Cecotti: la crisi? Può essere un nuovo inizio

Stasera il fisico già sindaco di Udine a Villacaccia. Con lui il neuropsicologo Fabbro: «Conta la strada che l’individuo sceglie»
Udine 23 novembre 2011.Palazzo della Provincia di Udine..L'ex Sindaco di Udine Sergio Cecotti ritira il premio G Pressacco MAQOR-RUSTICITAS..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone
Udine 23 novembre 2011.Palazzo della Provincia di Udine..L'ex Sindaco di Udine Sergio Cecotti ritira il premio G Pressacco MAQOR-RUSTICITAS..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone

UDINE. Viaggio (in friulano, rigorosamente) tra le pieghe della voce crisi: crisi contingente, dell’oggi – e dell’ultimo quinquennio, ovviamente –, ma pure “congenita”, costante.

Elemento proprio dell’umana natura. L’approccio di un fisico teorico, Sergio Cecotti, e di un neuropsicologo, Franco Fabbro, tratteggerà per il popolo dei Colonos (questa sera alle 21, salvo pioggia nella consueta cornice della corte dell’agriturismo di Villacaccia di Lestizza, scenario di Avostanis 2013: tema della rassegna, Come che il dì al nas da la gnot scure, “Come il giorno nasce dalla notte scura”) linee guida per una lettura a tema, “disciplinare” verrebbe da dire, del radicale processo di trasformazione che ha investito la nostra società. Ottanta minuti di conferenza – 40 per relatore –, cui seguirà un dibattito fra gli stessi oratori e, ovviamente, con il pubblico.


L’apertura spetterà all’ex sindaco di Udine (mente in forza alla Sissa di Trieste), che si affida all’improvvisazione: «Non mi sono prefisso di seguire una traccia precisa. Lo sviluppo della discussione dipenderà dagli input che arriveranno dalla platea. Il tema oggetto di disamina è la crisi, generalmente intesa. Esamineremo, dunque, i meccanismi universali che sottendono tale concetto, evidenziando che ogni crisi, di qualsiasi natura, può essere interpretata anche come nuovo inizio, come momento di catarsi. Non tutte le pagine buie, nella storia – ciascuna delle quali ha un prima e un dopo –, hanno avuto sbocco positivo, sul lungo termine, ma gli esempi favorevoli non mancano certo. L’incognita sta nella volontà, o meno, di impegnarsi affinché gli aspetti prettamente negativi dei frangenti di difficoltà vengano compressi».

Quello proposto da Fabbro, docente all’Università di Udine, sarà – a seguire – un percorso di riflessione teso a svicolare dalla congiuntura presente per delineare, invece, un quadro “universale”, non limitato a un tempo specifico ma assolutamente dilatato. Sei i punti in cui si articolerà la panoramica, incentrata «sul dolore del cambiamento».

«Partirò – anticipa il professore – con la distinzione fra i principali tipi di dolore, quello fisico e quello emotivo-psicologico, per addentrarmi quindi nella sfera della neuroscienza del dolore, che ha individuato i canali in cui si sviluppano, nel cervello, i due diversi stati di sofferenza. Mi soffermerò, a questo proposito, anche sui neurotrasmettitori coinvolti nella trasmissione, per l’appunto, del dolore».

Con focus, in particolare, sugli oppioidi endogeni, che attenuano il senso d’angoscia (siamo nel campo dell’emozionale, dunque) ma che rappresentano pure un elemento fondamentale nei rapporti interpersonali.

Si scandaglieranno, quindi, le dinamiche della mente in rapporto al dolore altrui e la tematica della cognizione del tempo e del dolore, per chiudere con un flash in materia comportamentale: «Il mondo va visto come un processo, più che come un oggetto. E se esistono solo processi, allora la vita di un individuo è significativa per come egli si comporta. Per la strada che sceglie, in altre parole».
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