Via libera dal Csm: il pm Raffaele Tito va a Pordenone

PORDENONE. In fondo in fondo, anche se un po’sottovoce, se lo chiedono tutti: «Ma che Tito sarà, quello che arriverà a giorni alla guida dei giudici d’accusa della procura di Pordenone? Il pm d’assalto di mani pulite che abbiamo conosciuto o un saggio e compito procuratore capo? ».
Da mercoledì è finito il tempo delle congetture. L’interessato può rispondere a tutti gli effetti di persona, perché il plenum del consiglio superiore della magistratura ha dato il via libera all’incarico conferitogli lo scorso 7 marzo dalla quinta commissione del medesimo organismo giudiziario.
«La notizia mi è arrivata all’ora di pranzo – conferma lui – e devo dire che mi ha molto emozionato». Già, ma tornando al punto, che Tito sarà? «Come si fa a dirlo subito, ancor prima di scendere in campo e giocare la partita? ». Ma noi insistiamo e così, nel rispetto della metafora calcistica, ecco la chiosa: «Non sarò più un giocatore, ma l’allenatore».
Certo se un fuoriclasse decide le partite, il “mister”, dalla panchina, è colui che dà l’indirizzo alla squadra. A naso, dunque, lo schema di gioco, al di là degli interpreti, non dovrebbe cambiare più di tanto, ma chi vivrà vedrà, e senza nemmeno attendere più di tanto.
Domani, infatti, Tito incontrerà il procuratore generale Dario Grohman e in quella sede sarà deciso il calendario che culminerà con il suo insediamento a capo dei magistrati della procura. La sensazione è che i tempi tecnici, in base ai quali l’ex procuratore aggiunto di Udine si sarebbe dovuto insediare tra circa due mesi, potrebbero essere accorciati di molto.
Al vaglio, in particolare, ci sarebbe un’applicazione a Pordenone già nel giro di una decina di giorni, con il duplice risultato di riprendere confidenza con l’ambiente e di sanare una lacuna, l’assenza del procuratore capo, a cui i validi sostituti in servizio a Pordenone hanno dovuto sopperire negli ultimi, lunghi mesi. Raffaele Tito, 60 anni, goriziano, viene dalla guardia di finanza, dove per una decina d’anni ha prestato servizio chiudendo questo capitolo della sua carriera professionale da capitano.
Poi l’ingresso in magistratura, quattro anni da pretore a San Vito e l’arrivo del 1991 a Pordenone, con i cinque anni che sono entrati nella storia giudiziaria del Friuli occidentale, grazie a una serie di arresti, avvisi di garanzia, richieste di autorizzazioni a procedere nei confronti dei parlamentari dell’epoca che hanno contribuito a scoperchiare un sistema di potere in cui allignavano, come nel resto della penisola, casi di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti.
Tanto fece Tito che nel 1993 ottenne la chiamata del pool di mani pulite di Borrelli e Di Pietro. Poi, dal 1994 al 1996, il ritorno a Pordenone, seguito dalle esperienze nell’Antimafia a Trieste e da procuratore aggiunto di Udine.
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