Carducci e gli spiriti irredentisti nella storia dell’albergo Martina di Chiusaforte

UDINE. Tutti più o meno sanno che il primo flash di notorietà turistica sulla Carnia si accese nel 1885 con la vacanza di Giosuè Carducci che arrivò ad Arta domenica 19 luglio, giusto in tempo per festeggiare all’albergo Poldo i suoi cinquant’anni.
E vi rimase un mese e mezzo fino agli inizi dell’autunno decantando questo angolo di mondo remoto nelle lettere ai familiari e soprattutto nei versi del “Comune rustico”.
In quel periodo Carducci era con il giovane D’Annunzio il personaggio più in vista sulla scena letteraria italiana.
Con le dovute differenze, pensando ai nomi di oggi, una sorta di Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio o Corrado Augias dell’epoca, anche se con meriti artistici ben maggiori visto che nel 1906 ottenne uno dei primissimi Nobel per la letteratura. Insomma, tutti lo volevano e lo invitavano.
E lui aveva bisogno di montagna per le cattive condizioni di salute. L’anno prima era stato a Courmayeur, l’anno dopo andò nel Veneto.
In Friuli si affacciò solo quella volta e fece un’escursione (ecco la notizia inedita) anche nel Canal del Ferro arrivando a Pontebba e dando un’occhiata di passaggio, al finestrino del treno, a Chiusaforte, che in effetti era la meta della gita programmata il 27 agosto.
L’aneddoto, spruzzato di curiosità storica, è narrato in un bel libro pubblicato questa estate dalle edizioni La Chiusa e scritto da Roberto Martina, giovane discendente della famiglia che per decenni gestì uno degli alberghi più frequentati nella valle.
Il volume si intitola “Chiusaforte e Sella Nevea. Il turismo dagli albori ai giorni nostri attraverso i 150 anni di storia dell’albergo Martina”.
Aspetto sorprendente è che anche tale vicenda ebbe proprio inizio in quel fatidico 1866 che segnò l’annessione del Friuli al Regno d’Italia. Evento da cui, più o meno direttamente, discesero tanti altri, meno clamorosi e più personali, come appunto questo.
Riordinando gli archivi e i registri di famiglia, consultando biblioteche e giornali, leggendo montagne di libri, a cominciare dai reportage lasciatici da Chino Ermacora, che visitò e descrisse tutte le osterie e i ritrovi friulani, narrati nei suoi capolavori “Vino all’ombra” e “Vino al sole”, Roberto Martina è riuscito a donarci una storia inattesa, importante per la gente di Chiusaforte, forse inconsapevole di vivere in un paese ora in difficoltà, come un po’ tutta la montagna, ma con un simile passato alle spalle.
Le pagine del libro disegnano volti, momenti e scenari di un’attività turistica che cominciò a pulsare tra Ottocento e Novecento grazie a una serie di motivi legati allo sviluppo delle linee ferroviarie e alla moda della villeggiatura sulla porta di casa.
Emerge che la “Belle époque” friulana aveva mete predilette, raggiungibili in treno o tram, a non elevata quota, dove trascorrere un mesetto fra passeggiate, sane mangiate, musiche e valzer.
Chiusaforte era uno di questi luoghi (assieme alla carnica Comeglians e a Tarcento nella pedemontana) favorita da alcune circostanze, come la scoperta popolare (allora agli inizi) della val Raccolana e di Nevea e la vicin. anza di Pontebba, che segnava il confine con l’Austria.
Infatti Carducci arrivò da quelle parti anche per dare un’occhiata a “Pontafel” e dintorni su consiglio d’un personaggio notevole e sconosciuto.
Si trattava del professor Giuseppe Picciòla, un letterato, un patriota, un istriano nato a Parenzo, che a un certo punto decise di scappare dalla sua terra per venire in Italia andando a studiare a Bologna, dove conobbe il sommo poeta, e a Firenze.
Fu lui a scrivere a Carducci: «Venga, venga, venga: a Chiusaforte mangerà un pezzo di carne discretamente buona e berrà un bicchiere di vino non cattivo; poi andremo a Pontebba».
E il buongustaio Giosuè accettò. Ma Chiusaforte, oltre che da Picciòla, era frequentata dalle poetesse triestine Ida Finzi, in arte Haydée, Elda Gianelli e Nella Doria Cambon, che lì compose i versi di “Ritorno all’albergo dal monte”.
All’albergo Martina poi soggiornarono il pittore Gustavo Hess e tanti spiriti inquieti, irredentisti che vi andavano d’estate a incontrare i familiari rimasti nelle terre austriache.
In un paio d’anni si registrarono 14 mila viaggiatori. Numeri confermati nei decenni successivi, con un flusso fermato solo dalle guerre e poi quarant’anni fa dal terremoto. Mille vicende che si intrecciano e finalmente raccontate in un libro intenso come un romanzo.
Fra i clienti dell’albergo compaiono anche Ardito Desio, Mario e Pietro Mascagni, il principe Umberto, Tiziano Tessitori, Marcello Mascherini, Ernesto Mitri, Giovanni Marinelli, Julius Kugy, Carlo Kechler, Fabio Luzzatto e molti altri. Ci fu anche una pittrice americana, Emily O. Garrison. Si era fermata a Chiusaforte perché senza benzina e poi vi tornò a dipingere i suoi prati sotto la pioggia.
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