Zonin, 66 pagine per difendersi e lacrime in aula: "Sono un imprenditore agricolo, estraneo alle responsabilità"

Le dichiarazioni spontanee di Gianni Zonin, al processo a Vicenza per il crac di BpVi, banca di cui è stato padre-padrone per 20 anni, non ha mancato di riservare sorprese e colpi di scena. Zonin, imputato con le accuse di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza, ha preso la parola di buon mattino

VICENZA. Un dossier di 66 pagine, lette in due udienze, martedì 23 e giovedì 25 giugno dello scorso anno. E alla fine, quando ha parlato del «dolore per la famiglia e del dolore per la reputazione e il rispetto perduti in un’età in cui chiunque desidera raccogliere il frutto della propria specchiata esistenza», qualche lacrima gli ha solcato il volto, tra la sorpresa della corte e degli avvocati presenti in aula.

Le dichiarazioni spontanee di Gianni Zonin, al processo a Vicenza per il crac di BpVi, banca di cui è stato padre-padrone per 20 anni, non ha mancato di riservare sorprese e colpi di scena. Zonin, imputato con le accuse di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza, ha preso la parola di buon mattino. Abito blu, cravatta in tinta, abbronzato e in forma per i suoi 82 anni, l’ex numero uno dell’allora più potente banca del Nordest, che nel 1998 aveva rilevato la storica Popolare Udinese, ha respinto con forza ogni addebito, dichiarandosi certo di «aver dato prova dell’insussistenza dei fatti» o dell’«estraneità a essi». Ha ribadito di essere sempre stato all’oscuro delle operazioni baciate, che hanno mandato sul lastrico centinaia di famiglie e, come aveva già fatto nell’udienza precedente, ha puntato l’indice sui manager che si sono succeduti alla guida dell’istituto, da Sorato a Iorio.

«Concludo queste mie dichiarazioni spontanee - ha affermato l’imprenditore - con cui spero di non aver abusato di tempo e attenzione di chi avrà modo di considerarle, ricordando ciò che, in altre sedi, ho già avuto modo di dire: che la fine della Banca Popolare di Vicenza, e i fatti che hanno segnato il suo tracollo, hanno costituito, e costituiscono, per me un trauma e un dolore con cui non ho ancora imparato a convivere. Porto con me costantemente il dolore per non aver potuto o saputo portare la banca in un porto sicuro, dopo aver dedicato con onestà a questo istituto e alla sua crescita 20 anni di impegno e dedizione come suo presidente e complessivamente quasi 40 anni come suo amministratore. Porto con me il dolore per il danno che migliaia di soci incolpevoli hanno subito da questa vicenda, e per le famiglie dei 5 mila dipendenti che hanno visto travolta non solo la loro banca, ma anche la sicurezza e il futuro del loro lavoro. Porto con me il dolore per Vicenza, che ha perduto la sua più antica istituzione bancaria, insieme a cui per 150 anni è vissuta e cresciuta».

«Niente di illecito ho commesso - ha concluso - e di niente di illecito mi sento responsabile. Di questo mi sento sicuro e per questo mi sento sereno». Le dichiarazioni spontanee di Zonin, che si è definito in aula «imprenditore agricolo non competente in materia finanziaria», non sono state oggetto di controesame del Pm e degli avvocati delle parti civili. Quindi il processo è andato avanti con la deposizione dell’ex vicedirettore generale Emanuele Giustini, che ha risposto alle domande del Pm spiegando come le operazioni baciate, lo svuota-fondo e le operazioni correlate fossero ben note e pianificate. Con una deposizione molto dettagliata ha rappresentato le operazioni poste in essere per far rispettare certi standard alla banca. A Vicenza era presente anche una delegazione di Consumatori attivi, l’associazione che tutela migliaia di ex soci di BpVi che hanno perso tutto con le azioni della banca andate in fumo: solo in Friuli Venezia Giulia sono stati bruciati 1,6 miliardi di euro e i soci beffati sono stati circa 12.500.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto