Ztl a Udine, Di Benedetto: «Serviva uno studio, cosi solo scelte ideologiche che mettono in difficoltà i cittadini»
Intervista al manager e direttore generale dell’Apt
di Gorizia: «Bisognava partire da un nuovo piano del traffico. L’attuale è del 1998»

UDINE. Nel 1995, primo cittadino Enzo Barazza, il Comune costituisce la Sistema sosta e mobilità, spa partecipata per la gestione dei servizi di sosta a pagamento e di tutte le attività correlate.
Direttore è nominato Luca Di Benedetto, manager con diverse esperienze in aziende pubbliche e oggi direttore generale dell’Azienda Provinciale Trasporti Spa di Gorizia.
Tra le priorità di Ssm c’è la redazione del Piano urbano del traffico cittadino, un piano che, tra le altre cose, doveva essere capace di dialogare con la futura Zona a traffico limitato. Era il 1998 e da allora quel piano è stato modificato soltanto nel 2002 e corretto nel 2021.
Di Benedetto, c’era anche lei all’incontro in sala Ajace tra giunta e cittadini, per discutere di commercio e della nuova Ztl?
«Sì, da cittadino residente in centro ero interessato ad ascoltare e capire quali fossero i progetti e le idee per la città. Curioso di conoscere i dettagli ed eventuali vantaggi connessi».
E che idea si è fatto?
«Mi sembra siano, più che altro, scelte ideologiche che reali necessità, confermate dalla mancanza di supporti tecnici fondamentali, di cui invece l’amministrazione e l’assessore Ivano Marchiol, in particolare, dovrebbe avvalersi».
Contesta la nuova Ztl?
«Contesto il metodo. Si interviene e, poi, si verificano i risultati. L’esatto contrario di quello che si dovrebbe fare. Il modo migliore per creare disservizi, in alcuni casi per mettere in difficoltà i cittadini, anche economicamente».
Da cosa avrebbe iniziato?
«Dal piano del traffico, strumento necessario per definire, in modo puntuale, tutte le iniziative e gli assetti viari della città. Serve un’indagine dettagliata sui flussi dei mezzi. Servono studi che ti permettono di conoscere le origini e le destinazioni delle auto che attraversano la città, ma anche i flussi di quelle che si fermano, quindi le connotazioni degli automobilisti in cerca di parcheggi. Servono studi legati alle temporizzazioni dei semafori: molti sono sbagliati.
E studi sul trasporto pubblico e sulla Ztl: l’attuale risale a prima del Duemila e, sicuramente, in questi anni ci sono stati dei cambiamenti socioeconomici, in centro, come in periferia. Come si può pensare che un assetto di Ztl, vecchio di qualche decennio, possa andare bene ai giorni nostri? Ecco, partendo da queste semplici riflessioni ritengo che, con cinque anni di amministrazione davanti, si possano fare delle scelte ponderate e contestualizzate nel futuro che verrà».
Che futuro ci aspetta?
«Assisteremo a una rivoluzione nel settore dei trasporti. Le previsioni dicono, molto chiaramente, che l’utilizzo e il numero delle auto private diminuirà. Previsione che condivido ed auspico non solo per il mio lavoro ma anche, e soprattutto, come cittadino, per il senso civico e ambientale connessi al tpl e all’intermodalità green. Saranno utilizzati sistemi di movimento a impatto zero, dalle biciclette ai motorini alle auto elettriche. Così come saranno impiegati mezzi pubblici a impazzo zero o bassissimo impatto ambientale. A Udine, in particolare, elettrici e a metano».
Scusi, ma se questo è il futuro che senso ha investire in parcheggi?
«Non sappiamo quanto durerà questa transizione, perché questo processo, anche se ben definito dalle scadenze delle molte norme riferite ai contributi europei e nazionali, rappresenta tutt’oggi un’incognita. Forse anche più di 20 anni. Nel frattempo, bisogna rendere questo passaggio più agevole possibile al cittadino».
Per esempio?
«Per esempio garantendo servizi pubblici all’altezza anche dal punto di vista urbanistico e della logica veicolare comunale».
Non lo sono?
«Le faccio l’esempio della linea 1 del bus. Anni fa è stato deciso di portarla fuori dal centro storico, da Mercatovecchio, senza prevederne la sostituzione nelle vie centrali, con mezzi a impatto zero. Non è accettabile, e dimostra l’importanza di scelte ponderate e sostenute da dati tecnici reali. Non da sensazioni.
Il mezzo pubblico, come accade in moltissime città italiane ed europee, deve entrare nel centro storico non girarci intorno. E, infatti, credo che l’esperimento della linea attivata di recente con bus elettrici, e modificata anche nel percorso, non abbia sortito un grande risultato».
Avrebbe lasciato Mercatovecchio aperta al traffico?
«No, ma l’autobus, non l’avrei tolto. L’avrei sostituito con uno elettrico dando la possibilità a chi utilizza la linea 1 di proseguire verso il centro. Si può ancora fare».
Immagino non condivida neppure la chiusura alle auto in piazza Garibaldi e di piazza XX Settembre...
«La risposta è legata a quanto appena detto. Si stanno facendo delle scelte senza uno studio, una specifica indagine tecnica preventiva. Si creano aree vuote – discutibili anche dal punto di vista della sicurezza – senza tenere conto che in quella zona c’è il Tribunale, ci sarà la nuova Procura e esiste una scuola. Secondo lei togliere le auto da Piazza XX Settembre è stato un successo in termini di utilizzo della piazza?
I parcheggi, come le corse dei mezzi pubblici, devono essere garantiti dove c’è richiesta. Personalmente immagino un parcheggio sotto piazza XX Settembre con mura storiche a vista, come l’Agorà Morelli a Napoli o il Valduce a Como».
I numeri dicono che i parcheggi sono sottoutilizzati.
«È vero, ma è un’affermazione legata all’utilizzo dei parcheggi sul totale di ore di apertura e questo non credo proprio sia un dato da utilizzare per una valutazione seria. Dobbiamo, invece, chiederci: c’è posto nelle ore in cui servono? Spesso la risposta è no. E l’amministrazione deve garantire la presenza capillare di aree di sosta, offrendo ampia possibilità a tutti di parcheggiare nei momenti di massimo afflusso».
Quindi avrebbe lasciato i parcheggi anche in via Chiusaforte?
«La pista ciclabile di via Chiusaforte è una vergogna. L’ennesima prova del fare ideologico. Stiamo parlando di una strada su cui si affacciano le celle mortuarie che oggi contano solo sei posti auto di fronte. Le persone, molti sono anziani, sono costrette a parcheggiare a centinaia di metri. Ma questo potrebbe anche essere il problema minore: su quella pista non ci passa nessuno basta vedere le condizioni in cui si trova.
E non si tiri in ballo il nuovo ospedale o la nuova entrata che sono ancora in fase realizzazione. Gli ingressi dei dipendenti che raggiungono l’azienda ospedaliera in biciclette sono altri. Di piste ciclabili ce n’è una attaccata in via Cotonificio».
Lei è direttore dell’Apt di Gorizia: non crede che con un servizio di trasporto pubblico più capillare si potrebbero tenere in garage le automobili?
«Potrei dirle di sì, ma è il libro dei sogni. Il tema è decisamente complesso. Provo a riassumerlo. In regione c’è già una rete di trasporto pubblico molto efficace, nonostante le note problematiche degli anni post covid di crollo dell’utilizzo e reperimento di personale di guida che si stanno risolvendo. I dati e i report di settore parlano di un trasporto pubblico locale regionale come eccellenza in Italia. Ma il punto è un altro».
Qual è?
« Fatto salva la città di Trieste che per morfologia del territorio e dimensione urbana vede un forte utilizzo del trasporto pubblico, il resto della regione è strutturato in maniera da rendere molto agevole anche l’utilizzo dell’auto – le statistiche sul possesso di autovettura lo testimoniano –, minimizzando la capillarità di copertura del tpl.
Il processo a cui facevo riferimento prima, di riduzione delle auto private, porterà necessariamente ad un maggiore utilizzo del mezzo pubblico, ma dovrà sempre essere accompagnato da infrastrutture correlate, come i parcheggi in punti strategici o la rete ciclabile. Gli autobus urbani ed extraurbani saranno sempre più utilizzati quanto più si ridurrà il differenziale di tempo di viaggio tra auto e trasporto pubblico e l’intermodalità di sistema complessivo sarà completata e adeguata alle necessità dell’utenza generale».
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