«Avanti, su, baciatevi! Cosí Pasolini mi sgridò mentre abbracciavo la divina Callas “Medea”»

Giuseppe Gentile, atleta olimpionico, interpretava Giasone Cinquant’anni fa nella laguna di Grado terminavano le riprese

Francesca Agostinelli

Terminavano in questi giorni, 50 anni fa, le riprese gradesi del film Medea diretto da Pier Paolo Pasolini: la troupe il giorno 26 luglio 1969 lasciava la laguna e si dirigeva a Pisa, quindi in Siria dove si ultimavano le riprese del film, presentato poi in dicembre a Milano, quindi a Parigi e poi, il 24 gennaio 1970 a Grado, nel cinema Cristallo. Lasciavano Grado Pier Paolo Pasolini, il produttore Franco Rossellini, Laurent Terzieff, Maria Callas e Giuseppe Gentile, il bel Giasone, insieme all’intera troupe. Finiva un sogno, anche il sogno delle comparse che provenivano da Grado, Gorizia, Ruda, da Cervignano e San Giorgio di Nogaro, dove ancor oggi vive quel Giasone bambino, da allora chiamato “il principino”. Del cast che sbarcò a Grado nel luglio 1969 rimane il protagonista maschile del film, allora giovanissimo, certamente adombrato dal carisma e la notorietà di Maria Callas, ma il personaggio c’è tutto e va raccontato.

Perché Giuseppe Gentile era il campione del salto triplo, gambe scolpite in un metro e 90 per 84 chili. Nel 1968 era tornato da Città del Messico con due record del mondo durati appena 26 ore e con un bronzo che sapeva di sconfitta. Amava le macchine, la velocità e comparve elegantissimo sui rotocalchi davanti alla sua spider rossa, dono della Fiat per la medaglia olimpica. Pasolini lesse questa sua bellezza e vide in lui la tragedia e una possibile follia, quella di Medea. «No, non farò l’attore: preferisco saltare», aveva appena dichiarato rifiutando la proposta di Mario Monicelli, ma a Pasolini disse di sì. Così Beppe Gentile, figlio del prefetto di Roma e nipote del filosofo Giovanni Gentile, a un passo dall’oro olimpico e dalla laurea in legge accettò il ruolo di Giasone nel film Medea. Si lanciò in una avventura destinata alla storia del cinema, anche questa volta da protagonista. L’inesperienza cinematografica però c’era tutta e se gli chiediamo come andò, risponde “bene” ma ricorda il disagio di passare da campione a principiante e il sostegno generoso che ebbe dagli attori professionisti. Ricorda anche quell’unica volta che Pasolini perse la pazienza. E fu a causa di un bacio che Giasone doveva scambiare con Medea. «Se io piegavo il volto a destra, Maria Callas lo girava a sinistra, e viceversa. Fu allora che Pasolini, dopo sei o sette tentativi, si alterò: Vi volete baciare sí o no?». E allora il bacio divenne appassionato e fu “buono” per Pasolini e oggi parte del film. Insieme a Gentile giungeva a Grado un argonauta d’eccezione, «l’amico più caro che mi abbia regalato l’atletica» ricorda il campione. Conosciuto sui campi, si allenavano insieme a Roma e così un secondo grande atleta entrava in Medea: il discobolo Gianni Brandizzi. Galleggiava tra il terzo e il quarto posto nel ranking nazionale, studiava architettura e, un metro e 96 per 104 chili, divenne l’Ercole che Pasolini aveva in mente per il suo film. Lo vediamo inconfondibile sul set tra gli argonauti. Lo riconosciamo fuori set nelle foto di Mario Tursi mentre traporta di peso Maria Callas, indebolita da un malore.

Terminato il film, Gentile riprese la sua carriera sportiva: si qualificò per gli europei e partecipò alle olimpiadi di Monaco nel 1972 vivendo i terribili giorni del massacro. Preparatore atletico straordinario, dirigente Coni, Gentile ha oggi 76 anni e vive a Roma. Da noi c’è chi lo ricorda: «Un ragazzo simpatico e alla mano» dice Orfeo, Argonauta di Ruda e oggi artista. «Stava sulle sue» dice invece Lillo di Gorizia, oggi architetto, che da fotografo di spiaggia finì sul set dopo aver scattato inconsapevolmente alcune fotografie a Pasolini, Maria Callas e Franco Rossellini che prendevano il gelato. —





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