Antonia, la prima donna nella giuria di Masterchef

di GABRIELE GIUGA
È lei, la friulana Antonia Klugmann, chef dell’Argine a Vencò, estremo Nord-Est, a sostituire Carlo Cracco nella prossima edizione di Masterchef su Sky. La notizia circolava già da qualche settimana e nonostante lo strettissimo riserbo imposto dalla produzione, da queste pagine all’inizio di marzo avevamo preannunciato la nomina. Adesso è ufficiale, Antonia Klugmann sarà la quarta giudice del format televisivo dedicato alla cucina più seguito in assoluto, insieme a Bruno Barbieri, Joe Bastianich e Antonino Cannavacciuolo, prima giudice donna dopo sei anni tutti al maschile.
Non è poco. La intercettiamo in aereoporto. «Mi dia due giorni – si difende – la produzione mi ha posto condizioni rigide, non posso dire nulla, non posso commentare nulla, abbiate pazienza, lei e i lettori». Un anno decisamente fortunato per la Klugmann, la consacrazione a chef dell’anno 2017 per la Guida dei ristoranti dell’Espresso e l’approdo a Masterchef sono il naturale percorso di un successo che viene da lontano. Triestina di nascita, friulana d’adozione, multiculturale per la propria storia, Antonia Klugmann è abituata ai successi. Dopo le prime esperienze che contano, è il Venissa a Venezia che la consacra chef stellata nel 2013. Ma anziché cullarsi sugli allori, proprio quando la vetta sembra scalata, Antonia Klugmann si pone subito un altro obiettivo e lascia il Venissa per dare corpo a un sogno, il suo: un mulino seicentesco da ristrutturare, a Dolegna del Collio, proprio a ridosso di un confine dove l’aria che si respira è mista di Collio e di Slovenia, i profumi ricchi, i sapori impareggiabili. «Non c’è un vero e proprio confine – ci precisa – nelle feste vediamo i fuochi d’artificio che dalla Slovenia illuminano la nostra campagna». Stella Michelin pure lì, nel 2015, al primo anno di apertura, «è insolito - ci racconta – ricordo benissimo che avevo appena finito il servizio, stavo andando a buttare le immondizie, ero sfinita, mi chiamano al telefono e mi dicono di tenermi pronta per l’assegnazione. Sarà stata la stanchezza, la tensione, non so cosa, ma non mi vergogno di dire che ho pianto».
Garbata, sempre pronta al sorriso, ma ferma e determinata, così è lei e così è la sua cucina. «Il territorio lo abbiamo dentro – ci dice – è la nostra storia, siamo una generazione di chef in movimento, e deriviamo da una storia multiculturale, io sono figlia di un ebreo, nel mio sangue scorre sangue pugliese, è quello che sono, e così è la mia cucina».
La cucina di Antonia Kulgmann, in effetti, non insegue improbabili combinazioni chimiche, appariscenti presentazioni avveniristiche, ma punta piuttosto al recupero di sapori e ingredienti “poveri”, come il midollo di bue, noci, pane, orzo, che nelle sue mani si sublimano lasciando nel palato un gusto inedito e sorprendente. Tanto da alimentare una mitologia sulle sue preparazioni, come quella che inserisce il suo risotto alla salvia tra le meraviglie da assaggiare almeno una volta nella vita.
Ma sarebbe un errore limitare tutto questo successo al mondo dell’alta cucina. Il senso del successo di Antonia Klugmann va ben al di là dei piaceri del palato, lo mostrano bene i vari riconoscimenti che in queste ore commentano il suo percorso, come la soddisfazione espressa da Isabella De Monte, europarlamentare del Pd, componente della commissione Trasporti e turismo, nel «sapere che una donna di talento, che rappresenta un’eccellenza del nostro territorio, entrerà nella giuria di un programma tra i più seguiti e amati della televisione italiana, punto di riferimento nel settore».
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