Colonos, un destino da riscrivere: venduta all'asta la sede di Villacaccia
Il presidente dell’associazione culturale, Rossi, guarda al futuro dopo l’addio alla struttura di Lestizza: «È auspicabile il cambiamento di quello che per 30 anni è stato un laboratorio»

LESTIZZA. La notizia che non avremmo voluto leggere è arrivata quindici giorni fa. Un imprenditore veneto si è aggiudicato all’asta l’immobile a destinazione agriturismo di Villacaccia di Lestizza, sede dell’Associazione Culturale Colonos.
È una vicenda che riguarda un po’ tutti, perché quel cortile e quella vecchia stalla hanno generato buona parte della nostra cultura. La cifra battuta all’asta (115.000 euro) non è paragonabile al valore inestimabile del luogo: più di 30 anni di storia.
Un centro di resistenza culturale, di aggregazione e di sperimentazione, che ha saputo essere laboratorio e pensiero, realtà e simbolo, tradizione e innovazione, espressione dell’identità friulana e della contaminazione culturale, della provocazione e della creatività, della civiltà contadina e del futuro. Capace di far risuonare nomi come fari nella notte: Cappello, Tavan, Maniacco, Daverio, Baliani, Paolini, De Capitani e tanti altri ancora. Cerchiamo di capire cosa succederà ora, parlandone con Federico Rossi, presidente dell’associazione, ideatore e direttore artistico delle rassegne estive e invernali e dei progetti firmati Colonos.
Cosa accadrà dopo l’aggiudicazione? Cosa si devono aspettare i soci dell’associazione, il pubblico fedele e i sostenitori dell’appello “Salvìn i Colonos”?
«Pare che il nuovo acquirente non abbia ancora un piano preciso circa la destinazione da dare ai fabbricati. Si è detto disponibile a un confronto, ma per il momento non sappiamo quale sarà l’esito. Nel caso che l’operazione non vada in porto, per prima cosa procederemo alla restituzione delle somme nei confronti dei quasi 250 donatori che avevano aderito alla campagna di finanziamento popolare promossa da Sergio Cecotti nel 2021. Il fondo (circa 51 mila euro) è stato custodito fino ad oggi nella sua integrità, senza stornare un euro, ed è stato registrato regolarmente nei bilanci ufficiali dell’associazione sotto una voce distinta».
Potremo ancora attendere il programma delle prossime rassegne “In File” e “Avostanis”? E dove si svolgerebbero?
«È presto per dirlo. Ma penso sia possibile, se non addirittura auspicabile un cambiamento del progetto colonico, che per trent’anni ha rappresentato un laboratorio del tutto originale e pionieristico. La crisi di adesso può essere generatrice di energie e possibilità impensate attraverso un processo di metamorfosi. Se si dovesse perdere questo luogo – sappiamo quanto sia magico e unico – in cui hanno trovato terreno fertile l’anima e l’identità del Friuli migliore, sarà nostro compito non solo mantenere viva quell’anima e quella identità, ma rigenerarle attraverso un cambiamento di stato, con un percorso creativo e culturale che può dare vita a una nuova fase nella storia dei Colonos».
Significherebbe portare lo spirito e i valori dei Colonos altrove? In questo potrebbe consistere la metamorfosi?
«Per una strana coincidenza, la recente asta si è tenuta a ridosso di San Martino, che storicamente rappresentava un giorno infausto per tanti mezzadri e coloni, costretti con la disdetta dei contratti a traslocare alla ricerca di nuove opportunità di sopravvivenza. Forse anche per i “colonos attuali” è il momento di “fâ San Martin”, con la prospettiva di trasformare una difficoltà in un’occasione, per proseguire con il coraggio e la passione di sempre l’avventura colonica in un modo diverso, in una forma non più stanziale, ma nomade».
Emigranti culturali, ma in Friuli? In questo senso nomadi? “Libers... di scugnî lâ”, come scrisse Leonardo Zanier, uno degli scrittori amici dei Colonos?
«Sì, i “colonos del futuro”, forti della loro cultura del luogo, potrebbero diventare viandanti dell’arte e della cultura, viaggiare fra borghi appartati ma ricchi di genius loci, in spazi densi di memoria e di futuro, tra luoghi abbandonati o dimenticati, magari fuori mano, come lo erano stati per tanto tempo i fabbricati di Villacaccia. Potrebbe essere la nuova avventura di una comunità in movimento, in una transumanza – che etimologicamente significa proprio attraversare la terra –culturale, capace di sorprendere ancora una volta e di “colonizzare” positivamente il Friuli».
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