Viaggio nei borghi dimenticati del Friuli: Picon e Cernizza

Sono disabitati. Nel primo troviamo Elisa, la giovane che si gode dal terrazzo la vecchia casa di papà. Nel secondo Antonietta che ricorda: «Quanto erano famosi le susine e lo slivoviz di qui»

UDINE. Continua il viaggio di Dario Zampa nei borghi dimenticati e belli del nostro Friuli. Stavolta tocca a Picon e Cernizza, nelle valli del Natisone, frazioni di San Leonardo.

Picon

A Picon non c’è più nessuno. Questa piccola borgata si trova a metà strada fra Cemur e Castelmonte.

Una volta, almeno, esisteva un sentiero che portava direttamente al santuario mariano e il paesino era meta di pellegrini.

Infatti risulta ci fosse un ristoro, una specie di frasca.

Mentre percorrevo la stradina del borgo, una voce femminile ha rotto il silenzio: «Cerca qualcuno?». Era Elisa Piccaro, una giovane che dal terrazzo di una bella casa ristrutturata mi ha invitato ad entrare...

«Da poco ho intrapreso l’attività di fotografa – mi ha confidato – e spesso vengo quassù, nella casa dei miei, munita di telefonino e computer per concentrarmi nel lavoro. Qui si sta benissimo. C’è un microclima eccezionale! D’estate c’è un bel fresco e d’inverno sono tre gradi in più della valle. So che qui si produceva frutta e persino uva che veniva regolarmente veniva smerciata a Castelmonte...».

Grazie Elisa!

Cernizza

Anche il borgo di Cernizza è completamente disabitato. Bisogna avere la pazienza di aspettare qualcuno che passi da queste parti per vedere un’anima viva e... Miracolo!

Una signora che attraversa la strada. É Antonietta Tusgnach che da Dolegna è giunta fin quassù per una salutare passeggiata. Conosce molto bene questa borgata...

«Ricordo che negli anni Cinquanta – ci spiega – qui c’erano due frasche e un orologiaio, abile fisarmonicista e autore di musiche popolari».

«Erano famose le susine di Cernizza, e naturalmente lo slivoviz, che qui si producevano in grande quantità. Le portavano giù a spalla per l’unica mulattiera per venderle».

«Prima ancora non c’era neanche la mulattiera ma una specie di teleferica che veniva usata per portare a valle il latte e riportare alimenti. La gente di quassù – conclude – non ha mai scelto di emigrare all’estero, come successo per altri paesi, ma gran parte si è trasferita a Cividale e dintorni».

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