Dalla Corea con furore: al Far East c’è anche il cinema d’animazione

Tra gli otto titoli proposti c’è The square di Kim Bo-sol. E Park Ri-Woong racconta The land of morning calm

Elisa Pellegrino
Una scena del film d’animazione “The square” di Kim Bo-sol
Una scena del film d’animazione “The square” di Kim Bo-sol

Sono ben otto i film in gara al Feff provenienti dalla Corea del Sud, il paese asiatico dal respiro ormai più internazionale. Tra questi ci sono “The land of morning calm” di Park Ri-Woong, già accolto dal pubblico di Udine, e il film d’animazione “The square” di Kim Bo-sol, in programma per venerdì 2 maggio alle 20.

«Per il mio film – racconta Park Ri-Woong – ho scelto un titolo coreano che riprende una canzone legata al mare, fatta di speranze e nostalgia, e uno inglese che rimanda ad un’immagine spesso affiancata alla Corea. All’inizio del 1900, infatti, il Giappone veniva associato al sole che sorge, mentre la Corea alla calma mattutina, un simbolo che col tempo è diventato poetico».

Il film è ambientato in un villaggio di pescatori che affaccia sul mare dell’Est e racconta proprio di questa piccola comunità.

«Pensavo di girare in questo luogo dal 2008, perché era molto desolato e rispecchiava l’atmosfera che volevo trasmettere. Solo che, quando ci sono tornato dopo dieci anni, ho scoperto che si stava modernizzando ed è stato più difficile del previsto ritrovare quel senso di vuoto a cui avevo pensato».

In mezzo agli abitanti del luogo, un giorno arriverà, e non per caso, anche una giovane vietnamita. «C’è da anni la tendenza fra i coreani anziani di sposarsi con donne straniere, soprattutto tra quelli che abitano in zone di campagna. Questi, per incontrarle, si affidano a delle agenzie matrimoniali proprio come fa il protagonista del film».

Riguardo al rapporto col cast, il regista ha seguito un metodo preciso. «Io lavoro molto sulle reazioni degli attori più che sulle azioni, anche perché con l’attrice vietnamita non c’era neanche una lingua comune, ma ovviamente queste non bastano. Perciò ho optato per due attori coreani veterani, grazie ai quali ho potuto tenere in piedi la storia».

Passando invece a “The square”, troviamo tutt’altra ambientazione, visto che il film di Kim Bo-sol si svolge in Corea del Nord.

«Da sudcoreano – afferma il regista – ho potuto fare solo molte ricerche online e soprattutto su Instagram, perché lì potevo intercettare le foto dei turisti stranieri. Grazie a quelle immagini ho disegnato i luoghi più nel dettaglio».

Oltre alla ricerca visiva, si è avvalso anche di fonti dirette. «Prima di girare, avevo con me almeno quattro pagine di domande e, per andare in cerca delle risposte, ho intervistato un paio di persone che avevano trascorso del tempo in Corea del Nord. Una di queste era un agente segreto, che mi ha permesso di togliermi molte curiosità e che è stato fondamentale per la realizzazione del film».

A proposito della passione per questo luogo, ricorda di averne avuto curiosità fin dalle superiori e di aver approfondito le sue conoscenze durante l’università. «Una volta ho letto un articolo di un diplomatico svedese che aveva vissuto lì per un periodo e raccontava di quanto si era sentito solo e controllato in ogni mossa. L’unica cosa che poteva fare in libertà era andare in bicicletta in piazza».

Si tratta di uno dei motivi per cui il titolo della sua pellicola è proprio “The square”. «Questa parola era anche presente in un romanzo coreano che distingueva tra la piazza esterna, quella in cui si ritrovano le persone, e quella segreta della mente. Per star bene e sentirsi in equilibrio, le due piazze devono connettersi. È da questo concetto che ho trovato l’ispirazione per la mia storia».

Per ricreare i luoghi, il regista si è affidato alla production designer Oh You-jin. «Noi abbiamo un’idea del posto molto infelice ed oscura, ma in realtà esistono anche persone che ci vivono normalmente. Trovare un equilibrio è stata la parte più delicata del lavoro, insieme al bassissimo budget che avevamo a disposizione». Si è trattato quindi di un processo di lavorazione complicato, ma le idee per Kim Bo-sol erano molto chiare. «Volevo raccontare la realtà e l’ho fatto sia coi dialoghi che con lo stile dell’animazione, scegliendo anche degli attori di teatro invece di doppiatori per ottenere voci più morbide e pulite. I fatti realistici per me sono anche i più toccanti». 

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