastare.
A scriverlo nero su bianco è lo stesso istituto nella nota informativa che segnala un incremento delle perdite, un andamento dell’attività in flessione, una crescita degli accantonamenti per contenziosi con i clienti e per le sanzioni di Bankitalia e Bce.
Lo stato di salute dell’istituto di Montebelluna è noto, ma il vederlo riportato nelle prime 10 righe del prospetto informativo dedicato ai potenziali investitori interessati all’aumento di capitale da 1 miliardo di euro, fa comunque un certo effetto.
«Qualora l’offerta globale non fosse portata a compimento, l’emittente - si legge nel documento - non sarebbe in grado di colmare il deficit di capitale in misura sufficiente a ripristinare i coefficienti patrimoniali ai livelli richiesti dalla Bce e potrebbe trovarsi in una situazione di crisi o di dissesto».
L’aumento di capitale, che di fatto inizia oggi con l’offerta riservata ai soci attuali, e la quotazione in Borsa «rientrano nel progetto sottoposto alla Bce necessario per ripristinare i requisiti patrimoniali di Veneto Banca» che a oggi non risultano rispettati. L’aumento di capitale, dunque, consentirà di recuperare i requisiti patrimoniale «con un limitato margine aggiuntivo, pari a circa 170 milioni».
E l’ingresso di denaro fresco potrebbe ancora non bastare. Veneto Banca «potrebbe tornare a presentare requisiti prudenziali inferiori a quelli richiesti - spiega ancora la nota -. anche in tempi prossimi alla conclusione dell’offerta». E ciò potrebbe accadere «dalla sopravvenienza di fattori quali il peggioramento della qualità dei crediti, un deterioramento degli attivi l’aumento del contenzioso» ma anche a seguito di ulteriori richieste provenienti dall’Autorità di vigilanza.
Accantonamenti e contenziosi rappresentano di per sè un bagaglio pesante, che viene aggravato dall’andamento dell’attività. Oltre agli ultimi tre esercizi chiusi in perdita, anche il primo trimestre 2016 non è andato bene, con un risultato «peggiore - ammette Veneto Banca - rispetto agli istituti comparabili».
L’istituto segnala poi che «non ci sono i presupposti per la distribuzione di dividendi nè per l’esercizio 2016 nè per il 2017». L’indicatore di liquidità della banca a fine dell’anno scorso era al di sotto del limite regolamentare, condizione poi ripristinata ma nuovamente precipitata a maggio. I livelli regolamentari potranno essere raggiunti «solo ad esito dell’aumento di capitale».
Sempre il prospetto avverte che «il capitale circolante è insufficiente ai propri fabbisogni finanziari». E dunque se l’aumento di capitale non si realizzasse, Veneto Banca non avrebbe i flussi finanziari sufficienti «per coprire le esigenze connesse allo svolgimento dell’attività».
E ancora, nel 2015 la banca è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi da parte della Bce che ha rilevato una serie di criticità.
A fine marzo «è stato applicato un filtro prudenziale ai fondi propri pari a 290,7 milioni di euro» scrive l’istituto ammettendo che di non poter escludere in futuro l’applicazione di altri filtri. Peraltro la Bce potrebbe muovere ulteriori contestazioni e avviare procedimenti sanzionatori di cui, a oggi, non è possibile prevedere l’impatto.
A queste ispezioni si sommano quelle della Consob che ha mosso contestazioni a esponenti della banca ma anche a dipendenti ed ex dipendenti, del cui operato Veneto Banca è solidalmente responsabile. Altri accertamenti ispettivi, sull’istituto e sulle controllate, sono ancora in corso e il “conto” non è noto. Così come non lo è quello relativo agli azionisti e i clienti.
A fine marzo i reclami ricevuti da Veneto Banca provenivano da 2.457 soci per una richiesta di risarcimento complessiva per 174,7 milioni di euro.
Le principali contestazioni mosse riguardano «la mancata o non tempestiva esecuzione degli ordini di vendita delle azioni», la «disparità di trattamento degli azionisti nell’esecuzione degli ordini di vendita ed il mancato rispetto della cronologia nella ricezione delle disposizioni di disinvestimento» e, anche, «la concessione di finanziamenti per sopperire alle esigenze di liquidità conseguenti alla mancata vendita delle azioni Veneto Banca».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto