Voto, riforme, valori Decalogo della Chiesa Via Crucis, LE FOTO
UDINE. Al collo porta sempre la croce in argento che lo segue dal 2004, quando un gruppo di amici gliela regalò nel momento in cui disse addio alla diocesi di Rovigo. E’ la copia “povera” del crocifisso di Ariberto del 1040, vescovo milanese. In perfetto stile Papa Francesco, ma prima che Bergoglio diventasse tale. Eppure di quello spirito “forte e nuovo” arrivato a Roma col cardinale argentino, ora l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, ne invoca la presenza anche in Friuli. Per dissolvere le debolezze della Chiesa, per sostenere coloro che saranno chiamati ad amministrare tra poco Comune, Provincia e Regione, per dare il via a una stagione di catechesi e conversione più profonda. Alla vigilia di una Pasqua, attesa, di Resurrezione in questo periodo non soltanto per i credenti, monsignor Mazzocato parla di Chiesa, ma anche di società, di crisi economica e di crisi di valori, dettando più di un indirizzo in materia di famiglia, occupazione e pure riforme istituzionali.
Monsignor Mazzocato, nel suo messaggio pasquale lei parla dell’inattesa nomina di Papa Francesco. Perché?
«Ho imparato negli anni che alla fine la scelta di ogni Papa è una sorpresa. Non conoscevo Bergoglio prima della sua nomina. Mi sembra però che abbia scelto i gesti semplici come sua cifra particolare. E i gesti semplici fanno bene. Come fa sempre bene ritrovare lo spirito di San Francesco. Ma la sua è stata una nomina inattesa perché inattese sono state le stesse dimissioni di Papa Ratzinger. La sorpresa maggiore, ancorchè auspicata, è arrivata poi dalla capacità della Chiesa di rigenerarsi in un momento che sembrava invece di profonda crisi. A Roma è arrivato davvero uno spirito nuovo».
Lei ha invocato questo nuovo e forte spirito anche per la Chiesa friulana... Qualcuno le obietterà che siamo altro rispetto al Vaticano, o no?
«No, non siamo il Vaticano. Il rischio della nostra Chiesa locale non è legata certo a possibili gravi compromissioni. I nostri possibili peccati sono altri: si chiamano “tiepidezza di intenti e sentimenti”, o ancora scarso entusiasmo. Il Vangelo invece è tutt’altro. Il fatto è che l’entusiasmo non è certo a buon mercato. Costa impegno e sacrificio. Come impegno e sacrificio servono per una vera professione di fede, frutto di consapevolezza profonda».
Quali sono quindi le debolezze concrete della Chiesa friulana?
«Ognuno di noi ha bisogno delle preghiere dei fedeli. Questa forza ci serve a colmare il divario tra noi stessi e il nostro ruolo. Ma poi ci sono debolezze più generali. Nella nostra provincia le nostre vere emergenze sono sicuramente i molti preti in età avanzata, le scarse vocazioni e una certa distanza tra catechesi e realtà sociale, soprattutto quella giovanile. Ma su tutti questi tre punti stiamo lavorando sin dal mio arrivo in Friuli, nel 2009. E devo dire che qualche risultato sta arrivando».
Vuole dirci che c’è una ripresa delle vocazioni?
«I numeri sono ancora piccoli. Però in qualche modo sono significativi. Soltanto per l’arcidiocesi di Udine, in questo momento, nel seminario interdiocesano, ci sono 11 giovani aspiranti preti. Ma mentre quattro sono iscritti agli ultimi anni, ben sette invece sono appena entrati. Si tratta di giovani con una preparazione solida alle spalle nei campi più diversi, come giurisprudenza o economia. Sono spinti quindi da una vocazione solida. Ci stiamo poi occupando molto di catechesi per i giovani, cambiando il nostro “linguaggio” per entrare più in sintonia coi ragazzi».
Tra 20 giorni i friulani sono richiamati alle urne. Si vota per Regione, Provincia e alcuni comuni. Cosa si augura la Chiesa locale?
«La Chiesa ha sempre pregato per i governanti. Ma in questo momento più che mai chiediamo che siano liberi da piccoli tornaconti personali. E che piuttosto esercitino il potere pensando in grande, puntando su una giustizia distributiva, favorendo l’economia e mantenendo l’attenzione alta verso i più deboli».
Il settimanale diocesano, la “Vita Cattolica”, in questo periodo sta dettando una sorta di decalogo del buon candidato cattolico. Quali sono questi punti?
«Parliamo dell’emergenza lavoro, di politiche per la famiglia, di cosa significhi per noi qualità della vita. Ma in queste settimane vorremmo anche un serio dibattito sulle riforme istituzionali quanto mai necessarie. Poi vedremo quali candidati accoglieranno le nostre idee». Partiamo da queste ultime. Come deve cambiare la Regione? «Non deve cambiare, semmai deve rafforzare a esempio la sua autonomia speciale, riformandola dal basso. Tutto deve partire ascoltando le esigenze del territorio».
E in materia di famiglia?
«Per noi la famiglia ha un significato univoco e non equivoco: è l’unione, magari anche solo civile, tra un uomo e una donna aperta comunque alla possibilità di avere figli. E come tale è l’unica cellula base per dar vita a una società sana. Il resto è altro, da vedere come considerare. Partendo da queste nostre considerazioni chiediamo una politica forte per la famiglia. Senza negare che in questo ultimo quinquennio a livello di Regione più di qualcosa è stato fatto».
Cosa pensa del fenomeno politico di Grillo e di chi lo vota?
«Su Grillo non mi esprimo. Ricordo solo, come ho già detto prima delle Politiche, che l’astensionismo è un errore e che bisogna sempre esercitare il diritto al voto. Ma il voto deve sempre essere costruttivo, anche se avere uno sguardo critico sulla realtà serve sempre».
Libertà di voto, secondo coscienza, quindi?
«Da anni i politici cattolici non sono più soltanto in un unico partito. Inviterei quindi i friulani a valutare bene i singoli candidati e votare la persona, visto che la legge elettorale locale consente la preferenza diretta. Sperando che anche Roma cambi al più presto la norma sul voto».
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