Vitalizi e privilegi, parla Alessandra Guerra: "Se lasci la politica ti trattano come un’appestata"

L'ex presidente della regione esce dal silenzio e attacca. Partendo dal vitalizio appena maturato:  "Non guardate ai miei 3.820 euro netti al mese ma ai compensi dei dirigenti delle società partecipate dalla Regione"
Udine 24-02-2011 convegno reti umane e tecnologiche Telefoto Copyright PFP
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Dopo l’articolo sul mio “scandaloso” vitalizio si sono verificati episodi spiacevoli scatenati da sentimenti di rabbia e risentimento (...). Ciò mi ha spinto a scrivere.

Innanzi tutto voglio precisare che il valore mensile netto (e non lordo) del mio vitalizio e di 3.820 euro ed è stabilito da una legge regionale. Non si tratta di una pensione. È un investimento che la normativa regionale mi ha imposto, sottraendolo ad una parte dello stipendio percepito per 15 anni. Questa opportunità è stata data ai consiglieri regionali sin dal lontano 1965. (...)

Ho percepito circa 6.120 euro netti di stipendio mensile per il mio lavoro di consigliere, di cui ho regolarmente versato al partito, senza mai mancare una volta in 15 anni (era la condizione per poter essere candidata), una cifra che va dai 2.000 ai 3.250 euro al mese a seconda dell’incarico assunto. A questi si sono sommate le spese per pagare chi, essendo io assente per intere giornate da casa, mi ha aiutata.

Sono stata consigliere regionale dai 29 anni ai 44. Anni centrali e importantissimi per mettere radici. Quando sono stata eletta la mia vita si stava impostando in tutt’altra direzione. Avevo vinto un concorso a cattedra per la scuola media e desideravo intraprendere la carriera universitaria. Mi ero laureata brillantemente (110 e lode con diritto di pubblicazione) e potevo permettermi di pensarci. L’ingresso in Regione mi costrinse a rinunciare all’insegnamento e alla pubblica amministrazione. Quei lunghi anni d’impegno, sommati al desiderio di famiglia e all’arrivo di due figlie, non mi permisero neppure di seguire le evoluzioni normative di quel mondo. La cattedra pertanto andò in fumo e l’università pure.

Quanto potrei guadagnare oggi se avessi seguito i miei progetti? Un docente universitario, a seconda del ruolo e dell’età, è pagato dai 1.820 agli 8.260 euro al mese e ha la pensione assicurata). Probabilmente almeno la stessa cifra del vitalizio, o forse di più. Avrei inoltre seguito da vicino l’impresa di famiglia (alla morte di mio padre, che per me fu una tragedia, ero presidente della Regione e quindi impossibilitata ad occuparmene).

Quanto guadagnerei oggi se l’avessi fatto? (Mio fratello allora ne assunse la guida e, nonostante una sorella così “ingombrante”, oggi quell’impresa non teme la crisi economica, funziona più che bene, ha creato nuovi posti di lavoro e, grazia all’etica e all’onestà insegnate da mio padre, i dipendenti di allora si sono messi in proprio gestendo alcuni rami della vecchia azienda e le nuove realtà imprenditoriali non sono diventate concorrenti. Ci sono amicizia e collaborazione). Da quell’impresa, insieme al lavoro onesto di mio marito (a cui devo le mie scuse, come le devo a mio fratello per aver ostacolato la carriera al primo e la prospettiva di lavoro con buona parte degli Enti pubblici al secondo), ho attinto in questi anni i soldi per vivere.

Perché non ho avuto altri redditi? Terminato l’impegno politico, non ha potuto reinserirmi nel settore in cui mi ero formata per una colpa terribile: l’essere stata presidente di Regione. Ho provato a rifare il mio mestiere: la scuola (giustamente, data la mia negligenza nel seguire le graduatorie), mi aveva messa tra i precari; le università di Udine e Trieste, dopo alcuni sporadici incarichi si sono sentite “sconsigliare” la mia collaborazione da parte dell’ambiente politico.

A Udine, nella mia università, è accaduto perfino di peggio: durante il corso di “Donne e politica” le donne del Pd, partito a cui ero e sono iscritta, mi hanno contestata fino ad impedirmi di svolgere serenamente il mio compito. Ho pure partecipato ad un concorso regionale che sembrava fatto su misura per la mia formazione. Avevo tutti i requisiti.

L’assessore regionale alla Cultura, per evitare di dovermi inserire nella rosa dei papabili, annullò l’intero concorso con un emendamento inserito all’ultimo momento in una legge “omnibus”. Una telefonata “politica” mi offrì quel posto, o altri ancor migliori, in cambio del mio rientro nel “sistema” (qualche mese dopo, il medesimo assessorato attribuì invece un incarico di pari livello ad un direttore senza laurea e formazione appropriata. L’opinione pubblica, però, non ne fu particolarmente turbata).

Uscita dall’inferno della politica, scrissi anche un libro autobiografico in cui, in anticipo di 4 anni rispetto alla fine del “regno” berlusconiano, raccontai i retroscena di quel mondo. Lo feci con prudenza, non potendo permettermi avvocati potenti per un’eventuale denuncia. Per logica mi rivolsi agli “oppositori” di quel sistema, agli editori di centrosinistra. Nulla. Lo pubblicò invece un piccolo editore libero di Messina (...), presentatomi da un amico vero, pure lui siciliano.

A queste vicende si sono poi aggiunte le multe pagate per il Tfr (ben 72.000 euro, dovute ad un presunto errore di interpretazione normativa da parte dell’Ufficio delle entrate di Trieste). Come si può dunque dedurre, in quegli anni non sono certo diventata milionaria.

I vitalizi come il mio furono a suo tempo concepiti da un Parlamento che desiderava permettere a chi rivestiva una carica pubblica per un certo periodo, di reinserirsi dignitosamente nella società, senza continuare a dipendere dai partiti. Non aveva certo pensato che sarebbero stati gonfiati a dismisura. I miei 3.822 euro, dopo 15 anni di servizio e la rinuncia alla pensione proveniente dalla scuola, sono nulla rispetto ai 10, 20 mila euro che percepiscono troppi ex politici. Il mio vitalizio non si somma ad altri di provenienza pubblica. Se vi rinunciassi, rimarrei senza pensione. L’anticipo a 50 anni inoltre, non è un privilegio e ne prevede una decurtazione del 20% .

Ma…. a quanto ammontano invece gli stipendi e le pensioni in altri settori considerati privilegiati? Nella pubblica amministrazione un direttore prende dai 4.000 ai 10.000 euro al mese. Un tempo formazione ed esperienza contavano tantissimo. Al mio arrivo in regione, nel 1993, sono stata supportata da un’e. ccelsa burocrazia regionale, formata e nominata dalla vecchia politica. C’erano professionalità e coscienza di come si esercita e si difende l’autonomia di questa regione. Comelli e Biasutti avevano investito su un apparato degno di una regione appartenente ad uno stato federale. Periodicamente avvenivano scambi formativi con il land della Baviera e con la provincia autonoma di Bolzano.

Dov’è finita ora quella competenza e a chi è in mano la specialità della nostra Regione? Gli ultimi anni di governo hanno portato ad un radicale rinnovo di quella dirigenza, sostituita con personale “nominato”, vassallo dei partiti, poco etico e spesso impreparato. Per questo e per una classe politica altrettanto “nominata”, figlia di una legge elettorale nazionale antidemocratica, la nostra Regione rischia di pagare un prezzo altissimo.

Eppure quei dirigenti vengono pagati quanto i politici.

E ancora, qualcuno si è mai chiesto quanto guadagnano i presidenti delle società partecipate dalla Regione e dagli Enti locali regionali e quale competenza professionale hanno, oppure a quanto ammontano i gettoni di presenza dei Consigli di amministrazione di quelle società; quanti politici, abbandonate le loro cariche elettive, si sono ritirati come ho fatto io e quanti invece percepiscono denaro pubblico attraverso incarichi soggetti a nomina partitica, che regolarmente si sommano al loro vitalizio? Oppure quanti ex politici lavorano nel cosiddetto “privato” facendo i procacciatori di denaro pubblico grazie alla loro appartenenza ai partiti? Etico sarebbe mettere un tetto massimo a vitalizi e stipendi per tutti (manager privati, lavoratori autonomi e calciatori compresi). In questo modo ci sarebbe una reale redistribuzione della ricchezza

La gente si è mai chiesta perché in questo dannato Paese se non si conosce un politico è difficile trovare un posto di lavoro? Ha mai pensato di mettere da parte quella terribile doppiezza di sentimenti che l’attanaglia e che la fa guardare ai politici come déi quando sono potenti e come spazzatura quando cercano di tornare persone qualunque?

Un politico oggi, suo malgrado, è condannato a continuare a fare il politico, con uno svantaggio abissale rispetto al passato. La legge elettorale un tempo garantiva, a chi lavorava degnamente su un territorio, di poter essere riconosciuto, apprezzato e votato dai suoi elettori. Oggi, per poter essere candidato, deve obbedire, essere vassallo del capo. I liberi pensatori sono banditi.

La democrazia è finita. Defunta. Il re è nudo, il simbolo di questo sistema si è frantumato in questi giorni ma la società, ormai profondamente trasformata, ne è già orfana. Una schiera infinita di “yes man” e poche “yes woman” riempiono i gangli vitali di un Paese che non regge più il passo con i tempi. Un’ Italia in cui destra e sinistra governano sottobanco insieme da troppo tempo e hanno le medesime colpe. Peggiori, se si può, sono quelle di una finta opposizione, in cui io scioccamente ho creduto, che ha largamente tratto benefici da questi 20 anni di neofeudalesimo, rammollendosi ed imborghesendosi, allontanando la sua classe dirigente più dignitosa ed etica, rinunciando agli ideali della Resistenza da cui proviene ed abbandonando perfino le più grandi conquiste della sua azione amministrativa: il sistema sociale, scolastico, culturale e la battaglia sui diritti (tra cui, in primis, quelli delle donne).

A chi conviene dunque far politica oggi? Ad una persona che ha già una “strada aperta”, una laurea, un mestiere? I politici sono davvero così ricchi e potenti come appaiono? Negli ultimi 10 anni hanno scelto la politica tante persone che non avevano nulla da perdere, non accorgendosi della trappola in cui si stavano gettando o scoprendola troppo tardi, quando ormai era difficile guardarsi dentro e tornare indietro. Troppo soli, si sono allora tappati il naso, hanno chiuso il cuore e accettato le regole, forse capendo che chi comanda non sono neppure i partiti ed accorgendosi che il sistema soverchia tutto e tutti, che le classi sociali esistono più che mai e che, avendo un posto almeno apparentemente dignitoso, è bene tenerselo stretto. Quel genere di politico vive, guadagna, spende ma … è morto. La sua vita sociale si è rapidamente modificata.

(....) Ormai 6 anni fa ho maturato la consapevolezza che un certo modo di fare politica mi stava facendo perdere il senso della realtà, della vita, dell’equilibrio psicofisico, del mio essere donna e madre, dei valori cioè che sin dall’infanzia mi avevano accompagnata. Ho compiuto un lungo e a volte troppo doloroso percorso dentro me stessa. Ho affrontato le mie paure, ho cercato e ritrovato i valori in cui credevo. Ero una ragazza arrivata in un luogo troppo importante e tremendamente difficile per la sua età e la sua esperienza. Oggi sono una donna forte e serena e desidero, grazie anche alla libertà che mi consegna il vitalizio, mettere al servizio degli altri la mia esperienza. In che modo e con chi non lo so ancora (...).

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