Battiston nei panni di Stucky: la fiction tratta dai romanzi di Ervas approda su Raidue
L’attore friulano interpreta un ispettore che indaga a Treviso: «Fump sigari come Peter Falk ma Colombo è un’altra cosa»

GIuseppe Battiston ama l’ispettore Stucky, il personaggio nato dalla penna di Fulvio Ervas che, dal 2006, gli ha dedicato dieci romanzi. Lo adora dai tempi di “Finché c’è prosecco c’è speranza”, diretto da Antonio Padovan, prima apparizione sul grande schermo del poliziotto flemmatico di origini persiane in forza alla Questura di Treviso di cui ha vestito in quell’occasione per la prima volta i panni. Da allora, l’attore friulano ha faticato non poco per acquisire i diritti dei romanzi per realizzare quella che inizialmente doveva essere una collana di film, virata, poi, sul meno problematico format della serie tv. Che, oggi, è realtà.
Da mercoledì 30 ottobre “Stucky” sbarcherà in prima serata su Rai2: sei episodi diretti da Valerio Attanasio (il primo è già disponibile da ieri su RaiPlay), scritti dallo stesso regista con Matteo Visconti, che firmano il soggetto della serie insieme al padovano Marco Pettenello. E, naturalmente, a interpretarlo ci sarà Giuseppe Battiston che lunedì 28 ottobre, durante la conferenza stampa di presentazione della serie a Roma, ha parlato di Stucky, quasi come un alter ego.
«Sono innamorato di questo personaggio perché, come me, è di poche parole. È lontanissimo dalle figure degli ispettori tradizionali. Non è un uomo d’azione, non porta armi, non mena. È abbastanza solitario ma non è solo. Ama passeggiare per le strade deserte di Treviso e pensare ai casi da risolvere. È una persona moderna, calata nella realtà ma non nella contemporaneità della digitalizzazione. Non ha un cellulare, né un computer: non ha neppure la patente. Quello che lo caratterizza è una curiosità innata verso gli altri, si nutre del carattere, dei difetti, delle storture e dei pregi delle persone. Ecco perché il suo luogo di elezione non è la questura ma un’osteria: il posto dove si incontrano le umanità più disparate, dove si va per ridere e per piangere, si beve per allegria o per dimenticare, ci si abbraccia o ci si strattona. Lui risolve i casi, dando forma ai mille appunti presi su piccoli fogli, scontrini e tovagliette di carta».
Rispetto ai romanzi, la struttura delle puntate è diversa: l’assassino viene rivelato subito e diventa quasi un pretesto per osservare e indagare la condizione umana e le contraddizioni di un Nord Est di cui Treviso diventa la punta dell’iceberg. Elegante e luminosa ma anche teatro di crimini efferati.
Sulla scelta, filologica, di girare in città, lontano da Roma, il regista Attanasio spiega:«Treviso si adattava benissimo a Stucky: è piccola e ci si può spostare a piedi come fa l’ispettore. La città, attraversata dal Sile e dai suoi giochi di luce, era ferma, cinematograficamente parlando, a “Signore & signori”: questo immaginario andava rinfrescato. Mi è sembrato di girare in un perfetto teatro di posa, con le persone felici di ospitare il set ma, allo stesso tempo, mai troppo curiose o invadenti, come, invece capita a Roma dove, magari, maledicono un blocco del traffico o vogliono intrufolarsi».
«Treviso» aggiunge Battiston «esprime, poi, un certo benessere, creando, così, un contrasto con il disagio che, invece, si respira, come in tutte le città, fuori dalle vie del centro. Ci piaceva che Stucky fosse messo in contatto e in contrasto con questo mondo ricco e borghese che può nascondere arroganza e supponenza».
Tra gli attori “fissi” della serie il veneziano Diego Ribon, nel ruolo di Secondo, l’oste amico e confidente di Stucky, Barbora Bobulova, il medico legale che ha una forte sintonia, professionale e umana, con l’ispettore (Battiston la definisce “una bella corrispondenza”), Ilaria Landrulli e Fabio Guerra, i due poliziotti che lo affiancano nelle indagini e che non sempre comprendono il metodo del loro capo. Prenderanno parte a singole puntate anche i padovani Roberto Citran, Stefano Scandaletti e Denis Fasolo. «Siamo riusciti a coinvolgere attori di altissimo livello che hanno dato profondità e qualità ai personaggi» conclude Battiston che, di fronte al paragone con il tenente Colombo, quasi sobbalza: «Sono un fan cintura nera di Peter Falk ma imitare o copiare qualcuno non è proprio nelle mie corde. Sì, tutti e due fumiamo il sigaro ma la serie è, al più, un omaggio a una forma di struttura che non si vedeva da tempo in tv. Colombo è un’altra cosa».
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