Vita da autista: alla guida tra baby gang, aggressioni e doppi turni

I racconti e le richieste di alcuni dipendenti di Arriva Udine: «Per frenare le azioni delle bande giovanili servono cabine chiuse e provvedimenti nei confronti di chi è violento o fa danni»

Anna Rosso
Udine 28 Gennaio 2024. Autobus N 2 in notturna. © Foto Petrussi
Udine 28 Gennaio 2024. Autobus N 2 in notturna. © Foto Petrussi

UDINE. «Un posto ai tavoli istituzionali in cui si discute di sicurezza nel trasporto pubblico; il riconoscimento dell’associazione sindacale da parte di Arriva Udine; risorse per realizzare cabine di guida completamente chiuse e sicure e, soprattutto, una presa di coscienza da parte di tutti gli attori, Comune compreso, del fatto che non è possibile guidare in quelle condizioni».

Queste le richieste degli appartenenti al direttivo Asi Au, l’associazione sindacale indipendente di Arriva Udine, che hanno raccontato le difficoltà quotidiane di un mestiere, quello di autista che, per un complesso insieme di ragioni, diventa sempre più faticoso e pericoloso.

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L’interno di un bus urbano e, sotto, i sistemi di sicurezza: cabina semichiusa e telecamere (foto Petrussi)

Baby gang

Il problema della sicurezza sui mezzi pubblici è finito sotto i riflettori dopo ripetuti fatti di violenza commessi – stando ai primi accertamenti della polizia – ad opera di gruppi di giovanissimi.

Solo per citare gli episodi più recenti, nel week-end della scorsa settimana un controllore è stato picchiato al Città Fiera, mentre lo stesso giorno, in viale Ledra, alcuni ragazzi hanno forzato le porte di un bus della Linea 2.

Da sinistra: Claudio Caporale, Enrico Marcuzzi e Adriano Coriola
Da sinistra: Claudio Caporale, Enrico Marcuzzi e Adriano Coriola

Aggressioni

«Sono uno degli autisti aggrediti nell’ultimo anno – racconta Enrico Marcuzzi –: la scorsa estate ero sulla linea 2, un minorenne straniero teneva aperte le porte. Gli ho chiesto gentilmente di smetterla perché dovevo ripartire e, come risposta, mi ha dato un pugno in pieno viso, lacerandomi completamente il labbro. Sono caduto a terra e ho quasi perso i sensi. Questi eventi non sono isolati, sono quasi quotidiani. Solo i più eclatanti arrivano ai giornali. La conseguenza è che uno va al lavoro con la paura e ciò non dovrebbe accadere».

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«Nel periodo del Covid sono stato aggredito anche io – Claudio Caporale –, all’epoca la mascherina era ancora obbligatoria e, quando ho chiesto di indossarla a un gruppetto di quattro ragazzini (la più giovane non aveva nemmeno 14 anni), hanno cercato di sfondare la porta della cabina di guida e io, per tenerla chiusa e per i colpi che arrivavano, ho riportato seri traumi alla spalla e al collo, con una prognosi di oltre un mese. Ho fatto denuncia, i ragazzini sono stati riconosciuti – quelli che erano imputabili – ed è seguito un processo. E in tutto questo purtroppo mi è mancato il sostegno dell’azienda».

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Bus extraurbani

«Le tratte extraurbane – spiega Adriano Coriola – durante la stagione invernale sono più tranquille, mentre sui pullman per Lignano e Grado la scorsa estate spesso ci sono stati problemi con gruppi di giovani che, evidentemente, pensano di poter fare quello che vogliono. Il peggio si vedeva durante le corse della domenica mattina, con i giovani di rientro dopo un sabato notte di bagordi. Lasciavano tantissime immondizie, smontavano pezzi di sedile, toglievano le tendine, fumavano stupefacenti, per non parlare delle aggressioni verbali a noi autisti che, su quei bus, purtroppo abbiamo postazioni completamente aperte. Le telecamere ci sono solo su una piccolissima percentuale di mezzi acquistati di recente. Infine, sui bus a due piani, spesso ci accorgiamo di quello che hanno fatto di sopra solo a fine servizio. C’è una telecamera, ma non sempre si riesce a rendersi conto, anche perché siamo ovviamente impegnati a guidare. Il vero problema, in sostanza, è che mancano i controlli e ognuno di noi deve arrangiarsi contando solo sulla sua esperienza e sulla sua capacità di mediazione e di gestione delle situazioni».

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Cabine chiuse

Gli autisti, nelle postazioni di guida aperte (come nella maggior parte dei pullman extraurbani) o nella cabine solo parzialmente chiuse si sentono alla mercé di chiunque. Possono venire colpiti mentre guidano e non hanno la possibilità di difendersi, come sottolinea Jgor Pontecorvo, autista da 36 anni: «Dovrei poter dire “Vado al lavoro tranquillo”, come ci andavo una volta, senza dovermi preoccupare. Invece ora non è più così. Ci vogliono, come diciamo da anni, le cabine completamente chiuse. Se non riusciamo a dare un freno adesso a questo fenomeno dei gruppi giovanili violenti che sembra solo all’inizio, credo che diventerà sempre più impegnativo col passare degli anni».

Da sinistra: Jgor Pontecorvo, Mario Tudisco e Marco Vatri
Da sinistra: Jgor Pontecorvo, Mario Tudisco e Marco Vatri

Sala operativa

«Il discorso della sala operativa di Arriva che, secondo quanto annunciato, dovrebbe trasmettere in diretta a polizia e carabinieri le immagini delle telecamere presenti sui mezzi – sottolinea Pontecorvo – credo sia un progetto per il futuro, in quanto adesso non mi risulta che ciò sia possibile, credo manchi anche un adeguato sistema di trasmissione dei dati. Per attuare tale progetto servirebbe anche più personale. E non dimentichiamo che le telecamere sono presenti quasi solo sui bus urbani e su pochissimi pullman extraurbani».

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Pulsante di emergenza

«Stesso discorso – sottolinea Caporale – per il “tasto d’emergenza”. Quando si preme, salva in automatico le immagini delle telecamere. Tuttavia, quando l’ho utilizzato io, nel momento in cui sono stato aggredito, non ho avuto alcun riscontro dall’azienda e ho dovuto chiamare i carabinieri. E, nel frattempo, quei ragazzi avevano continuato con le loro azioni violente».

Come di faceva prima

«Un tempo – ricorda Marco Vatri –, i verificatori dei titoli di viaggio, i controllori, erano autisti dipendenti dell’azienda di tpl con almeno 15 anni di esperienza. Quindi, tutte persone di almeno 35 anni. Ora l’azienda ha deciso di esternalizzare il servizio: se ne occupa una ditta che incarica ragazzi che spesso sono al primo impiego e che, anche per questo, forse non sono del tutto preparati ad affrontare certe situazioni. In passato, invece, funzionava bene la combinazione tra controllori esperti dipendenti dell’azienda di Tpl e la presenza sui mezzi della guardie giurate di un istituto di vigilanza che allora si chiamava Friulpol. Era una formula efficace, sarebbe il caso di rispolverarla».

L’aggressione
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Daspo per i violenti

«Credo che sarebbe utile prevedere una sorta di Daspo urbano – propone ancora Marcuzzi – per coloro che minacciano o aggrediscono chi, come noi e i controllori, svolge un pubblico servizio. Non si dovrebbe permettere a queste persone irrispettose di passarla liscia. Potrebbe essere un’efficace forma di dissuasione».

Ferie, turni e straordinari

«Un’altra criticità del nostro lavoro – sostiene ancora Marcuzzi – è rappresentata dalle scarsa possibilità di staccare dal lavoro. I turni durano 6 ore e 40 minuti/7 ore, ma molti colleghi ne fanno molte di più. Ma fare tutte queste ore in modo continuato nel circuito urbano è fisicamente e mentalmente pesante. C’è bisogno di staccare. Invece, quotidianamente, ci chiamano chiedendoci di continuare il turno. Ed è anche pericoloso perché, dopo tante ore, attenzione e riflessi possono diminuire».

Comitato dei lavoratori

Infine, gli appartenenti al direttivo di Asi Au chiedono di essere maggiormente ascoltati dalle istituzioni. «Sono positivi i tavoli di confronto in Prefettura per cercare di arginare il fenomeno – sottolinea Mario Tudisco –, ma dovrebbero svolgersi a cadenza fissa, coinvolgendo tutte le organizzazioni sindacali, nessuna esclusa. Inoltre, dovrebbero essere aperti anche a un piccolo comitato spontaneo di lavoratori, perché, alla fine, sono loro che si trovano in prima linea».

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