Chi decise Porzûs? L’enorme ritardo con cui i dirigenti Pci ammisero i fatti

UDINE. I fatti di Porzûs accaduti nell’inverno 1945 sono ben noti da tempo, hanno passato il vaglio di due processi penali ma nel loro svolgimento lasciano ancora stupefatti.
Il 7 febbraio 1945 un centinaio di partigiani dei gruppi Gap, i più politicizzati della Divisione Garibaldi, agli ordini del padovano Mario Toffanin “Giacca” salirono alle malghe Topli Uork, nel comune di Faedis, comunemente dette di Porzûs ma in realtà più vicine a Canebola.
Qui vennero subito eliminati il comandante della 1a Brigata Osoppo, il capitano degli alpini Francesco De Gregori “Bolla” (zio paterno del cantautore), il commissario politico Gastone Valente “Enea”, un giovane di diciott’anni che si stava recando alla malga per arruolarsi e una donna, Elda Turchetti, che era trattenuta dal comando osovano dopo esser stata denunciata come spia da Radio Londra.
Un solo uomo dell’Osoppo riuscì miracolosamente a scappare, altri tredici furono portati in varie altre località, sommariamente processati e uccisi nel corso dei successivi dieci-dodici giorni. Solo due vennero risparmiati ed entrarono tra le fila dei Gap.
Incredibile la storia di Guido Pasolini “Ermes”, fratello di Pierpaolo, che riuscì a scappare mentre stava scavando la fossa dove doveva essere sepolto, venne colpito ma trovò riparo e cure in un paese vicino. Qui però fu ritrovato dai partigiani che lo inseguivano e che lo riportarono nel luogo della fuga, lo fecero stendere nella fossa che aveva scavato e lo finirono.
Ma dove era stata decisa, da chi e come, la spedizione punitiva contro gli osovani di “Bolla”, sospettati di connivenza con il nemico e politicamente scomodi?
Qui i fatti cominciano ad essere meno sicuri. Cruciale dovette essere una riunione tenuta ad Orsaria di Premariacco a fine gennaio, presenti i comandanti dei Gap e quelli della federazione comunista clandestina di Udine, il cui principale argomento di discussione fu però il piano di assaltare le carceri di Udine dove erano reclusi una settantina di prigionieri politici, tra cui molti gappisti condannati a morte.
L’azione ebbe luogo lo stesso 7 febbraio dell’azione sulle malghe Topli Uork e fu una delle più audaci e riuscite della lotta di Liberazione. Sulla spedizione contro gli osovani, invece, in quell’incontro, si sarebbero spese poche parole: secondo “Giacca”, comandante dei Gap, questa avrebbe avuto il via libera del responsabile della federazione udinese, Ostelio Modesti.
Secondo quest’ultimo, e vari comandanti della Garibaldi, il comando non fu dato esplicitamente, o venne frainteso, e l’eccidio sarebbe stato un colpo di testa di “Giacca”, noto per il suo settarismo, la sua irruenza e impulsività.
Ma se, con beneficio d’inventario, l’esecuzione dei capi osovani alle malghe Topli Uork può anche esser interpretata come un “colpo di testa” di Toffanin, le eliminazioni nei dieci giorni successivi, in luoghi diversi, della dozzina e più di osovani prelevati alle malghe, ha scritto uno degli storici più attenti dell’eccidio, Marco Cesselli, «non possono essere che il frutto di decisioni collettive, politiche e militari».
Nonché, aggiungiamo noi, del tentativo di eliminare tutti coloro che avrebbero potuto riferire di una azione delle cui ricadute politiche e morali ci si accorse troppo tardi.
Il 10 febbraio, tre giorni dopo l’incursione alle malghe e con ancora una decina di prigionieri vivi, i comandanti Gap responsabili dell’azione scrivevano alla federazione di Udine una dettagliata relazione nella quale spiegavano i motivi dell’assalto ai «reazionari» dell’Osoppo, dichiarando che era avvenuta con il pieno consenso del partito, ma tacendo sul numero delle vittime e pure sull’esistenza ancora in vita di prigionieri.
Dopo alcuni giorni, mentre si diffondevano voci su un eccidio compiuto dagli slavi o dai fascisti della Xma Mas, negli stessi luoghi in cui si stavano eliminando i superstiti delle malghe ebbe anche luogo una riunione tra i comandanti dei Gap e i capi comunisti udinesi, senza che fosse preso alcun provvedimento contro i primi.
Poi partirono varie inchieste ufficiali del Cln, che avevano come scopo anche scoprire dove fossero gli osovani di Topli Uorch, di cui non si conosceva ancora il destino, che non giunsero però a nulla. Non se ne seppe più nulla finché, dopo la Liberazione, vennero ritrovate le salme dei prigionieri e l’Osoppo sporse denuncia al Procuratore del Re di Udine: iniziava il lungo dopo-Porzûs.
Considerando la catena di comando esistente e la sostanziale subordinazione dei responsabili comunisti di allora al IX Corpus, non è difficile individuare la gerarchia delle responsabilità, come hanno fatto, con enorme ritardo, dirigenti comunisti avveduti come Mario Lizzero “Andrea” e lo stesso commissario politico della Garibaldi Natisone, Giovanni Padoan “Vanni”.
Costui nel 2001, alle malghe Topli Uorch, in un discorso ufficiale, riconobbe che: «il mandante di tale eccidio fu il Comando sloveno del IX Korpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto».
Padoan, si assunse allora «la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione» ma il ruolo effettivo che ebbe la Divisione Garibaldi “Natisone” in questa vicenda è ancora oggetto di discussione tra gli storici.
(2 - Continua)
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto