Volatili catturati con le reti: la giunta regionale finisce in tribunale

UDINE. Arrembaggio del mondo ambientalista contro la Regione, rea di avere riaperto l’uccellagione.
La Lega per l'abolizione della caccia (Lac), la Lega antivivisezione (Lav), la Lega italiana protezione uccelli (Lipu) e l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) hanno presentato ricorso al Tar per cancellare il decreto 2091 del 26 luglio scorso che consente la cattura di 346 uccelli con le reti, animali utili a rimpolpare il bacino degli allevatori e utilizzati come richiamo dai cacciatori.
Accuse che la Regione rispedisce al mittente, con le parole dell’assessore alla Caccia, Paolo Panontin: «Si tratta di un’attività conforme alla normativa. E riguarda solo l’eventualità di una piccolissima quantità di animali autorizzata dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ai fini di allevamento».
Due gli impianti in cui è possibile catturare piccoli volatili con l’uso delle reti, le cosiddette bressane: uno in provincia di Pordenone, a Porcia, l’altro in provincia di Udine, a Tricesimo.
Il decreto della Regione individua anche con precisione il numero esatto di animali utili alla riproduzione: 72 merli, 67 cesene, 100 tordi bottacci e 107 tordi sasselli. Animali che servono a «potenziare gli allevamenti destinati alla produzione di richiami vivi per l’attività venatoria».
I tempi per la decisione del Tar sono stretti, perché le bressane entreranno in funzione già mercoledì per merli e tordi, e dal 30 dicembre per le cesene. Gli impianti saranno immediatamente chiusi al raggiungimento del numero massimo di esemplari catturati.
Per Lac, Lav, Lipu ed Enpa «la piaga dell’uccellagione, uscita definitivamente dalla porta grazie al recepimento italiano della normativa comunitaria nel 2015, si ripresenta alla finestra aperta illegittimamente dalla Regione, che ha autorizzato il prelievo di piccoli uccelli migratori per rifornire gli allevamenti di richiami vivi».
Secondo gli ambientalisti il decreto regionale violerebbe la legge sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e sul prelievo venatorio.
«È un atto non giustificato e gravemente lesivo di norme nazionali ed europee di rango superiore – dichiarano le associazioni – predisposto a esclusivo beneficio dei cacciatori, le cui conseguenze, anche attraverso l’apertura di una procedura d’infrazione comunitaria, ricadranno su tutti i cittadini. Ora il Tar di Trieste ha l’opportunità di rimettere le cose al loro posto, chiarendo definitivamente agli uffici regionali che le norme europee e nazionali hanno stabilito che la cattura degli uccelli con le reti è illegittima e non può essere utilizzata, con buona pace degli uccellatori che nel corso di 36 anni hanno catturato e ucciso milioni di uccelli migratori, patrimonio della collettività europea».
Nel ricorso presentato le associazioni ambientaliste sottolineano che la «Regione ha omesso di spiegare e indagare se vi fossero alternative alla cattura degli uccelli con mezzi vietati, ovvero le reti. L’errore di fondo in cui è caduta la Regione – sempre secondo gli ambientalisti assistiti dagli avvocati Claudio Linzola del foro di Milano e Lorena Castellet del foro di Pordenone – consiste nel ritenere che sia necessario rifornire gli allevamenti, affinché questi possano riprodurre uccelli e consegnali ai cacciatori che ne facciano richiesta per usarli come richiami vivi nella caccia da appostamento. Pratica questa non particolarmente sportiva e anzi alquanto barbara, ma permessa dalla legge».
Gli ambientalisti vorrebbero fosse presa in considerazione un’altra ipotesi, cioè «il non esercizio per oggettiva mancanza di richiami vivi di questa forma di caccia, lasciando la possibilità di esercitare la caccia vagante, quella agli ungulati, il birdwatching e molto altro. Poiché se non ci sono le condizioni per svolgere una certa attività, si può e si deve fare a meno di svolgerla, salvo che si tratti di azioni essenziali e irrinunciabile. Non è il caso della caccia da appostamento, un’attività ludica, non essenziale e rinunciabile».
Ecco il passaggio che segna l’arrembaggio alla Regione e alla caccia tout court.
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