C’è fame di cultura: l’evento va nel borgo e il popolo lo segue

Il nuovo trend ha allargato i confini: non più solo in città. Da Mittelfest a Lagunafest, Cividale e Grado fanno il pieno
Cividale del Friuli, 20 - 07 - 2016 - MITTELFEST 2016 - ACQUA, TERRA, ARIA - TERRA! É E all'orizzonte i fuochi - Piazza Duomo - Danza - EARTH & FIRE - due coreografie - Austria / Turchia / Kenia / Francia - PROGETTO SPECIALE MITTELFEST 2016 TRADITIONAL FUTURE - coreografi a AnuangÕa - musiche Maasa• Vocals e composizioni moderne con AnuangÕa produzione Pierre Cardin - EMBER concept, coreografi a e danza Ziya Azazi drammaturgia e testi Isin Onol.musiche Mike Ottis palco Ziya Azazi & Peter Leitner.costumi Ischiko effetti fi amme Robert Nagel coproduzione MD Spettacoli e Mittelfest 2016 - Foto Luca d'Agostino /Phocus Agency © 2016 *** Local Caption ***
Cividale del Friuli, 20 - 07 - 2016 - MITTELFEST 2016 - ACQUA, TERRA, ARIA - TERRA! É E all'orizzonte i fuochi - Piazza Duomo - Danza - EARTH & FIRE - due coreografie - Austria / Turchia / Kenia / Francia - PROGETTO SPECIALE MITTELFEST 2016 TRADITIONAL FUTURE - coreografi a AnuangÕa - musiche Maasa• Vocals e composizioni moderne con AnuangÕa produzione Pierre Cardin - EMBER concept, coreografi a e danza Ziya Azazi drammaturgia e testi Isin Onol.musiche Mike Ottis palco Ziya Azazi & Peter Leitner.costumi Ischiko effetti fi amme Robert Nagel coproduzione MD Spettacoli e Mittelfest 2016 - Foto Luca d'Agostino /Phocus Agency © 2016 *** Local Caption ***

UDINE. Si dice, si legge, pare, di un improvviso palpito nazional popolare per i festival raccolti, spuntati d’emblée dietro mura antiche di borghi carucci o schiaffati in battigia.

«Suggestivi», direbbe una contessa Mazzanti Vien dal Mare. Pochi giorni di cartellone, soldi a disposizione ovviamente pochini, ma se l’intraprendenza è coriacea appoggiano i glutei in platea pure i pigri e gli snob, che solitamente non si sporgono mai oltre le periferie metropolitane.

A sbirciare nei borderò di certe rassegne così, diciamo fuori porta, noti un dignitoso sbigliettamento, a quanto si dice e si legge, in proporzione più ricco di celebrate performance cittadine. Sapete com’è, le mode spostano i fulcri, nulla è certo. E poi l’alternativo fa costume.

Se poi il tal divo o la tal showgirl twittano dal posto, è praticamente fatta. I social distribuiscono il verbo a dovere e il dimenticato luogo s’illumina di vippitudine.

I governi - diciamo i governi perché la sostanza muta zero nonostante il cambio di bandiera - pur dirigendo la baracca su un cumulo di meraviglie che solo l’Italia vanta, della cultura se ne fregano.

I baldanzosi rappresentanti la sventolano con l’energia di uno sbandieratore senese appena un microfono compare sotto il loro mento, elogiandone gli effetti medicamentosi, però appena salgono sull’auto blu la carica si spegne sulla pelle naturale degli interni. Cosa sottrarre se il pan ci manca? Il frumento, ovvio. Chiara la metafora?

Restringendo su di noi, perché è il nostro microcosmo a interessarci tenendo comunque sott’occhio il macro, possiamo star felici dell’abbondanza. Siamo riusciti, nonostante l’opulenza, a creare realtà dissimili e in pacifica convivenza. I detrattori se la spassano un mondo a lanciare bombe di profondità: troppa roba, costa.

E sai quante cose fai con tutti quei soldini? spiegano tronfi. Intanto quei soldini sono stanziati per questo, altri per altro e un tot per varie ed eventuali. Detto sottovoce, dovrebbe lentamente aumentare il gettito privato e diminuire il pubblico.

Per cucire bocche, intanto, e per creare un interessante mulinello economico. La tax credit nel cinema funziona. Uno investe, scarica dalle tasse e si piglia gli utili. Mica male. Negli anni le aziende, bisogna ricordarlo, stanno annusando di più i corner culturali di quanto facessero gli amministratori di lustri fa.

Ecco, Mittelfest, Far East Film, pordenonelegge, èStoria, vicino/lontano, Le Giornate del Cinema Muto, non rastrellano solamente nei palazzi, no, contano su convinti appoggi non politici. Se il progetto stimola, il ritorno è garantito. Pian piano. Risaliamo in automobile e usciamo dall’ingorgo del centro.

Un sondaggino, l’abbiamo accennato prima, srotola una salutare country passion, ovvero un palpito per ciò che rifugge dal logorio della vita moderna. Ernesto Calindri s’ingollava il carciofo liquido pur immerso nella calca, noi la evitiamo proprio cercando oasi a tiro di auto elettrica.

Be’, Cividale col suo Mittelfest o Topolò con la sua Stazione, non incarnano perfettamente il trend? O le serate in villa, tanto per dire. Avessimo felicità come dimore lussuose, saremmo a cavallo. Ai Colonos, ecco un altro posticino frequentato, le mille anime capita di vederle, se sul palco c’è ciccia.

Per averla ci vogliono i dindini. È un gioco dell’oca. Se non li hai, fai tre passi indietro. Il gradese Lagunafest ogni anno il suo big lo trascina in diga, sebbene i contributi adottino la strategia del gambero. Eppure i pienoni si sovrappongono.

C’è fame. La televisione sputa frattaglie e s’invoca la comunione fra platea e palcoscenico. Dunque, tirando le somme, l’arte è un buon affare, è antiossidante e vitaminica, crea dipendenza e non ha controindicazioni. Se è magnetismo per i paesetti, benissimo, se per la city, bene uguale. Basta che serpeggi fra noi.

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