Comeglians, Povolaro e Maranzanis: viaggio nel tempo sulle orme di Leo

Spronati da Zanier i giovani di “Cocule” realizzano il progetto che conduce i turisti nella storia della Carnia

In cima al colle la chiesa di San Giorgio. Nella vecchia stazione di Comeglians i viaggiatori in attesa del convoglio, al capolinea della ferrovia che negli anni ’20 univa Comeglians a Venzone. E tre parole, Mûrs, memorias, radîs, per lasciare una traccia del passato nella montagna ancora ricca di risorse. La sfida è frutto dell’eredità lasciata dallo scrittore Leonardo Zanier ai giovani e agli abitanti di Comeglians, Povolaro e Maranzanis.

Una decina di persone unite da un sentire comune hanno esposto davanti alle antiche case, ai luoghi di ritrovo e alle attività produttive del passato dei grandi pannelli in alluminio con le fotografie ingrandite dei luoghi e della gente che non c’è più. Le immagini sono recuperate tra i ricordi della comunità.

Un’idea semplice, ma ricca di contenuto che in 25 tappe conduce in un percorso fatto di passato e presente destinato a influenzare il futuro.

Questo è l’obiettivo di Cocula (Community, culture landscape), l’associazione che per un carnico può pure significare noce, costituita dai giovani e dai loro padri. A guidare non solo i turisti nel percorso intrecciato a quello di un più datato progetto europeo, che si snoda tra i prati e gli angoli più nascosti del paese, è la segretaria dell’associazione, Agata Gridel, la professionista culturale che ha deciso di vivere nell’alta Carnia. «Il progetto è nato grazie a Roberto Sbrizzai di Maranzanis che per primo ha esposto la fotografia ingrandita di sua madre con la gerla sulle spalle, all’esterno della stalla di famiglia».

Agata descrive con naturalezza l’immagine della donna carnica nelle sue varie sfaccettature: ormai in là con gli anni, Maria Gracco, la proprietaria dell’osteria Dal Biondo, è seduta sulla panca, Lisuta Candussio lucida un paiolo nella campagna coltivata, Tina cuce e, poco più avanti, Leonardo Zanier immortalato da Ulderica Da Pozzo, è seduto davanti alla sua stalla. Immagini, presenze mai allontanate da questi luoghi che evocano tempi andati. Volti che accompagnano altri volti nelle pieghe della storia. Una storia fatta di sacrifici, di povere cose, di umanità e solidarietà.

Fa riflettere la didascalia che, alla dodicesima tappa, descrive Anna Lepre detta Anuta di Rico: «Rimasta vedova da giovane, per sbarcare il lunario Anuta offriva servizio di affumicatura salumi, cui dedicava una stanza della sua dimora. Come pagamento anziché denaro riceveva beni di prima necessità: comune atto di solidarietà da parte della comunità verso i più vulnerabili. Abitava in questa casa».

Ogni tappa è un momento di conoscenza la stessa che animava il sapere delle persone note come Leo Zanier, il fotografo Umberto Candoni, il primo sindaco di Comeglians, Riccardo Pittin detto Baco e Giorgio Ferigo, «mente poliedrica, medico del lavoro, storico, cantautore, tra i fautori della rivitalizzazione di Casa Botêr».

«La sfida – spiega Agata Gridel – è stata segnalare la differenza tra il prima e il dopo». Lo afferma mentre indica la grande immagine della fermata delle corriere Tavoschi scattata negli anni Trenta, nello stesso punto dove oggi c’è la pensilina della Saf. Agata si sofferma sulla storia di un’attività che è quella «della teleferica che rimbalzava su San Giorgio e andava verso il Monte Crostis».

Ma il collegamento che più di altri ha cambiato la vita degli abitanti di Comeglians è stata la costruzione della strada che conduce a Ravascletto: «Hanno alzato di un piano il livello del paese, lo si può vedere dagli archi di casa Ferigo». Ma l’immagine simbolo delle trasformazioni urbanistiche è quella del ponte di Beneto nel borgo “della penicillina” denominato così per la presenza della farmacia.

«Il borgo animato dalla produzione di birra e gassosa, dalla rivendita di vino, di sale minerale e dalla prima falegnameria Screm, nel 1908 venne sovrastato dalla costruzione del ponte legato alla costruzione della strada per Ravascletto che cambierà la fisionomia dell’abitato».

A rimanere intatta è la fisionomia di Povolaro con l’antica fontana e il palazzo De Gleria costruito nel 1768 dalla famiglia di cramars giunta da Paularo. Si tratta dell’unica villa veneta in Carnia riconosciuta dal catalogo regionale. Unico nel suo genere è pure l’edificio con gli archi scoperti ancora evidenti al piano terra e al primo a Povolaro, dove lo sguardo di Nuti invita a rivolgere gli occhi verso le montagne che circondano questo angolo di Carnia tutto da scoprire.

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