C’è anche Palmanova tra le città ideali di Eco

Umberto Eco, semiologo, medievista, massmediologo,  inserisce nel suo saggio più recente (2013, Bompiani), Storia delle terre e dei luoghi leggendari, anche Palmanova, accostandola ad altre città di derivazione utopistica

UDINE. Si impone, nel Cinquecento, l'idea di creare “città ideali” che non facciano da contorno alla chiesa o non siano collegate al castello, ma città indipendenti dai poteri del tempo, città autonome ed evolute, con forti e sicure difese. Umberto Eco, semiologo, medievista, massmediologo, autore del mitico Il nome della rosa e de Il pendolo di Faucault, inserisce nel suo saggio più recente (2013, Bompiani), Storia delle terre e dei luoghi leggendari, anche Palmanova, accostandola ad altre città di derivazione utopistica.

«La nostra immaginazione – si legge nel risvolto di copertina del volume – è popolata da terre e luoghi mai esistiti, dalla capanna dei sette nani alle isole visitate da Gulliver, dal tempio dei Thugs di Salgari all'appartamento di Sherlock Holmes. Ma in genere si sa che questi luoghi sono nati solo dalla fantasia di un narratore o di un poeta.

Al contrario, e sin dai tempi più antichi, l'umanità ha fantasticato su luoghi ritenuti reali, come Atlantide, Mu, Lemuria, le terre della regina di Saba, il regno del Prete Gianni, le Isole Fortunate, l'Eldorado, l'Ultima Thule, Iperborea e il paese delle Esperidi, il luogo dove si conserva il Santo Graal, la rocca degli assassini del Veglio della Montagna, il paese di Cuccagna, le isole dell'utopia, l'isola di Salomone e la terra australe, l'interno di una terra cava e il misterioso regno sotterraneo di Agarttha». In questo contesto si situa anche la città ideale, quella pensata dagli architetti rinascimentali.

Palmanova ne è un esempio – dice Eco – descrivendo la città fortezza a forma di stella a nove punte, circondata da mura e fossati e sei strade che convergono verso il centro, in forma di piazza esagonale. Anche Nicosia, in Cipro, nasce come città ideale, sotto il dominio veneziano, per resistere agli attacchi dei turchi. E il Filarete, nel Trattato di architettura (1464), progetta Sforzinda, sviluppata su una pianta a otto punte ottenuta sovrapponendo due quadrati ruotati di 45°.

Per suffragare la tesi secondo la quale Palmanova rientra progettualmente nelle utopie, il libro di Eco esibisce la pianta di Palmanova ricavata dall'atlante di Georg Braun e Franz Hogenberg, intitolato Civitates Orbis Terrarum (1598). Una pianta che a Palmanova ben conoscono gli appassionati e gli studiosi. Il Rinascimento è il tempo delle utopie: spesso – rileva Eco – anche ripetitive, perché in qualche misura il loro modello, magari inconsciamente, deriva dalla città celeste dell'Apocalisse, geometricamente splendida e tetragona.

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