Celiberti: «Nell’arte nulla è complicato, è un modo per stare vicini alla vita»
Al Maestro udinese è dedicata la mostra “Tramature” che sarà inaugurata sabato a Cividale
Trame, segni, orditi che sembrano cuciti sulla pelle, sgorgare dal vissuto. Ma anche trame di relazioni, percorsi, intrecci di vite e amicizie. E ancora trame come storie, narrazioni, testimonianze che l’arte salva e restituisce. Forse c’è tutto questo dentro le “Tramature”, titolo fortemente evocativo della mostra a cielo aperto a firma di Giorgio Celiberti, che verrà inaugurata domani alle 18.30 alla Loggia Municipale di Cividale. Con il Maestro ci saranno il condirettore del Messaggero Veneto Paolo Mosanghini, Angelo Floramo e la cantante lirica Selma Pasternak.
Incontriamo Celiberti nel suo studio a Udine, luogo che dà accesso a un mondo affollato di opere che sussurrano tra loro, varco che spalanca alla bellezza ma anche al dolore. Trascorrere qualche ora col maestro è attraversare una vita intera, come titola un libro fotografico che racconta proprio lo studio dell’artista e la sua anima, “Un giorno una vita” ( L’Orto della Cultura).
“Tramature”, da dove parte la trama? Da Terezin?
«Un lungo soggiorno del mio percorso di lavoro si è manifestato con intrecci di segni che persistono da quando, nel ’65, ho vissuto un’esperienza dolorosa che ha occupato grande spazio della mia anima. I muri disegnati con frasi, poesie, immagini, cuoricini, farfalle, croci, segni dei giorni trascorsi e condivisi dai bambini ebrei nel lager di Terezin mi hanno scioccato e attraversato. I bambini toccano punti a noi inarrivabili. Ho sentito ribellione. Volevo capire perché possano accadere tali orrori. Così sono nati cicli di lavori, grafiche, affreschi, segni».
È come se il successivo percorso sia stato un dare voce a quei bambini e cercare risposta a quel perché. Ha viaggiato e vissuto in tante città, ma forte è il legame con il Friuli. Questa mostra, ora, a Cividale, cosa rappresenta per lei?
«Cividale è una delle piccole città che amo maggiormente perché ha segnato il mio periodo formativo. Ricordo il collegio Paolo Diacono, il mio primo giorno come allievo. L’incontro con il pittore Tavagnacco, persona di grandi qualità, diventato un carissimo amico. Ricordo il mio banco, la camera, lo studio. A Cividale veniva a trovarmi mio fratello che era pilota, di cui ero “innamorato” per tanta stima e amore. Ringrazio chi ha voluto questa mostra a Cividale, il Comune e in particolare Angela Zappulla, referente per la Cultura».
Un’esposizione en plein air di opere dislocate in luoghi significativi della cittadina longobarda e proiettate sulle facciate. Cividale vestita di cippi, stele, arte sacra e creazioni-gioiello (Monastero di Santa Maria in Valle). Anche un “omaggio all’amicizia” con croci sospese che offrono un’esperienza multisensoriale. Quante vite hanno le opere? Nel momento in cui vengono create, e poi quando vanno incontro a una città, e come riflesso di una facciata...
«È una verità sacrosanta. Tante vite hanno le opere e ora anche attraverso le proiezioni, un’idea di un angelo che cura il mio studio, Elisabetta Cudicio. Poi c’è un altro che lo protegge e lo regge, Sandro Urbano. “L’omaggio all’amicizia” è dedicato a Walter Marchesin, un rapporto profondo che dura dagli anni ’80: opere si potranno ammirare anche nello studio acustico Maico, come le croci sospese, che mi commuovono sempre perché sono poesia, in dialogo tra loro. “Si toccano, guardano, ascoltano” come dice Marchesin. Mentre cippi e stele a cielo aperto rimandano a Terezin».
“È dai bambini che si imparano i colori”: parole sue. Come avvicinarli all’arte?
«Ogni anno invito alcune classi di bambini e ragazzi, e la mia anima si apre. Vederli nel mio studio attorno a un mucchio di pastelli e colori di tutti i tipi è come vedere le api che vanno a nutrirsi del nettare: succhiano interessate».
In un mondo retto sempre più dall’utilità, l’arte a cosa serve?
«Apparentemente non dice nulla, ma è invece un modo per essere vicini alla vita, alle persone, per capirsi e imparare, intrecciare rapporti di stima, affetto, amicizia. Leggo spesso le biografie dei grandi artisti, Picasso, Van Gogh, e li sento vicini. L’arte serve a sentire. È l’unione tra anime».
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