Zanolin: ecco perché vale la pena tutelarle A imporlo moralmente è la storia di questa città

Una serie di misteri sulla datazione nel racconto di antiche fonti La cinta, i lacerti, gli archi narrano del cammino di Pordenone nei secoli 

la ricerca storica

gianni zanolin

Fra il 1291 ed il 1508 Pordenone ha avuto in sorte oltre duecento anni di pace. È stato un tempo lungo e tranquillo, soprattutto se rapportato a quanto avveniva in Italia e nel vicino Veneto, segnati da continue guerre fra città, regni, principati, signorie e repubbliche, con frequenti interventi stranieri. Pordenone no, con quella pace ebbe una relativa prosperità. E viceversa: una piccola prosperità favorì la pace.

Perché questa differenza fra Pordenone ed il resto d’Italia? Perché la città era soggetta agli Asburgo, i cui colori sono ancor oggi nello stemma cittadino. C’era qualcuno, in quei due secoli ed oltre, che avesse voglia di sfidare imperatori che volevano essere chiamati “dux Austriae et Stiriae, dominus Carniolae, Marchiae ac Portusnaonis”? Visto come sono andate le cose, è evidente che no. Però di questa pace non si tiene conto quando si immagina la città.

Nel medioevo

Si pensa che nel medioevo ed ancora nel ’400 fosse circondata da possenti mura e garantita da numerose ed agguerrite guarnigioni.

Non ne sono affatto convinto. Quel che difendeva la città era l’appartenenza all’impero, non mura possenti, delle quali peraltro non si trova alcuna traccia, nemmeno fondamenta. In quei due secoli perfino i ferocissimi turchi, che di frequente martoriavano il Friuli, non assediarono Pordenone: la evitavano.

Giorgio Zoccoletto, uno storico e divulgatore veneto, in un saggio sulle mura di Pordenone, sostiene che «... la cortina murata, costruita senza grandi fondamenta, variava in altezza secondo le pieghe del suolo ed era costruita più con ciottoli che con pietre cotte».

Insomma le mura di Pordenone avrebbero forse sopportato un assedio fatto con armi antiche, non certamente con i cannoni che si usavano a inizi del ’500. Bartolomeo d’Alviano, che conquistò Pordenone, scrive a Cola da Nepi, sabato 1 aprile 1514: «... Mi accampai la sera (sotto le mura di Pordenone) et tutto quel resto del dì et la notte, et la giobba (giovedì) mattina lo combattemmo, et trovate rotte le mura, per forza de battaglia, fu presa la terra (la città) et poi la rocca, guadagnati tutti li cavalli et huomini, salvo li morti et saccheggiata la terra: raccolte le genti la sera me ne partii con el campo et alloggiai a Cordenons mia villa».

Insomma a Bartolomeo bastano poche ore della mattina di giovedì 30 marzo 1514 per trovare «rotte le mura». Avrà usato i cannoni? Come intendere quel «per forza di battaglia»?

La grande battaglia

C’è un altro testimone di quelle ore drammatiche, Sebastiano Mantica. Lui narra di una battaglia che dura una notte e un giorno «... ma quei poveri ch’erano dentro se portoreno da paladini perfin che forino amazadi tutti et alcuni altri se sconderono per le case da paura et subito entroreno dentro et sachezareno perfino le Giese et amazareno gente in Giesia et violarono femine assai». Nemmeno Mantica accenna a cannoni e, sebbene i difensori della città si fossero comportati da coraggiosi («paladini»), in poche ore furono sbaragliati, la città saccheggiata, gente ammazzata perfino nelle chiese e molte donne violate.

Si conquista in così poco tempo una città con grandi fortificazioni? Si sarebbero conquistate in poche ore le mura di Montagnana e Cittadella? Pochi mesi prima l’Imperatore Massimiliano, con le sue potenti artiglierie, fu costretto a prendere atto che con le sue formidabili mura Padova era inespugnabile.

Pordenone no, abituata alla pace aveva mura semplici, senza fondamenta, fatte con materiali deboli, adatte a contenere, che di difendersi per più di due secoli non aveva avuto bisogno.

I veneziani

Pantasilea Baglioni probabilmente si limitò a far riparare le mura rotte dalle soldataglie del marito, anche perché nei documenti che sanciscono il passaggio dall’Impero a Venezia ed alla signoria dei d’Alviano non si accenna alle mura, la proprietà e responsabilità non vien attribuita. Quando la Baglioni se ne andò, i veneziani non attribuirono certo un ruolo importante a Pordenone nelle loro strategie militari e non si hanno notizie di lavori significativi sulle mura. Succede così che per tutto il resto del ‘500 ed il ’600 quelle pur modeste mura sono prese d’assalto dai... pordenonesi. Fra il 1689 ed il 1701 la magistratura veneziana delle Rason Vecchie, competente per le proprietà della Serenissima nei suoi domini, svolge indagini sulle mura di Pordenone. Ne esce un quadro di diffusissima irregolarità: case e perfino un monastero costruiti sostenendosi alle mura ed interrompendo i percorsi di guardia, senza aver ottenuto alcuna autorizzazione. Molti privati vi avevano appoggiato solai, altane, terrazze coperte e scoperte, travi ed altro. Alcune delle torrette che segnavano il percorso delle mura erano state abusivamente occupate. Un tratto delle mura, crollato o fatto crollare, serviva da passaggio fra due proprietà della stessa persona. Dopo aver censito tutti gli abusi e verificato chi avesse davvero avuto autorizzazioni dal Consiglio della comunità di Pordenone, la cui competenza in merito alle mura i magistrati comunque contestano, vengono ordinate ai privati alcune demolizioni. Il processo, che si conclude nel 1701, segnala le condizioni reali delle mura quattrocentesche e chiarisce che sono grosse e talvolta alte, ma fragili di ciottoli e mattoni, niente di più. Le antiche mura che gli imperatori avevano ordinato di costruire e restaurare erano ancora lì, molto deboli, assalite e malconce. Ma erano loro, nessuno le aveva fatte abbattere.

Passerà Napoleone e spezzerà Venezia, torneranno gli Asburgo e rivendicheranno a loro proprietà le mura, ricordando di averle fatte costruire. Infine arriverà l’Italia. E sarà di peggio in peggio per le povere mura, sempre più ridotte a ben poca cosa, assalite, talvolta ricostruite, spesso perse per sempre.

Date e misteri

Oggi leggo e sento dire che le mura oggi visibili sono settecentesche e servono a dividere proprietà. Ho perfino letto che quei muri sono “condominiali”. Addirittura un assessore ha sostenuto pubblicamente il 29 dicembre 2017 che le mura di vicolo del Lavatoio sono state costruite nell’800. Può essere. Resta da capire perché mai sarebbero state costruite mura sul sedime di quelle del ’400 che vengono immaginate come munite e potenti, quelle che dovrebbero essere state non solo abbattute, ma delle quali sarebbero state rimosse totalmente le fondamenta, in tutta la cerchia di 2,6 chilometri. È possibile? Tutto è possibile. Resta da capire perché nel ’700 avrebbero dovuto ricostruire le mura per dividere proprietà, quando i documenti che ci sono pervenuti ci parlano di abbattimenti delle mura per unire proprietà. Resta da capire perché nel ’700 (o addirittura nell’800) avrebbero dovuto costruire un muro alto 4 metri per separare vicolo del Lavatoio da una marcita.

Possibile? Tutto è possibile. Resta da capire quali logiche “condominiali” avrebbero condotto, nel ’700 o nell’800, a costruire una cinta muraria, o pezzetti di cinta, sul sedime antico. Possibile? Tutto è possibile. Infine mi piacerebbe capire dove siano finiti i materiali usati per la possente cinta muraria medievale e quattrocentesca. Dove sono finite le grandi pietre squadrate? Dove i possenti sostegni? Inglobati, o sistemati, dove? È possibile?

Tutto è possibile, non escludo nulla. Ma tutto quel che rimane delle mura (o del muro, se lo si vuol declassare) nel centro storico, da palazzo Policreti col suo magnifico arco a vicolo delle mura; dal retro di palazzo Crimini al lacerto che è appoggiato al portico; dalla parte sud del Duomo a cui sono state addossate le lapidi che una volta erano in chiesa; da vicolo del Lavatoio a quel che era coperto dal cemento nelle vecchie cantine Pavan e che è stato salvato con la costruzione del condominio Le Mura; dal retro del museo di storia naturale ai lacerti presenti dentro la Casa di Riposo Umberto I a quelli che si trovano nell’auditorium della Regione in via Roma ed a quello che c’è altrove e va riscoperto e valorizzato: se non si è certi di quello che quelle mura sono davvero, per favore, mantenete tutto in piedi e conservate con quei muri almeno la forma della città antica.

Perché quei ciottoli e quei mattoni sono un canto. Lo sentite? —

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