Afro, il periodo americano: a Venezia una retrospettiva dedicata al pittore friulano

UDINE. “Vorrei che la mia pittura recasse una allusione sempre più chiara a un mondo percorso da passioni”, scrive Afro di suo pugno a Andrew C. Ritchie del MoMA. A New York stanno per dedicargli “ancora” una mostra. È il 1955 e siamo in America.
Finalmente ora, nel secolo dopo, Venezia con Ca’Pesaro, Galleria internazionale d’Arte Moderna, dedica a questo pittore friulano nato a Udine nel 1912, una mostra imperdibile, che racconta il suo successo oltreoceano.
“Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno”, a cura di Elisabetta Barisoni e Edith Devaney (direzione scientifica: Gabriella Belli), è la quarta mostra di Ca’ Pesaro dedicata alle contiguità e influenze tra Italia e America, nel secondo dopoguerra.
Dopo Cy Twombly, David Hockney, Arshile Gorky, entra dentro un accurato e sensibile progetto al secondo piano di questo museo dall’eclettismo di talento, Afro Libio Basaldella in arte “Afro”, famiglia di artisti tutta, una figura centrale dell’astrattismo internazionale del Novecento.
«Nel 1950-1970 – scrive in catalogo Elisabetta Barisoni, che di Ca’Pesaro ne è curatrice – Afro è senza dubbio l’artista italiano più amato del collezionismo americano».
Per noi che da queste parti conosciamo soprattutto i suoi densi lavori figurativi a Casa Cavazzini, la mostra veneziana si rivela una commovente sorpresa. “
«Io spero che nelle mie pitture circoli un presentimento, una speranza, un’alba», scrive Afro nella stessa lettera. «Penso di essere un pittore di storie», rivela ancora, in questo testo che ne è la poetica, e che giustamente si presenta in mostra insieme a un corredo di documenti inediti, da leggere con attenzione. In sospeso silenzio. «Se i miei sentimenti più profondi, i miei ricordi, i miei giudizi sulle cose, le mie insofferenze, persino i miei errori e terrori si condensano nell’andamento di una linea, nella luminosità di un tono», ci racconta il pittore, allora è qui che si svela il mistero della sua vita.
È una lunga citazione che spiega perché faccia bene sintonizzarsi con il pensiero di Afro, il pittore che, allenato cuore e sguardo a Venezia e a Roma, porta negli anni Cinquanta in America la sua visione italiana dell’arte e del suo sentire, e diventa addirittura mainstream, con presenze nei maggiori musei americani e tra i collezionisti.
Una sua opera finisce addirittura in tv in un seguito programma della Cbs (1957), sulla parete della casa dell’attore Vincent Price. Ed è proprio lui, il “nostro” Afro, l’ex giovane dagli occhi neri, i capelli forti, i lineamenti decisi, fotografato dal flou di Silvia Maria Bujatti, che nei suoi mondi porta sempre, e soprattutto in quel ventennio americano, colori e luce di queste terre, che in lui diventano paesaggio interiore, sogno. Memoria. (Da non perdere “Agosto in Friuli”, realizzato nel 1952, che egli espose alla Viviano Gallery, la galleria newyorkese di Catherine Viviano: la “sua” Peggy Guggenheim).
La selezione dei quarantacinque quadri presenti a Ca’ Pesaro raccontano di un artista potente, che presenta il suo personale e coraggioso segno indipendente in America, e che nel suo astrattismo rievoca l’italianità tutta di luce, di volatilità del colore verso l’anima. «Non so se questa espressione di animazione, di un vento segreto che investa le mie immagini sia esatta», scrive di sé.
È invece lo è, e lo ancora di più, pensando che Afro è scomparso nel 1976 senza che l’Italia capisse del tutto la sua bravura, e lo è ora, dentro questa mostra, complice la luce attuale che saluta dal Canal Grande, mentre sul pavimento scricchiolante siamo immersi nella maestosità di echi tiepoleschi, del Tintoretto, di Tiziano. Del Veronese.
Edith Devaney giustamente parla di “malinconica bellezza”. In mostra però nessun struggimento offusca la brillantezza della scelta curatoriale che regala disegni e spezzoni di interviste all’autore, ma soprattutto pone in evidenza l’allegra amicizia con Willem De Kooning, e piace l’idea di esporre in una stanza “i compagni di viaggio”, oltre a De Kooning: Arshile Gorky, Toti Scialoja, Giuseppe Santomaso, Alexander Calder, Alberto Burri.
“Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno”, visitabile fino al 23 ottobre, è in collaborazione con la Fondazione Archivio Afro, in partnership con Bnl e il sostegno di Magonza, editore del bel catalogo.
Per info e orari: www. capesaro.visitmuve.it. Da segnalare che il 6 ottobre, (10-13) si terrà a Ca’Pesaro una mattinata di studi per Afro, con ospiti Francesco Tedeschi, Alessandro Del Puppo, Davide Colombo, Stefania Portinari, introdotti da Elisabetta Barisoni.
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