Da operatori del bene a diabolici stregoni: all’Università si studia lo sciamanesimo

Prende il via il 20 novembre a Udine un master dedicato a credenze e pratiche religiose. Già una quarantina gli iscritti

UDINE. Pensato e costruito con passione e atteso da quattro decine di iscritti provenienti da tutt’Italia partirà il 20 novembre il nuovo Master del Dipartimento Dill dell’Università di Udine dedicato a Partnership e Sciamanesimo - Letterature, Psicologia e Società. Il master mette in relazione lo sciamanesimo con il paradigma bioculturale di Riane Eisler e unisce diversi ambiti scientifici in modo inter e trans-disciplinare, dalle letterature in inglese alla psicologia, dall’anestesiologia all’arte, dalla sociologia all’antropologia, all’uso della voce e del corpo nella comunicazione. Si tratta di un rinnovato capitolo della storia intellettuale che affonda in un passato lontano, intorno allo «scandalo» – per dirla con Ernesto de Martino – rappresentato dal «mondo magico» e dalla sua capacità di mettere in discussione ciò che consideriamo normale, reale, vero, efficace.

L’olandese Nicolaas Witsen, viaggiatore, cartografo e diplomatico, gran conoscitore delle Russie, visitatore di samoiedi e tungusi, ci ha lasciato nel 1692 una delle prime rappresentazioni di uno sciamano delle steppe eurasiatiche; ha intitolato la sua incisione “Duyvel-priester”, il prete del diavolo: una figura che danza, batte il tamburo, indossa come copricapo un paio di grandi corna di cervo che lo fanno somigliare allo strano e discusso personaggio cornuto, in parte uomo e in parte animale, raffigurato da un ignoto artista del paleolitico nella caverna di Les Trois-Frères, in Francia.

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Tardo Seicento: come operatori di Satana erano pensati e descritti dalla letteratura coloniale anche stregoni, maghi, guaritori, sacerdoti, operatrici e operatori del sacro nelle diverse culture d’Africa, Americhe, Oceania. Ma anche a casa nostra: sul finire di quel secolo XVII anche gli inquisitori operanti nell’ambito del Patriarcato d’Aquileia avevano più o meno concluso il loro lavoro di demonizzazione dei benandanti friulani, lontani parenti dello Schaman tunguso di Witsen: non più operatori di bene, difensori della comunità, nemici delle streghe, ma stregoni essi stessi, sospetti di patto col diavolo; e per la parte di mondo ecclesiastico che iniziava a dubitare della realtà della magia e della stregoneria diabolica, niente di più che contadini superstiziosi e ignoranti, al pari delle guaritrici di paese, attaccati a residui di paganesimo, quando non furbi profittatori della credulità popolare. Personaggi da condannare o da rieducare.

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Da lì a poco, la “nuova scienza” fondata laicamente sulla razionalità dell’esperimento e sulla visione meccanicistica del mondo ereditava dalle istituzioni religiose la condanna morale e intellettuale di ciò che appariva implicato con il pensiero magico, riducendolo all’irrilevanza del primitivo, dell’infantile e del folkloristico. Magia, religione, scienza: tre categorie pensate in rigorosa gerarchia, incompatibili. Da qui l’idea di evoluzione e progresso: dall’illusione alla verità, dall’irrazionale al razionale, dal falso al vero e all’utile; la magia, l’animismo, lo sciamanesimo sul gradino più basso. Da qui, per l’europeo, la pretesa (tragica) missione di elevazione e civilizzazione degli “altri”. Quanti milioni di vittime? Quanto enorme il disastro culturale e ambientale che ne è derivato?

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Udine 6 Giugno 2007. UNIVERSITA' DI UDINE. SEDE PALAZZO ANTONINI. Telefoto Copyright/Foto Agency Anteprima Udine.


Ma per correggere e rieducare occorreva conoscere. Ed ecco, accanto al rifiuto, la curiosità per il mondo degli sciamani, con la loro complicata identità di esploratori del mondo degli spiriti, la loro pretesa di saper varcare confini, le pratiche di reintegrazione fondate sull’idea che le creature umane non sono qualcosa d’altro rispetto agli altri esseri, alla natura, al cosmo. È stata la curiosità di viaggiatori, missionari ed etnologi, anche quando erano al servizio delle potenze e delle chiese coloniali, a moltiplicare la documentazione sulle culture entro le quali lo sciamanesimo, nelle diverse forme delle sue strutture mitiche e simboliche, stava rinnovando se stesso come cultura di resistenza alle tante varietà del colonialismo; ed è qui che le letterature in inglese hanno molto da raccontarci. Più tardi, da metà Novecento, è stato il processo autocritico di revisione delle scienze umane, in dialogo con la rivoluzione dei paradigmi scientifici, ad aiutarci a superare la visione positivistica della realtà e l’idea di un’evoluzione culturale unidirezionale (con il “noi” accademico, naturalmente, in cima alla piramide) con la sua interpretazione gerarchica delle categorie di magia, religione, scienza (e arte). Libero dall’idoleggiamento dell’arcaico e dal magismo di moda, il Master è fatto per tenere viva questa linea di riflessione critica e autocritica, ascoltando, riflettendo, discutendo senza preconcetti.

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Gli sciamanismi antichi e nuovi, accomunati nell’esperienza di partecipazione e condivisione e incardinati sul principio di relazione, oggi hanno molto da dire e da dare al bisogno contemporaneo di una nuova comprensione del cosmo e all’urgente necessità «di raffreddare il pianeta e vivere con tutti gli altri esseri in condizioni di maggiore eguaglianza» (Chris Gosden). Di fronte alle pagine della fisica quantistica che cerca di convincerci che a un mondo fatto di sostanze occorre sostituire un mondo fatto di relazioni, lo sciamano tunguso osservato da Witsen e il benandante friulano rimasto impigliato nelle carte del Sant’Uffizio potrebbero esclamare, con molte ragioni: «Noi, tutto questo l’abbiamo già pensato e vissuto». —


 

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