Viale conteso, la spunta l’architetto Pirzio Biroli

Il viale di accesso alle loro proprietà stava cambiando aspetto e lui, per impedire che i lavori in corso finissero per stravolgere l’impronta storica originaria dell’antico complesso Savorgnan di Brazzà, a Brazzacco, non aveva esitato a contattare la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. Era il 2014 e da quella segnalazione scaturì l’ennesima baruffa tra gli eredi Pirzio Biroli. Dal lungo contenzioso amministrativo che ne seguì, all’esito di oltre quattro anni di battaglie legali, a spuntarla è stato proprio lui: l’architetto Roberto, che a 77 anni e dopo tante battaglie in difesa dei castelli dell’alto medioevo in regione, domenica correrà per le Comunali di Dignano, nella lista guidata dal blogger Gianfranco Leonarduzzi.
Un punto a suo favore, quindi, nelle alterne vicende della querelle familiare che, mercoledì, lo aveva visto invece incassare una condanna a tre mesi di reclusione (sospesa con la condizionale) per la violenza privata di cui era stato chiamato a rispondere, a seguito di una denuncia presentata dal fratello Corrado, 78 anni, diplomatico, nel corso di quello stesso 2014, per gli ostacoli frapposti ai lavori di ristrutturazione della villa Pirzio Biroli (assegnata al fratello).
Era stato Corrado Pirzio Biroli, assistito dagli avvocati Luca Zema e Giuseppe Sbisà, ad azionare la vertenza davanti al Tar del Friuli Venezia Giulia, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti con cui la Soprintendenza aveva sospeso i lavori di rifacimento delle linee di acqua e gas, per asserite «difformità» rispetto al progetto autorizzato, e ordinato la rimozione di quelle già eseguite. Difeso dall’avvocato Franco Giunchi, Roberto si era costituito a propria volta in giudizio, deciso a garantire il rispetto del progetto e, con esso, del contesto storico ed “estetico” del viale. Ai funzionari della Soprintendenza, infatti, era bastata una ricognizione visiva per accertare che la pavimentazione in acciottolato, in corrispondenza con le canalette di scolo, era stata realizzata su quote modificate rispetto all’originale e su fondo in calcestruzzo, invece che in “gola a terra”, come da progetto.
Il Tar prima e il Consiglio di Stato poi, forti delle rispettive consulenze, hanno riconosciuto «l’alterazione del profilo del viale di accesso, che da “a schiena di cavallo”, diventa piatto» ed evidenziato la conseguente modifica «del prospetto settecentesco vincolato» e gli «inconvenienti idraulici» a essa collegati. Giudicati infondati, il ricorso e il successivo appello sono stati quindi respinti. —
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