Violenza sessuale, medico assolto ma resta l’accusa di sequestro

Un anno al radiologo Tajariol e 8 mesi all’ex compagno della vittima. Pena sospesa, si andrà in appello. Le difese: «Avevano trattenuto la donna, con gravi problemi di alcolismo, per tutelarne la salute»

PORDENONE. Nell’ottobre 2012 era finito agli arresti domiciliari per sequestro di persona e violenza sessuale, ordinanza poi annullata da tribunale del Riesame e Cassazione.

Presunta vittima una sua ex collaboratrice che per l’accusa, una sera dell’agosto 2011, era stata narcotizzata nello studio del medico e poi portata in un albergo di Fontanafredda, dove sarebbero avvenuti gli abusi e dove si era risvegliata la mattina dopo, in stato confusionale. Ieri, dopo sei anni, la sentenza del Gip Roberta Bolzoni (rito abbreviato): il radiologo pordenonese Beniamino Tajariol, difeso dall’avvocato Aldo Masserut e all’epoca titolare della Sanitas, è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale e dalla contestuale accusa di somministrazione di sostanze psicoattive (per entrambi i reati assoluzione perché il fatto non sussiste). Per l’accusa di sequestro di persona condanna a un anno.

Otto mesi, per concorso in sequestro, a C.P., ex compagno della donna, di cui pubblichiamo solo le iniziali per non rendere identificabile la vittima. Per entrambi pena sospesa. C.P. era difeso dagli avvocati Eleonora Campanella e Francesco Fortunato. Avvocati di parte civile Laura Ferretti e Luca Fiorido. Per Tajariol il pm Pier Umberto Vallerin aveva chiesto la condanna a 8 anni, mentre per C.P., imputato per concorso in sequestro e non per violenza, a 6 mesi.

Secondo la ricostruzione difensiva i due, quella sera di agosto del 2011, avevano agito in perfetta buona fede, accompagnando la donna nello studio e trattenendola temporaneamente solo per salvaguardarne l’incolumità viste le sue precarie condizioni. Poi era stata accompagnata in hotel per consentirle di riposare qualche ora. La donna, alla quale C.P era all’epoca ancora sentimentalmente legato, soffriva infatti in quel periodo di gravi problemi di alcolismo, al punto da trovarsi in certi momenti in uno stato confusionale che le impediva di badare a se stessa e nella necessità di ricorrere a cure mediche.

Gli avvocati dei due imputati hanno già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, ritenendo che possa essere pienamente riconosciuta l’innocenza anche in merito all’accusa di sequestro.

«Lei aveva bisogno di cure, ed era già successo che, in stato confusionale, uscisse e vagasse per le strade esponendosi così a dei rischi – ha sottolineato ieri Masserut nel commentare la sentenza –. Ecco perché, quella sera, il medico aveva ritenuto indispensabile trattenerla per un breve periodo nello studio prima di accompagnarla in albergo per farla riposare».

«Quanto all’accusa di un successivo abuso – ha osservato il legale –, già in fase di riesame erano emersi forti dubbi sull’attendibilità della parte offesa. La sentenza riconosce che non c’è stata alcuna violenza, ma allora a cosa era finalizzato il presunto sequestro? Anche per questo impugneremo con fiducia la sentenza in appello».

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